NOI o IO? Venezia ha bisogno di NOI? O di un IO? La scelta, domenica prossima, sarà questa per i veneziani che voteranno per scegliere il prossimo sindaco di Venezia. Un candidato che rappresenta la comunità, le sue aspirazioni, i suoi problemi? O un candidato che propone se stesso, che si presenta come il campione dell’impresa più che della collettività? Un Comune o un’azienda?
Noi o io? Felice Casson o Luigi Brugnaro?
Che Casson sia Noi e che Brugnaro sia Io, lo raccontano le loro biografie, le loro campagne elettorali. Lo raccontano le percezioni che la maggioranza degli elettori consapevoli ha dei due candidati.
Casson è la storia della responsabilità e del rigore unite al coinvolgimento della pluralità dei veri protagonisti della vita cittadina, gli eroi senza nome che si alzano presto la mattina, lavorano, “faticano”, si dice in Meridione, e faticano a mantenere dignitosamente una famiglia, a pagare pigione e bollette, possono permettersi una pizza ogni tanto, le vicine spiagge affollate d’estate.
Brugnaro è l’imprenditore di successo venuto dalla gavetta, che fa dell’impresa il paradigma della sua visione del mondo e della politica, tanto d’averne fatto lo slogan della sua campagna elettorale.
La parola Comune è un termine bellissimo, è “orizzontale”, è democratico, contiene in sé e proietta il senso di qualcosa che appartiene a tutti i cittadini, la comunità, la collettività. Brugnaro preferisce usare la parola “impresa”, termine “verticale” che implica comando e conflitto.
L’impresa è socialmente, economicamente, anche moralmente utile, se tale rimane. Fuori dei suoi confini propri, invece, diventa fatalmente concezione gerarchica e autoritaria della sfera pubblica e della cosa pubblica, annullando la forza profondamente democratica che permea l’idea di Comune.
C’è un ego ipertrofico e prepotente in questo proporre l’impresa come metafora del potere pubblico, che invece appartiene a tutti noi, cittadini di Venezia: il Comune, appunto.
Queste sono le due storie che si fronteggiano domenica prossima. Sono le due narrative in competizione tra loro. NOI o IO?
PICCOLO DIZIONARIO DEL DUELLO VENEZIANO
Ma una storia va raccontata bene. Deve arrivare a chi l’ascolta.
Dopo la sconfitta di John Kerry, nelle presidenziali statunitensi del 2004, Dana Thomas di Newsweek chiede a James Carville come mai i democratici fanno tanta fatica a vincere le elezioni. E lo stratega politico della vittoria di Bill Clinton nel 1992, un’inquietante calvizie alla Yul Brinner, risponde: «Perché i democratici recitano una prevedibile litania: “Io credo nel diritto di scelta della donna. Io credo in un buon sistema scolastico, garanzia essenziale per essere quel che siamo. Io sono a favore del salario minimo”. Bla, bla, bla. E come quando facevo il chierichetto. “Credo nella vergine Maria, credo in questo e quello”. Il vero racconto – “the narrative” – è questo: “Eravamo peccatori e Gesù è venuto, è morto, è stato ucciso per salvare tutti noi”. Ora questa sì, è una storia avvincente. Mentre John Kerry – prosegue Carville – finiva in questa prevedibile litania nella sua campagna elettorale del 2004, Bush se ne venne fuori dicendo: “Ero un ubriacone e sono stato salvato dal potere di Gesù Cristo, e sono stato salvato dall’11 settembre, e sarò io a proteggervi dagli attacchi dei terroristi di Teheran e dagli omosessuali di Hollywood”. È una narrazione con la quale gli elettori si mettono in relazione. I democratici, invece, hanno come primo riflesso quello di recitare la litania, invece di sviluppare una narrazione coerente e mirata a certi obiettivi. Mi vanno bene molti elementi di questa litania. Ma non è solo recitandola che vinceremo».
Ogni candidato, ovviamente, ha il suo modo di raccontare e di attivare l’ascolto toccando sia il cervello sia il cuore, che, insieme, compongono la reattività di ciascuno di noi a quel che ascoltiamo e vediamo. Non c’è il cliché del simpatico che buca il video, come raccomandano molti somari della comunicazione politica. L’autenticità conta, conta la capacità di far sentire agli elettori che il candidato “sente” e “condivide” i loro problemi. Bill Clinton diceva: “I feel your pain“, sento come mia la tua sofferenza, altri politici dicono “la capisco”.
Non ci permettiamo di dare consigli a nessuno dei due candidati. Casson, però, farebbe bene a meditare sulle parole di Carville, mentre Brugnaro farebbe bene a non confondere simpatia ed empatia, qualità comunicative di cui dispone, con capacità di far arrivare efficacemente il suo messaggio, in particolare se rivolto a settori elettorali da conquistare, nel recinto dell’avversario. Il sorriso fuori luogo e fuori tempo può essere irritante.
Ma, ai nostri lettori/elettori, un consiglio lo diamo, ed è quello di prendere in considerazione i termini fondamentali – quelli che ytali giudica tali – del duello sul quale dovranno pronunciarsi e scegliere. Non i temi, ma solo certi aspetti di carattere generale e particolare che contribuiscono a formare un’opinione e/o a cambiarla e/o a rafforzare quella che ciascuno di noi si è fatto dell’uno e dell’altro. Vi proponiamo pertanto una breve guida alfabetica, nella quale s’intende anche mettere a fuoco alcuni fattori presenti nel contesto nel quale si svolge la sfida.
A
astensione
Molto forte, molto alta. Come in altre zone d’Italia, da molto tempo ormai, e sempre di più.
Per Casson è vitale portare alle urne quella parte di astensionisti “attivi” che il 31 maggio non hanno votato, o meglio hanno votato per il partito del non voto. È possibile, farlo, ma occorre un discorso specifico, non un generico appello, rivolto a questi elettori che protestano disertando le urne. Si legga in proposito l’articolo di Silvio Testa.
Brugnaro ha il problema opposto. Può anche sperare di riattivare una parte dell’astensionismo moderato e di destra, ma deve soprattutto scongiurare una parte di coloro che hanno votato al primo turno, specie chi ha votato per i candidati rivali, perché domenica prossima tornino alle urne. In genere, la partecipazione al voto, nei ballottaggi, è inferiore a quella del primo turno.
aspettative
Ormai gran parte dei risultati politici è valutata e misurata sulla base delle attese, e queste aspettative sono fissate dal variegato e variopinto circo dei politologi, degli strateghi, dei sondaggisti, degli analisti, dei giornalisti politici. Hendrik Hertzberg, un brillante giornalista del New Yorker, ha coniato una decina d’anni fa un termine per definire questo mondo di esperti “in attesa”: expectorate (da expectation, aspettativa), che in italiano ricorda qualcos’altro.
Brugnaro ha già vinto, secondo l’expectorate. Ma, attenzione, quante delle recenti elezioni sono costellate di sconfitte dei vari expectorate?
B
Berlusconi
Brugnaro come Silvio? Inevitabile l’accostamento. E pertinente. Il Cavaliere è finito in un interminabile cono d’ombra, ma non il berlusconismo, che ha attecchito in Italia. Tant’è che si ripropone disinvoltamente in una città come Venezia nelle sembianze di un Silvio in miniatura (meglio l’originale).
C
carattere
Nelle campagne elettorali arriva sempre il momento in cui ci s’interroga sul “carattere” del candidato. Adesso, a pochi giorni dal verdetto, la domanda si fa pregnante: a chi affidare le chiavi della città? All’impassibile Felice o all’impulsivo Gigio? Al taciturno Casson o al ciarliero Brugnaro? Al coerente ex-magistrato o al fantasioso imprenditore? Allo sgobbone che legge gli appunti o all’esuberante che cerca sul telefonino i risultati della sua squadra di basket?
D
dividere
Il prossimo sindaco dovrà lavorare per unire. Unire una comunità lacerata. Una situazione politica di tutti contro tutti. La città è divisa, non solo tra Venezia e Terraferma, ma all’interno della città d’acqua e all’interno di quella di terraferma, nelle forze politiche e sociali, nello stesso Comune. Venezia non ha bisogno di un divider, ma di un uniter. Chi, secondo voi, ha i tratti dell’uniter, chi del divider?
E
eccentrico, estemporaneo
Nella fase finale di una campagna elettorale, le ultimissime battute, specie in una competizione all’ultimo voto e con una considerevole fetta di elettori in bilico, un candidato può essere tentato, a volte spinto da strateghi improvvisati, di tirar fuori il colpo a sorpresa, di fare la mossa eccentrica e/o estemporanea rispetto al copione fino a quel momento seguito. A volte può anche funzionare, ma purché – anche se sorprendente – in sintonia con il suo copione: se non funziona può essere un boomerang fatale. È soprattutto Casson che deve meditare molto bene su un eventuale passo del genere, caso mai dettato da sondaggi (di chi? su chi?) che lo danno in affanno. La coerenza (vedi carattere) è la cifra di Casson: se dà la sensazione, anche solo la sensazione, di mollarla all’ultimo, potrebbe rivelarsi un azzardo suicida.
F
famiglia/famiglie
Brugnaro è marito affettuoso e padre premuroso di una famiglia numerosa. Raro di questi tempi. Dal suo punto di vista, fa bene a parlarne e a mostrarla. I valori della famiglia sono importanti per il suo elettorato, ma anche per una parte consistente dell’elettorato di centrosinistra nel quale intende far breccia. Casson è invece gelosissimo della sua vita privata, alcuni suoi stretti collaboratori non sanno neppure dove abita. Non mescolare vita pubblica e vita privata è una scelta saggia ma difficile. L’importante è che emerga bene il messaggio dietro questa scelta: se non parla della sua famiglia, è perché la sua attenzione è tutta rivolta verso le famiglie veneziane, che al pari di tutte le famiglie italiane, sono le prime vittime della crisi economica.
G
giunta
C’è una grande, legittima curiosità intorno a quella che il padrone della Reyer chiamerebbe squadra ed è la giunta che dovrà governare con il sindaco la città nei prossimi cinque anni (che facilmente potrebbero diventare dieci).
S’invoca un nome, che dicano almeno un nome di un assessore chiave. Nel dibattito pubblico, al Corso di Mestre, i nove candidati sindaci presenti hanno eluso la domanda rivolta a tutti loro dal moderatore Alberto Vitucci. Se Casson avesse gettato lì almeno un nome, gli avrebbe giovato, gli avrebbe procurato più voti al primo turno? E a Brugnaro? Il tema, a ben vedere, non è però quello della composizione della giunta, pur importante in sé, quanto quello della considerazione che avrà il prossimo sindaco degli assessori. Casson è stato perfino criticato perché allude continuamente, in molte dichiarazioni e risposte, al tema della collegialità. Brugnaro, che ha un’esperienza di padrone e se ne vanta, fa il padrone anche quando segue la sua squadra di pallacanestro, la Reyer, e impartisce pubblicamente istruzioni perentorie all’allenatore Recalcati, considerato peraltro uno dei massimi professionisti in quello sport. Non è difficle fare l’equazione tra questi comportamenti e quello che terrà una volta insediatosi a Ca’ Farsetti.
H
Hillary
Clinton non c’entra niente con il voto veneziano. Però qualcosa c’entra. Dopo una sconfitta cocente, otto anni fa, si ripresenta di fronte agli elettori, ma, prima di farlo per mesi e mesi, lei e i più fidati consiglieri, hanno studiato nei minimi dettagli le ragioni della sconfitta di allora. Per non ripeterla. Come i comandanti militari dei tempi delle guerre, gli strateghi politici analizzano le grandi battaglie del passato. Casson non dispone neppure di un milionesimo delle risorse di un candidato americano, ma esse non sarebbero necessarie per capire come andò quando fu battuto da Massimo Cacciari. Avrà meditato sui suoi errori di allora?
I
identità
Casson e Brugnaro sono simili nell’essere entrambi non identificabili dentro un perimetro partitico. È la loro forza. Ma fino a che punto ciascuno dei due intende spingersi nel valorizzare questa peculiarità? Fino a che punto intendono prendere le distanze da partiti e aggregati politici dei cui voti hanno pure bisogno? La capacità di restare in equilibrio tra queste due opposte esigenze, dando però l’impressione di privilegiare la propria autonomia e autonoma identità nei confronti dei partiti delle rispettive coalizioni sarà un elemento chiave nella partita di domenica.
L
linea
Il vecchio termine politico torna d’attualità, nonostante lo sfarinamento dei vecchi partiti. Ora si preferisce dire percorso, itinerario, orizzonte, visione, che non sono precisamente sinonimi. Ma tutti avvertono la necessità di sapere lungo quale linea si muoverà il prossimo sindaco di Venezia, e con lui le forze che lo sostengono. Abbiamo sentito diverse promesse e diversi impegni, da parte di entrambi i candidati. Almeno alla vigilia del voto dovrebbero darci la linea, una linea più precisa, scevra il più possibile dalla propaganda e dalla demagogia.
M
mediazione
Collegialità è parola spesso invocata, ma per ottenerla si dice che occorre mediare. Mediazione, però, è diventata sinonimo di compromesso al ribasso, la parola mediazione ha ormai un brutto suono. Ma non è una buona ragione per consegnare la città a un comandante in capo solitario, che non ascolta e non coinvolge.
N
narrazione
Colpa di Vendola se molti in Italia pensano che “narrazione” significhi infiorettare un discorso di belle parole e citazioni letterarie. Obama, per dire, è asciuttissimo, ma resta un grande oratore politico. La letteratura, tanto meno il fare discorsi ricchi di metafore, rococò e personalismi, infatti, non c’entrano niente, anzi infastidiscono. Per capire di che si tratta rimandiamo a James Carville, citato prima.
O
ottimismo
Quelli di sinistra, i democratici, passano per piagnoni, pessimisti. Negativi. Se, nel Pd, criticano Renzi, non è perché esercitano il diritto-dovere di chi fa opposizione, ma solo per l’inguaribile vizio di essere distruttivi. La trappola che scatta, e spesso funziona, è di finire per essere considerati, per questo, come chi ha lo sguardo rivolto al passato, vede nero, contro un presidente che guarda al futuro, con ottimismo. Come senatore spesso in dissenso con Renzi, Casson sa di che si tratta. Sa anche che è una “narrazione” ostile che può far presa. Infatti, Brugnaro, pure lui, gioca quella stessa carta contro Felice.
omosessuali
Brugnaro dovrebbe essere molto più chiaro su tante cose, in particolare però su una: dica cosa pensa dei suoi compagni di strada omofobi (e xenofobi) e come si comporterà da sindaco su questo terreno e nei rapporti con loro. Il color fucsia, se è una forma di persuasione occulta, non funziona da questo punto di vista, e di certo non basta.
P
permanent campaign
Già negli anni 80, Sidney Blumenthal parlava di permanent campaign, osservando che, anche, una volta terminate, le campagne elettorali proseguivano da parte di chi era stato eletto, sia per preparare la rielezione sia per comunicare, dalla posizione di governo, con le stesse tecniche persuasive, spesso propagandistiche, che si usano in campagna elettorale. Questa torsione della comunicazione politica è molto criticata. Eppure, il prossimo sindaco dovrà essere impegnato in una permament campaign, non per esercitare una persuasione occulta, ma come continuo esercizio di informazione e coinvolgimento dei cittadini, per fronteggiare insieme il disastro che avrà ereditato.
Pd
Il Partito democratico sono i militanti, i simpatizzanti e i suoi elettori fedeli. E i suoi gruppi dirigenti. Casson appare talvolta contraddittorio nella sua relazione con questo partito, dando l’impressione di considerare una parte (i dirigenti) per il tutto, e volendo però il pieno sostegno di tutti. Giusto smarcarsi da dirigenti mal visti, l’importante è farlo con l’evidente rispetto per la comunità, che si riconosce, in vari gradi, con e nel Pd, credendoci, alcuni con dedizione e passione. In questa incertezza, Casson appare, da un lato, impelagato nelle trame piddine, e dunque inviso alla sinistra radicale e ai tanti cittadini che identificano lo sfascio cittadino con il partito al potere, dall’altro lato risulta antipatico ai piddini più di partito. In aggiunta, rischia di essere percepito come renziano – in quanto collegato al Pd – e contemporaneamente bersanian-civatiano e condizionato dalla sinistra radical (vedi identità)
Q
quadri
Quadri e dirigenti. Chi s’insedierà dopo la gestione del Comune di Zappalorto troverà una situazione allarmante da ogni punto di vista, e il giorno stesso dell’insediamento dovrà rimboccarsi le maniche. Sarebbe interessante ascoltare parole molto chiare su come intendono far ripartire la macchina amministrativa e renderla più efficiente, a partire da chi occupa posizioni chiave di responsabilità e ha remunerazioni ragguardevoli.
R
radicale
Una parte del voto a Casson viene dalla sinistra radicale. Una parte ancora più consistente del voto a Brugnaro viene dalla destra radicale. Ai rispettivi elettorati moderati e all’elettorato tutto vanno spiegati senza reticenze i termini delle intese con queste aree, sia per conseguire i loro voti sia per ottenere i voti di tutti gli altri elettori.
S
T
tranelli
Il più evidente, il più insidioso, è farsi tirare nel campo di gioco deciso dall’avversario. Non si tratta semplicemente di evitare un risucchio del genere, occorre imporre il proprio campo di gioco. Giocare di rimessa, nel perimetro deciso dal rivale, è avere quasi la certezza di aver perso, specie nella fase finalissima della corsa.
U
uniter
Vedi divider
V
vice
I nomi di qualche assessore? No, e passi, ma quello del vice? Il famoso ticket. Con una donna? Svelarlo è un’ottima mossa, e in più costringe il rivale a giocare di rimessa (vedi tranelli)
Z
zig zag
L’andamento ondivago sa di incertezza, opportunismo, disperazione. Da evitare accuratamente, e attaccare duramente l’avversario se, nel panico del finale, si muove scompostamente.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!
2 commenti
ma come si fa a lrggere tutto fino in fondo?
Inviato da iPad. Non esageriamo su Casson : rigore non significa equità. Detesto Brugnaro e turandomi il naso nonché chiudendo gli occhi voterei Casson per necessita. Ma sarà male comunque.