La Grecia, parabola della nostra invidia

PIERGIORGIO PATERLINI
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È nel Vangelo la spiegazione dell’inaccettabile reazione di molti al referendum greco. E non parlo delle reazioni politiche tutte strumentali da una parte e dall’altra. Parlo di molto “senso comune diffuso”, quello che un tempo si misurava nelle famose chiacchiere da bar e oggi, con ben altri numeri e aggiornamenti in tempo reale, si misura sui social.

Nel Vangelo, nella parabola dei lavoratori della vigna, e nel grande tema dell’Invidia, in una idea di giustizia che – per invidia, appunto – rifiuta con rabbia di coniugarsi con la generosità e con la misericordia, in tutto questo sta la radice profonda – e importante, da non banalizzare – della banalizzazione che troppi fanno del referendum greco. Quando sento, o leggo, frasi del tipo “ah certo, se promuovo un referendum in famiglia per chiedere se posso smettere di pagare il mutuo senza conseguenze, vince sicuramente il no al pagamento del mutuo”, “ah, sicuro, se chiediamo a un popolo se vuole restituire i debiti oppure no, ci credo che risponde no”, e via dicendo, quando leggo queste acute analisi, mi chiedo come sia possibile banalizzare in questo modo una faccenda tanto seria, importante, complessa, che riguarda il futuro dell’Europa, l’idea di democrazia, il piano economico, finanziario, i poteri forti e i poteri deboli, le banche, le agenzie di rating, la finanziarizzazione dell’economia e la speculazione internazionale, gli interessi sul debito eccetera eccetera eccetera. È possibile come quando, pieni di rabbia, diciamo a qualcuno: io sono stato costretto a subire questa e quella cosa brutta, questa e quella ingiustizia, adesso voglio che la subisca anche tu. Che è un’idea di eguaglianza, se permettete, discutibile.

Qui arriva la parabola dei lavoratori della vigna, una delle parabole più dure e insieme più consolanti del Vangelo, inaspettata, addirittura inimmaginabile all’epoca e nel contesto in cui fu inventata, quindi geniale rivoluzionaria provocatoria, coraggiosa e anticonformista. Riassumo velocemente poi ve l’andate a leggere, se volete (Vangeli di Matteo, Marco, Luca, esempio: Mt, 20, 1-16). Il proprietario di una vigna assume a giornata dei lavoratori precari per vendemmiare. Dice: vi dò cinquanta euro (butto lì una cifra a caso) per questo giorno di lavoro. Ma gli stagionali, anzi i giornalieri, arrivano a ore diverse. C’è chi comincia alle sette del mattino, chi a mezzogiorno, chi addirittura lavora solo un’ora al tramonto prima che la giornata finisca. Il padrone dà a tutti cinquanta euro. Quelli che sudavano dal mattino vanno giù di testa. Ma come? Io sono qui che mi sbatto da dieci ore e prendo 50 euro come lui che ha lavorato solo un’ora? Ed ecco la risposta – sorprendente – del padrone, la risposta che coniuga giustizia e quella che si chiamava un tempo misericordia. Ribatte il padrone: ti ho promesso 50 euro e te li ho dati. Cosa vuoi? Di cosa ti lamenti? Sono affari miei se voglio dare cinquanta euro anche a chi è arrivato solo un’ora fa. E il punto cruciale: ho mantenuto la parola con te, che sei qui dall’alba, e i cinquanta euro “ingiusti” che dò agli ultimi non tolgono nulla a te.

Non è la stessa frase che diciamo quando chiediamo uguali diritti? Quando le famiglie omosessuali chiedono il matrimonio egualitario la prima frase che civilmente dicono ai razzisti non è forse: ciò che chiedo non toglie nulla a te, di cosa vai cianciando, che cavolo vuoi?

Quando Portogallo o Spagna fanno capire che, avendo già subìto la cura (che cura non è) della Merkel e della troika, ora vogliono che la stessa punizione capiti ai greci, ragionano assolutamente nella logica dell’invidia rabbiosa e frustrata, impotente, e di una giustizia senza pietà, senza misericordia, senza la possibilità di un gesto – gratuito o interessato che sia – di “indulgenza”.

E così gli italiani che si affannano a riempire facebook di frasi sui prestiti che è giusto restituire agli amici, banalizzando in modo meschino stupido inaccettabile – lo ripeto per l’ultima volta – un evento storico complesso, gravido di conseguenze che potrebbero e dovrebbero essere positive per tutti e che invece viene sbertucciato come la scelta di un popolo infantile capriccioso irresponsabile che vuole continuare a ingozzarsi di gelato dopo aver sprecato tutta la paghetta alle giostre.
LE NUVOLE

La Grecia, parabola della nostra invidia ultima modifica: 2015-07-07T20:08:00+02:00 da PIERGIORGIO PATERLINI
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