Per Clinton è un’insidia potenzialmente fatale la vicenda dell’impiego sistematico della posta elettronica personale nei suoi quattro anni alla guida del diplomazia americana. Ecco perché.
Dall’Italia può sembrare perfino una sciocchezza. Non ci si chiede neppure se Matteo Renzi, Angelino Alfano o Paolo Gentiloni usino l’account di email personale per gli affari di stato, o se invece impieghino la posta elettronica del governo, riservando quella privata agli affari privati. Né si sa se la posta elettronica dei ministri sia destinata a essere custodita in archivi dello stato, un domani visibili a ricercatore, a uno storico. Il tema in Italia non interessa e, comunque, nessuno ne parla.
Non c’è solo il profilo legale della vicenda, l’infrazione cioè, da parte dell’ex-segretario di stato, di precise disposizioni federali che regolano appunto la corrispondenza, anche per via elettronica, di un ministro e di qualsiasi official, funzionario pubblico.
Le rivelazioni del Nyt offrono anche una serie di punti politici rilevanti, tanto più interessanti considerando l’esposizione pubblica di Hillary e la sua ambizione a diventare presidente degli Stati Uniti. Un personaggio così è continuamente sotto scrutinio. E, a torto o a ragione, tutti i suoi atti – e perfino i suoi “non atti” – non solo sono esaminati con attenzione e, da parte dei nemici, con una maliziosa e maligna lente d’ingrandimento, ma sono anche messi in connessione con altri fatti ed episodi che l’hanno vista protagonista, anche in epoche politiche molto distanti.
Tanto per avere un’idea della leggerezza del comportamento tenuto da Hillary, Philip Bump scrive sul Washington Post che nel marzo 2013, uno dei più stretti consiglieri dei Clinton, Sidney Blumenthal, si vide “hackerata” la sua posta elettronica da un certo Guccifer, un hacker rumeno (o rumena), rivelando appunti riservati di Sid diretti a Hillary, anche su vicende delicatissime come l’attacco terroristico al consolato americano di Bengasi.
Il sito di pettegolezzi, Grawker, nel riportare la notizia, scriveva anche che Blumenthal comunicava con la segretario di stato su un account, Clintonemail.com quel che è peggio è che il sito russo RT pubblicò quelle email prelevate dal pirata rumeno.
Risulta che la registrazione di Clintonemail.com avvenne il 13 gennaio 2009, il giorno stesso dell’audizione al senato per l’approvazione della nomina di Hillary come segretario di stato dell’amministrazione Obama.
Quella decisione, scrive su The Atlantic Conor Friedersdorf, fu una scelta di “deliberato, flagrante disprezzo delle regole”.
Il che porta a una serie di ovvie domande.
Perché era così sicura di quel che faceva, violando le regole?
Perché i suoi consiglieri non le imposero di attenersi alle regole? Allora è vero che si circonda solo di collaboratori ciecamente leali?
Perché tanta allergia alla trasparenza da parte dei Clinton?
Perché gli altri membri dell’amministrazione, e lo stesso Obama, la lasciarono fare?
Queste e altre domande le sono poste oggi dalla stessa stampa “amica”. Ma è chiaro che da oggi in poi domineranno la pubblica “conversation”, il dibattito che si svilupperà intorno alla sua candidatura presidenziale, costringendo lei e i suoi alleati a un costante e usurante gioco di rimessa, che peraltro metterebbe in secondo piano le sue proposte politiche e il perché, in positivo, si rimette in gioco per prendere l’eredità di Obama.
Ci sono poi diversi altri risvolti nella vicenda, difficilmente comprensibili da chi non è dentro i meccanismi politico-mediatici americani, ma che diventeranno cruciali, se la patata si farà ancora più bollente.
Si pensi solo al riemergere di Sid Blumenthal, oggi impegnato nella scrittura di una monumentale biografia di Abramo Lincoln, tra poco nelle librerie, raffinatissima mente politica, personaggio estremamente importante nella cerchia ristretta di Bill e Hillary, fin dai tempi della presidenza Clinton, di cui fu il più leale collaboratore, tanto che fu lui a occuparsi della gestione dello scandalo Lewinski.
Sid è rimasto un intimo dei Clinton. Non potè assumere un ruolo di rilievo nella squadra ministeriale di Hillary perché Obama stesso mise il veto sulla sua assunzione. Infatti, Blumenthal era il regista di tutte le operazioni tese a screditare Obama nella fase cruciale dello scontro nelle primarie, inviando in giro email velenose sul conto del rivale democratico di Hillary e del suo entourage. Fu un periodo particolarmente “nasty“, cattivo, della campagna elettorale, che ha lasciato un lungo strascico di rancore tra clintoniani e obamiani
Quindi, nonostante il no della Casa Bianca alla sua nomina, Sid continuava a essere il consigliere fidato di Hillary, anche su questioni “sensibili” e top secret per la sicurezza nazionale americana, come la vicenda di Bengasi.
Come si vede c’è già abbondante materia perché il caso si gonfi ben al di là della sua gravità intrinseca, che è rilevante, e possa potenzialmente configurarsi come la classica vicenda solo apparentemente banale e invece carica di dinamite politica.

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