Due notizie di questi giorni fanno pensare che l’estrema destra non sia in realtà quel ciclone sull’Europa che per mesi, ormai anni, riempe pagine e pagine di giornali e servizi televisivi. Il flop del comizio di Geert Wilders in Germania e l’uscita di scena di Jean Marie Le Pen dal Front National.
Non lo è più davvero, una minaccia? Oppure bisogna analizzare il fenomeno dell’estrema destra xenofoba europea con altre lenti? Quali? Si può ipotizzare – e la storia di questi ultimi anni lo suggerisce – che movimenti come il Front National francese e il tedesco Pegida vivono anche fasi “carsiche”. Scompaiono letteralmente, anche per lunghi periodi, e poi riappaiono, con una forza apparentemente intatta o più forti.
Un parallelo andamento ciclico lo vedi nei suoi rappresentanti principali, come lo stesso olandese Wilders, che sembrava spacciato politicamente, dopo una prima fase di successo alla quale era seguita un’altra di crisi. Idem con il FN e con Le Pen padre, ormai da decenni sulla scena, con alti e bassi. Idem il leader di Pegida, Lutz Bachmann (si legga il bel ritratto di Pierluigi Mennitti)
Stesso discorso può essere fatto sulla Lega, in Italia, che dopo l’eclisse di Bossi e le faide di clan, sembrava ormai inerte, e poi ecco la nuova vita con Matteo Salvini, a sua volta, però, una stella già molto meno brillante di pochi mesi fa. Salvini ha perso la spinta propulsiva, scriveva qualche tempo fa Mario Lavia.
Le ragioni di questi alti e bassi non sono sufficientemente indagate dagli “esperti del settore”. Indubbiamente, ha un peso in questa altalena la forte personalizzazione leaderistica di queste organizzazioni politiche e la loro struttura molto simile a quella delle sette religiose. Che devono la loro ascesa e il loro successo alla forza di traino carismatica del capo e alla rigidità gerarchica dell’organizzazione, e che per le ragioni inverse entrano in crisi rapidamente, quando è messo in discussione, da conflitti personali al vertice, l’assolutismo del leader e quando la rigidità diventa un impaccio nelle fasi di movimento.
In ogni caso è bene registrare il flop, un altro ancora di Pegida, il movimento anti-islam tedesco che ha invitato a Dresda il leader di estrema destra olandese, Geert Wilders, ma è riuscito a riunire soltanto diecimila persone, un terzo di quanto annunciato.
Come Pegida, Wilders attacca regolarmente i musulmani ed è in attesa del processo per incitamento all’odio per aver dichiarato di volere meno marocchini nei Paesi Bassi.
Contemporaneamente in Francia, la faida nel clan Le Pen si arricchisce di altri colpi di scena, che, non a caso, avvengono poco dopo il sostanziale fiasco di Marine Le Pen alle recenti elezioni amministrative.
Il presidente onorario del Front National, Jean-Marie Le Pen, non si presenterà come capolista alle elezioni regionali in Provenza- Alpi-Costa Azzurra, la macroregione dove puntava alla presidenza. Annunciandolo oggi ha anche indicato come sua erede la nipote prediletta, Marion Marechal-Le Pen: “se lei accetta, penso che sarà una capolista molto efficace. Di certo, la migliore. Non dico ‘dopo di me’, ma insomma…”.
Marion Marechal Le Pen accetta la proposta di essere capolista, e candidata alla presidenza, nella regione Provenza-Alpi-Costa-Azzurra per il Front National (Fn). Lo rivela il sito del settimanale Le Point. C’è però già chi si oppone alla sua candidatura: l’eurodeputato e storico militante Fn Bruno Gollnisch ha annunciato che intende a sua volta proporsi come capolista, rimettendo la decisione alla riunione dell’ufficio politico del partito fissata per il 17 aprile.

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