Stati Uniti-Iran, domanda al presidente Obama

RICCARDO CRISTIANO
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C‘era una volta il doppio contenimento, la strategia cioè degli USA di impedire sia all’Iran sia all’Iraq di acquisire una posizione militare, politica ed economica tale da preoccupare gli equilibri e gli alleati Usa nella regione.

Fotografia di Claudio Madricardo

Fotografia di Claudio Madricardo

Dobbiamo probabilmente a questa strategia la spocchia con cui per tanti anni gli Usa si sono disinteressati agli effetti delle sanzioni contro l’Iraq, lasciando che un mare di bambini (e non solo loro) morissero di stenti e privazioni sanitarie (basti rileggersi quanto disse la Albright, “è un prezzo che però merita di essere pagato” o qualcosa di simile).

Poi è arrivato Bush II, l’uomo che parlava con Dio, e l’idea cambiò: buttiamo giù il mostro, rimettiamo in sella a Baghdad un monarca amico, della famiglia degli hashemiti, e per tutti gli altri tiranni, ayatollah in testa, sarà l’inizio del conto alla rovescia. Lo abbiamo visto. L’Iraq è stato frantumato lungo linee etnico-confessionali, un fatto epocale. Sono stati i neocon a creare le condizioni perché si superassero i confini degli stati mediorientali, perché loro hanno ridotto in cocci l’Iraq senza saperne rifare uno Stato. Con l’Iraq hanno rotto l’argine occidentale dell’Iran, che ha ripreso a sognare in termini imperiali: con le sue milizie e i suoi sodali Teheran poteva sognare di capovolgere, come ha detto anni fa il filosofo libanese Antoine Courban, un destino segnato dai tempi di Alessandro Magno, e tornare fino al Mediterraneo, obbiettivo perseguito da subito con la creazione di Hezbollah. Imperialismo persiano che nasconde il sogno di vendetta storica ma anche di conquista khomeinista dell’Islam.

Antoine Courban

Antoine Courban

Tutto questo accadeva su territori resi roventi dalla scelta statunitense di una politica che aveva fatto ampio ricordo a un linguaggio religioso, compreso l’uso da parte di Bush della parola “crusade“. Ometto qui di parlare della precedente formazione, dell’armamento e del finanziamento da parte di USA e Arabia Saudita dei mujaheddin in Afghanistan in chiave anti-Urss. Ma è chiaro che quel virus ormai c’era e tutti lo avrebbero orrendamente usato, compreso l’Iran e i suoi alleati. Arma ideale per loro per mobilitare il mondo sciita contro di esso e quindi per “una difesa” che in realtà era un espansionismo iraniano ammantato di sciismo.

E’ in questo quadro che arriva Obama, con le sue idee di disimpegno militare e di “dialogo con l’Islam”, cercando la nascita di un capitalismo islamico capace di creare dei ceti medi, i soli possano dar vita a sistemi democratici. Influenzato da Vali Nasr che vedeva questa “borghesia islamica” a Dubai (la sua era un’illusione naive come hanno capito tutti quelli che hanno letto e inchieste sugli stadi di Dubai e su Dubai World), Obama ha dunque proceduto con il disimpegno militare dall’Iraq dimenticando il vecchio adagio per cui chi rompe paga ma i cocci sono suoi. Obama non ha voluto pagare e ha lasciato che l’Iraq restasse in cocci, vittima di opposti squadroni della morte.

Vali Nasr

Vali Nasr

Quando è cominciata a Primavera i despoti (da Teheran all’amata Dubai, a Riyadh a Damasco e così via) hanno usato il lascito americano, cioè la permanenza in vita del solo settarismo, estremizzandolo, per difendere i propri sistemi totalitari. Non ha pagato Obama, hanno pagato i popoli. Tutti si sono dimostrati spietati, gli iraniani anche lungimiranti, nella loro idea “di ricreare” l’impero persiano ora islamico.

A quel punto Obama ha avviato il negoziato con l’Iran sul nucleare senza curarsi del contesto nel quale si sviluppava. Arrivando a dare protezione aerea alle milizie sciite che assalgono (razziando) Tikrit, per debellare l’altro prodotto di questa corsa verso gli abissi, l’ISIS. Ora fonti autorevoli sostengono che l’idea Usa sarebbe quella di portare sauditi e Iran a un negoziato regionale. Dopo aver ridotto il Medio Oriente a un’arena settaria, dove esiste solo il confessionalismo.

La mia idea è molto semplice: se è vero che Obama punti a questo, non era meglio anteporlo a un milioncino di morti fa? Coinvolgendo in questo negoziato la legittima aspirazione iraniana a vedersi togliere le sanzioni? O Obama crede, con Vali Nasr, che la pace verrà dalla creazione di una borghesia iraniana capace di liberarsi degli ayatollah e di costruire una democrazia persiana che influenzerà gli arabi e creerà le condizioni di una pace “democratica”? Se fosse così ho paura che dovremo aspettare a lungo.

Stati Uniti-Iran, domanda al presidente Obama ultima modifica: 2015-04-05T01:31:03+02:00 da RICCARDO CRISTIANO
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