Al mio rientro in Italia dopo aver votato alle elezioni municipali e regionali spagnole, mi ha sorpreso l’interpretazione precipitosa su quel che sta accadendo nel mio paese. Mi sono vista costretta a scrivere in Facebook che si stanno commettendo degli errori. Il primo, affermare che Podemos ha vinto le elezioni, il secondo nell’identificare Podemos con il Movimento 5 Stelle. Versión Española
Nonostante l’articolo di Ettore Siniscalchi tracci una mappa molto corretta delle forze politiche presenti in Spagna, ho senza dubbio l’impressione che gli sfugga ciò che di essenziale sta succedendo. Cercherò di annotare qualche elemento che spero aiuti a comprendere la situazione.
Inizierò con una sfumatura che solo apparentemente può apparire una contraddizione. Anche se è vero che, come ho detto, Podemos non ha vinto le elezioni ( nel panorama politico spagnolo si è situato come la terza forza, dietro il Partido Popular e il PSOE), i risultati delle urne hanno dimostrato che la lotta per il cambiamento nella egemonia, la sta vincendo. E questo era percepibile da alcune settimane.
In effetti, ho scritto “egemonia” e chi mi legge penserà a Gramsci. E avrà visto giusto. Podemos gestisce una catena televisiva on-line (La Tuerka) che da alcuni anni offre dibattiti politici autentici (nei quali, cioè, quello che si persegue è la verità e non vincere o perdere) dove il post marxismo gramsciano (Mouffe, Laclau, Zizek) è la teoria di riferimento preferita. Non bisogna dimenticare che i principali dirigenti di Podemos (Iglesias, Errejon, Monedero) sono professori di teoria politica. Essi stessi hanno spiegato, nel corso di questi dibattiti, i concetti attraverso i quali analizzano la realtà: sono andati introducendo l’idea che avevamo vissuto sotto l’egemonia neo-liberale che ci ha portato a credere nel racconto che la transizione spagnola ci aveva condotto a un’autentica democrazia. Quando in realtà quella democrazia era un regime bipartitico che aveva dato vita a una élite politica, una casta, che stava beneficiando economicamente a spese del resto della popolazione.
Due idee di questo attacco all’egemonia neo-liberale e al bipartitismo hanno avuto successo, ovvero, si sono convertite in egemoniche (e per ciò stesso ho affermato più sopra che già avevano vinto): che la corruzione e la casta sono inerenti a questa forma di organizzazione della convivenza democratica. Essa consiste nel fatto che i cittadini delegano la politica in mano dei due partiti tradizionali di destra e di sinistra, e non intervengono se non ogni quattro anni per dare il voto all’uno o all’altro; che l’economia sotto questo regime è dominante e non lascia margine per le decisioni politiche.
La conclusione è che la disaffezione politica, soprattutto tra i giovani, da alcuni anni è un risultato di questa situazione. Se i giovani dicevano dei politici che “sono tutti uguali”, e se concludevano privi di speranza che “non c’è niente da fare”, ciò era dovuto al fatto che la nostra democrazia era altamente imperfetta e che perciò bisognava portare a termine una “seconda transizione” (alludendo al fatto che la prima transizione, quella che ci aveva portato dalla dittatura di Franco alla democrazia, si rivelava ora come insufficiente).
Queste due idee sono penetrate tanto nel mio paese che è possibile sentire per esempio un politico della casta dire di se stesso “io non sono casta”. La frase di per se è rivelatrice. Parimenti la politicizzazione attuale del paese nel suo complesso e soprattutto dei giovani rende chiaro che la partita la sta vincendo Podemos. La politica ritorna ad essere appassionante. Negli ultimi due anni, in tutti i settori critici della società (istruzione, sanità, lavoro dipendente, casa), i cittadini si sono organizzati per la protesta. E lo hanno fatto autonomamente, lasciando al lato i partiti e i sindacati. Quando alzano la voce, questi cittadini indignati contro le proprie condizioni di vita gridano “Sì, si può”, parola d’ordine che stabilisce chiaramente un filo di continuità che unisce il movimento alle iniziative e alle riflessioni di Podemos.
Il vero trionfo di queste elezioni è stato in mano delle piattaforme di unità popolare nelle quali hanno coinciso cittadini di organizzazioni differenti, tra le quali Podemos. Però, per fare solo qualche esempio, né Manuela Carmena a Madrid, né Ada Colau a Barcellona sono militanti di Podemos (e ci auguriamo che siano le sue sindachesse delle loro città). Nelle elezioni regionali Podemos si è presentato come formazione politica per se stessa, però ha ottenuto un numero di voti inferiore a quelli ottenuti dalle piattaforme di unità popolare. Questo fenomeno ha fatto riflettere i leader di Podemos in vista delle elezioni generali di novembre di quest’anno: sembra che la tendenza degli elettori sia quella di appoggiare le candidature di unità popolare molto più dei partiti politici, comprese le nuove formazioni politiche come Podemos.
Effettivamente tutto sembra indicare che i partiti politici siano strutture vecchie che stanno smettendo di essere utili all’organizzazione della vita politica. E ciò che gli stessi leader di Podemos avevano dichiarato a proposito dei vecchi partiti (PP e PSOE), sembra ora applicarsi a loro stessi. La sfida è quella di organizzare la democrazia in altro modo. E’ qualcosa di nuovo e inedito. Appassionante e al contempo insicuro.
(traduzione di Claudio Madricardo)

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2 commenti
Cara Maite,
ho apprezzato molto il tuo articolo, ma sembra manchi una parte: nell’introduzione parli di due punti, del primo ne parli abbondantemente, ma il secondo? quello sui paragoni tra podemos e 5 stelle?
È vero che ci si può anche arrivare, visto che i 5s non hanno mai partecipato a piattaforme popolari, ne a liste unitarie, ma sarebbe interessante che sviluppassi meglio il tema.
Saluti
[…] interessante ciò che accade in Spagna attraverso Podemos e le assemblee cittadine chiamate piattaforme di unità popolare, poiché torna e si stimola una passione politica dal basso, l’opposto di ciò che accade in […]