Per l’anniversario dalla nascita di Burri sono in programma una serie di eventi a Città di Castello ma anche oltre oceano, al Guggenheim di New York, dove fervono i preparativi alla retrospettiva dedicata al maestro. Dal Teatro Continuo nella Milano dell’Expo ai convegni internazionali a Città di Castello e a Perugia alle mostre sono numerose le iniziative che si susseguiranno in tutta Italia e all’estero.
È passato un secolo dal 12 marzo del 1915, anno di nascita di Alberto Burri. Il grande artista, nato a Città di Castello, sarà festeggiato e omaggiato per un anno, fino al 2016. Nella cittadina umbra, un’atmosfera magica ha accompagnato l’avvio ufficiale alle celebrazioni del Centenario: il palazzo comunale, la Torre civica e piazza Gabriotti erano avvolti in un gioco di luci, colori ed immagini del grande artista.
Tra le prime iniziative del Centenario figura la mostra “Rivisitazione: Burri incontra Piero della Francesca” che avrà luogo nella Museo Civico di Sansepolcro (AR) a cura della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, della Pinacoteca Civica e dell’Associazione Sbandieratori di Sansepolcro con il patrocinio dei Comuni di Sansepolcro e Città di Castello.
Il 9 Ottobre 2015, avrà luogo l’apertura della mostra antologica retrospettiva delle opere di Alberto Burri presso il Solomon Guggenheim Museum di New York, a cura di Emily Braun.
La mostra, con oltre cento opere, si intitolerà The Trauma of Painting e si preannuncia come la maggiore retrospettiva dedicata all’artista negli Stati Uniti da oltre trentacinque anni. Tra Catrami, Muffe, Gobbi, Bianchi, Legni, Ferri, Combustioni plastiche, Cretti e lavori su Cellotex, l’esposizione intende riposizionare il ruolo di Burri fra gli artisti del dopoguerra italiano ed europeo.
Famoso per le sue sperimentazioni con materiali nuovi e poco ortodossi, Burri nel 1949 realizza SZ1, il primo Sacco stampato. Nel 1950 comincia con la serie le ‘Muffe e i Gobbi’ e utilizza per la prima volta il materiale logorato nei Sacchi. Nel 1952 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia, presentando l’opera ‘il Grande Sacco’.
Con le mostre di Chicago e New York del 1953 inizia il grande successo internazionale. Nel 1954 realizza piccole combustioni su carta. Continua a utilizzare il fuoco anche negli anni successivi, realizzando Legni (1956), Plastiche (1957) e Ferri (1958 circa). Nel 1955 espone all’Oakland Art Museum e alla VII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma.
Il percorso espressivo di Burri inizia nell’ambito della professione medica, nel 1940 dopo la laurea si arruola come ufficiale nell’esercito, nel 1943, durante il secondo conflitto mondiale, viene fatto prigioniero a Tunisi e trasferito l’anno successivo in Texas. La prigionia è il momento di svolta, Burri si avvicina all’attività artistica che da quel momento diverrà la sua ragione di vita.
Durante la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti, si dedica completamente alla pittura e presto si rivolge a ricerche astratte con l’impiego di particolari materiali: sabbie, catrami, pomice, smalti divengono mezzi di un rinnovamento del linguaggio pittorico e un originale contributo alla poetica informale.
I materiali come la iuta grossa e consunta dei ‘Sacchi’ è materiale pittorico alla stessa stregua del catrame, del colore ad olio o sintetico, delle plastiche trasparenti ripiegate o combuste.
Le celebrazioni del centenario si concluderanno nel 2016 con l’esposizione a Città di Castello, tra Palazzo Albizzini e gli ex Essiccatoi del Tabacco, dove sono conservate più di 250 opere.
Il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, ha insediato, negli scorsi giorni, il Comitato per il Centenario di cui fanno parte, tra gli altri, Jannis Kounellis e Antonio Natali.
Anche Gibellina celebrerà il grande artista con il completamento del suo Cretto, realizzato tra il 1984 e il 1989, e il restauro della parte esistente. L’opera completata e ripulita sarà inaugurata ad aprile con un’apposita cerimonia. Le celebrazioni continueranno a Milano, in piena Expo.
A maggio, infatti, sarà la volta del Teatro Continuo, progettato da Burri per il Parco Sempione e demolito nel 1989. Adesso la struttura, grazie ai disegni originali dell’artista messi a disposizione della Fondazione Palazzo Albizzini, tornerà a vivere.
Burri ha indagato le qualità espressive della materia, spaziando dalla pittura alla scultura e le sue opere, che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte, hanno messo in discussione a livello internazionale il concetto stesso di arte.
Il sacco, la tela unta, incatramata e lacera, è assenza di luce e colore. Non è un attacco alla pittura, ma la sostituzione dei materiali della pittura. Burri non nega il colore usando la materia. Usa notazioni minime di colore che non sembrano colore.
In una nota intervista realizzata da Stefano Zorzi, Alberto Burri ripercorre la sua carriera e il suo metodo tecnico ed estetico di ricerca. “Nel mio cambiare i materiali non c’è nessun programma. Dopo un po’ mi annoiavo a usare la stessa materia, e così provavo i materiali a me più vicini, più facili. Perché non c’è nessun bisogno dei colori, dei pennelli. Non c’entra tanto il materiale, quanto piuttosto le forme e lo spazio nel quadro” afferma il grande artista.
La materia del sacco, dunque, è qualità pittorica senza velature, senza vernici, trasformata solo dai segni del tempo. La materia è l’essenza della ricerca: ferro, legno, plastica, sacchi, stoffe, strumenti eterogenei che definiscono un’armonia. Ed è proprio nella scelta della materia il fascino dell’arte di Alberto Burri.

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