Avanti con attenzione tra molti pericoli da schivare. Il fronte giudiziario a Roma e quello del Senato saranno impegnativi per Matteo Renzi. Martedì la giunta delle immunità del Senato comincerà a discutere sulla richiesta di arresto di Antonio Azzolini (Ncd), che ha gettato in allarme il partito centrista di Angelino Alfano; mercoledì la commissione istruzione di Palazzo Madama inizierà a votare gli emendamenti sulla riforma della scuola del governo, contestata dalle opposizioni e dalle minoranze del Pd. Il sindaco Marino barcolla sotto i colpi di Mafia Capitale che hanno raggiunto anche diversi esponenti democratici.
Il governo deve superare tre scogli per proseguire nella sua navigazione. Renzi ripete: massimo garantismo, ma deve andare in carcere “chi ruba” e avanti sulle riforme strutturali per aiutare la ripresa economica, appena avviata dopo 7 anni di Grande crisi. Il “rottamatore” di Firenze oggi ha piazzato una prima contromossa: commissariare il Giubileo a Roma per prevenire altri episodi di corruzione pubblica.
Il presidente del Consiglio è in allarme per molte “paludi”, ma quella più insidiosa è il Senato. L’esecutivo conta su una maggioranza risicata a Palazzo Madama e ogni tensione nella coalizione può provocare un patatrac. Questa settimana il governo è stato battuto due volte: nella commissione affari costituzionali su un parere relativo alla riforma della scuola e in aula in due voti per emendamenti sull’omicidio stradale. Sulle due sconfitte del governo aleggia lo scontento del Ncd, che è già stato costretto ad accantonare tre parlamentari per vicende giudiziarie (Lupi, De Girolamo, Gentile) ed ha perso un importante ministero come quello delle Infrastrutture. In più il sottosegretario Antonio Castiglione, altro esponente del partito di Alfano, rischia grosso nell’inchiesta di Mafia Capitale. Nella prima sconfitta è stato nettissimo lo “zampino” del Ncd: tre senatori centristi della commissione non si sono presentati per votare e il governo è stato battuto.
Suona l’allarme rosso. Fabrizio Cicchitto, stratega dei centristi, ha tirato le somme: per “colpire” il governo e Renzi «alcune forze giudiziarie di sinistra e alcuni gruppi mediatici di destra stanno concentrando il fuoco sul Ncd». Tuttavia Alfano tranquillizza: non ci sarà la crisi, l’esecutivo “arriverà” al 2018, alla fine della legislatura.
Nel Pd c’è una specie di clima di “non belligeranza” in attesa dei risultati dei ballottaggi di domenica prossima per i sindaci (il più atteso è Venezia) e per i cambiamenti, chiesti dalle minoranze del partito e annunciati da Renzi, sulla riforma della scuola e del bicameralismo perfetto. Vannino Chiti, uno dei leader della minoranza Pd al Senato, chiede «un approfondimento serio» sulla riforma del bicameralismo, della legge elettorale e della scuola. Corradino Mineo, effervescente ribelle della minoranza, propone «di procedere subito» con le 100 mila assunzioni di insegnanti precari e «di esaminare con più calma» la riforma. Stefano Fassina è più intransigente: chiede una svolta perché «abbiamo preso la posizione» della destra sul lavoro. Comunque, dopo l’addio a Renzi di Pippo Civati e Sergio Cofferati, per ora sono escluse altre scissioni.
Il presidente del Consiglio e segretario del Pd è pronto a dialogare con tutti, ma respinge ogni tentativo di bloccare le riforme strutturali per far ripartire la crescita economica in Italia ferma da vent’anni. Oggi ha sollecitato ad affrontare la sfida della globalizzazione: «Nel mondo di oggi ci sono tanti che abbaiano alla luna, vivono sulle paure e pensano che l’unica dimensione sia rinchiudersi in casa. Non è così». Vuole andare avanti con determinazione per far uscire l’Italia dal “cantuccio” perché «è una grande potenza nel mondo». La sfida è aperta. Qualche giorno fa ha avvertito: chi vuole bloccare il governo «mi tolga la fiducia» in Parlamento o nella direzione del Pd. L’imperatore bizantino Marciano mandò un messaggio ad Attila che premeva ai confini dell’impero: «Oro e doni se se ne sta tranquillo, uomini e armi se strilla più di tanto».

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