Le rivelazioni del New York Times sull’uso della propria posta elettronica per condurre gli affari di stato potrebbero arrestare la corsa presidenziale di Clinton.
Non si potrà dire questa volta – non potranno sostenerlo i clintonisti – che Hillary è vittima di un’“estesa cospirazione dell’estrema destra” (“Vast right-wing conspiracy”), le parole che lei usò nel 1998 in difesa del marito, Bill, finito sott’attacco in seguito alle rivelazioni sulla sua relazione con Monica Klewinski, parole che da allora accompagnano il percorso politico di Hillary, bersaglio preferito dell’odio dei repubblicani impegnati in una permanente campagna contro di lei. No, è il New York Times a decretare quella che potrebbe perfino rivelarsi la fine politica di Hillary, se non sarà in grado di spiegare in modo convincente e persuasive perché, negli anni alla guida del dipartimento di stato, abbia regolarmente usato la sua posta elettronica privata e non quella del governo.
Secondo quanto rivela Michael Schimidt, Hillary Rodham Clinton, usando “esclusivamente l’account personale di email per condurre gli affari di governo come segretario di stato” “può aver violato i requisiti federali secondo cui la corrispondenza dei funzionari debba essere conservata nei registri del ministero”.
Da quanto ha appreso il Nyt, Hillary Clinton non disponeva neppure di un indirizzo email governativo nei quattro anni nella carica di segretario di stato. I suoi collaboratori non si presero neppure cura di far sì che le sue email fossero preservate nei server del dipartimento di stato, come richiede l’apposita legge federale (Federal Records Act)
La vicenda, in tutta la sua portata e gravità, è emersa nel corso delle indagini sull’attacco al consolato americano di Bengasi, avvenuto l’11 settembre 2012, da parte della commissione d’inchiesta della camera dei rappresentanti, quando lo stesso dipartimento di stato ha voluto mettere a disposizione del parlamento la posta elettronica dell’ex segretario di stato. I collaboratori della Clinton hanno setacciato decina e di migliaia di email, mettendo da parte quelle personali e girando al dipartimento di stato quelle di lavoro. In tutto 55.000 pagine di email consegnate allo State Department.
Hillary Clinton non è il primo e unico ministro ad aver ricorso alla posta elettronica privata per attività di servizio, ma nessuno prima di lei l’aveva fatto in modo esclusivo, violando la legge. Dopo di lei, John Kerry impiega la posta del governo.
A parte l’esigenza di lasciare a disposizione degli archivi del governo la posta dei ministro e degli alti funzionari – per ragioni politiche, per lasciarli al futuro lavoro degli storici e degli studiosi – le email personali semplicemente non sono sicure, ed è impensabile che siano gestite da server privati, trattandosi di affari di stato.
Non è chiaro perché Clinton abbia scelto di tenere in forma privata tutta la sua corrispondenza, anche quella di lavoro. Su questo i suoi collaboratori non hanno fornito spiegazioni. Alimentando anche una delle accuse ricorrenti, sia contro Hillary sia contro Bill, di una loro inclinazione forte al segreto, una loro allergia alla trasparenza.
L’uso di un account privato è venuto a galla nel corso delle indagini sull’attacco al consolato americano di Bengasi, avvenuto l’11 settembre 2012, da parte della commissione d’inchiesta della camera dei rappresentanti.
Le rivelazioni del Nyt sono diffuse mentre sembra stesse maturando l’attesa decisione, da parte di Hillary di annunciare la sua candidatura alla primarie per le presidenziali 2016, con l’obiettivo di raccogliere almeno un miliardo di dollari, un obiettivo più arduo da raggiungere se dovesse aspettare ancora per correre ufficialmente.
(guido moltedo)

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