Felice, già lo tirano per la giacca. Più al centro, meno a sinistra, gli suggeriscono in tanti. Nelle prossime neppure due settimane Casson avrà intorno a sé una miriade di suggeritori, più o meno interessati. Dovrà pure ascoltarli – l’ascolto è una virtù, ed è rara tra i politici – ma dentro una cornice che dovrà disegnare lui stesso, subito. Una road map che poi dovrà seguire senza tentennamenti.
Dovrà stabilire un percorso, una linea, un registro. Dovrà avere una narrativa riconoscibile e convincente, scegliendo accuratamente i settori elettorali principali a cui rivolgersi, sia quelli in bilico sia soprattutto gli elettori che domenica scorsa hanno deciso di votare per il non voto.
Sono tanti. Un numero impressionante. Rispetto alle elezioni comunali del 2010 c’è un calo dell’affluenza di quasi nove punti in percentuale (dal 68,60 per cento al 59,79). Rispetto a quelle di dieci anni fa (ballottaggio Cacciari-Casson) di oltre tredici punti (72,04). Se si osservano le cifre nude e crude, il divario appare ancora più considerevole: in cinque anni si è passati da 151.550 elettori a 126.580
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Mancano all’appello venticinquemila voti. Chi sono? Perché non hanno votato? Commentando l’altissimo astensionismo napoletano, Antonio Bassolino osserva che “non c’è più solo l’astensionismo passivo, quello dettato dall’indifferenza. A questo zoccolo duro. Classico, si è aggiunto un astensionismo attivo, tutt’altro che indifferente. Non votare è diventato una scelta politica, quasi a voler prefigurare la formazione di un partito dell’astensionismo”.
E l’astensionismo attivo, consapevole, a Venezia sembra essere soprattutto nelle file dell’elettorato di sinistra.
Nel 2010, Giorgio Orsoni vinse al primo turno con oltre 75.000 voti, distanziando Renato Brunetta che ne ebbe 62.000. Felice Casson ne ha avuti 46.300, altri 1300 voti sono finiti nelle tre liste di sinistra. La distanza tra Casson e Orsoni è evidentemente considerevole, oltre 27.000 voti. Se una parte di questi se li è aggiudicati il Movimento 5 Stelle (15.351) ne restano oltre dodicimila. Oltre dodicimila elettori che cinque anni fa votarono per un candidato moderato, centrista, espressione del mondo cattolico, e che domenica non hanno votato per un candidato espressione della sinistra del Pd e di settori di sinistra radicale.
Sull’altro versante, la somma di Brugnaro, Bellati e Zaccariotto supera i 57.000 voti, non lontano dai 62.000 voti di Brunetta (nel 2010 ci fu un compattamento delle liste intorno ai due principali candidati). Hanno fatto il pieno, e già così superano Casson. Ma non basta per vincere.
Brugnaro dovrà cercare voti nel centrosinistra, ma dovrà anche far sì che il grosso degli elettori centrodestrorsi di domenica 31 torni alle urne, considerando che nel secondo turno in genere cala il numero degli elettori.
Servirà una ben più accurata lettura dei flussi elettorali per rendere più chiara la mappa entro cui Casson dovrà muoversi e come muoversi. E con quale “registro” comunicare.
Non potrà né dovrà forzare il suo temperamento, che gli impedisce di attaccare frontalmente l’avversario. Una “negative campaign” non sarebbe nelle sue corde. Ma siccome sarà attaccato frontalmente da Luigi Brugnaro, dovrà anche prepararsi a reagire adeguatamente.
La vera campagna elettorale comincia adesso.
Chi ha preferito restare a casa domenica, sicuramente per ottime e rispettabilissime ragioni, deve però considerare qual è la posta in gioco il 14 giugno, che solo apparentemente è la stessa di domenica scorsa.
Domenica 31, molti elettori astensionisti hanno inteso inviare un messaggio forte di protesta, in particolare verso la sinistra della città, nella convinzione che comunque il loro non voto non avrebbe contribuito ad affondare Casson. Con lo stesso spirito diversi elettori di sinistra hanno votato cinque stelle. Il 14 giugno la scelta di restare a casa non significherà raddoppiare la lezione a chi ha governato male la città, o a Renzi, a Roma, ma non sarà altro che un siluro indirizzato a Casson e, di fatto, un voto per Luigi Brugnaro.
In tal caso, il fronte del non voto consentirà di realizzare quella che lo scorso marzo ytali propose ai suoi lettori quasi come una “provocazione”: la Venezia progressista espugnata come Bologna, da un altro Guazza. L’incubo di un Guazzaloca in saòr.

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