I veneziani sanno di possedere un grande privilegio che gli permette di lasciare la città per trasferirsi in poco tempo sulle Dolomiti, il cui profilo corona nei giorni di aria tersa la laguna, e incanta. Dove finalmente scarpinare tra i rifugi per sentieri e ferrate, o andar per funghi nei boschi, di cui sono in genere cercatori accaniti. O con gli sci scendere a capofitto dalle più impervie e tecniche piste del mondo. È il caso di Franco Sonzogno, sessantasei anni, e della moglie Angela, insieme dal lontano 1973.
Franco e Angela, dall’epoca in cui erano poco più che ragazzi condividono una passione che li ha fatti conoscere in tutto il mondo. Per quello che Franco ha fatto, aiutato da Angela, volendo sciare sempre meglio e trarre da questo sport il massimo del divertimento senza mai rinunciare alla sicurezza. La loro è una lunga storia, raccontata nel laboratorio al pianoterra della casa dove vivono, nei pressi del campo Santa Maria Mater Domini a due passi da Rialto. Con testimoni silenti e in bella mostra gli esemplari di sci che Franco ha realizzato negli anni, le cui serigrafie rimandano a immagini di puro design vintage. Forme che ricordano le morbidezze di un corpo femminile o le curve di un violino, inducendoti a sfiorarle con una carezza.
Franco, tu non sei nato sciatore. Come sei arrivato alla passione per questo sport?
Ho lavorato tutta la vita a vendere centralini telefonici per la Sip, l’attuale Telecom, Col primo stipendio, quando avevo già venticinque anni, mi sono iscritto a un corso di sci perché ad Angela piaceva sciare. Lei scia fin da quando era piccola. Uno dei problemi più grossi che ho incontrato è stato quello di fare le cose che il maestro di sci mi diceva, e mi sono accorto che ciò non dipendeva da me, ma dagli attrezzi che usavo. Ho chiesto a vari skiman, ma tutti mi davano risposte diverse. Dopo aver sciato in modo empirico per molto tempo, quando ho compiuto cinquant’anni, Angela mi ha regalato un corso per skiman a Biella. E l’anno successivo mi sono iscritto al corso di Longarone. Tra i docenti ho conosciuto varie persone che sapevano bene come costruire sci. Non avendo intenzione di esercitare la professione di skiman, ho applicato le capacità acquisite agli sci di Angela. Dopo averli provati, ha esclamato “vanno come un violino”.
E ti è nata l’idea degli Stradivarius.
Sì. Oltre agli sci di mia moglie, ho cominciato a mettere a punto anche quelli degli amici, e mi è venuta l’idea di fondare nel 2001 il Club Stradivarius, che coltiva l’arte, la cultura, lo sport e la comunicazione.
Mi trovavo a Monaco di Baviera per seguire l’ISPO, che è la fiera più importante al mondo per gli sport invernali, quando ho trovato una fabbrica degli Appennini Emiliani cui ho chiesto di fabbricare uno sci fornendole le serigrafie. Sapevo che in uno sci la cosa più importante è l’anima, che deve essere in legno essiccato naturalmente e non attraverso l’evaporazione. E alla fabbrica ho procurato il legno stagionato delle gondole. Ne ha fatti un certo numero per gli amici del Club, e quando siamo andati a sciare la gente, incuriosita, ci chiedeva dove li poteva comperare. Cosicché l’anno successivo ne abbiamo ordinati un po’ di più e abbiamo cominciato a venderli.
Poco dopo ho lasciato la fabbrica e ho cominciato a produrli qui a Venezia, e sono stato al ProWinter di Bolzano, invitato dall’Associazione Italiana Skiman, per presentare la mia piastra unica che consente di smontare facilmente un attacco da un attrezzo e montarlo su un altro. Un aggeggio che risolve splendidamente il problema di trasportare più sci contemporaneamente nella stessa auto. Te la faccio breve. Il cartello dei costruttori di sci non mi vedeva di buon occhio. Ciononostante sono riuscito a farmi invitare ai test, dai quali gli Stradivarius sono usciti con punteggi importanti.
E qual è il loro segreto?
L’eliminazione del metallo e l’uso del legno stagionato. Le tavole, in genere di faggio o frassino, passano in una macchina che si chiama calibratrice dove sono tagliate in strati di quattro millimetri. A questo punto le varie tavole sono incollate una con l’altra “controvena”. E ne esce una scocca totalmente artigianale, tanto che ogni esemplare di sci è diverso dall’altro, ed è realizzato anche in base al gusto del cliente per cui è costruito.
C’è stato un cliente che lo voleva di colore uguale alla sua auto, ed è nato lo sci “my car”. Un altro era un pianista, e ha voluto uno sci nero lucido, come quello di un pianoforte. Grazie alla collaborazione di un artista del vetro a lume come Lucio Bubacco sono nati gli “sci d’arte”. In pratica, io progetto e mi avvalgo della collaborazione di quattro persone, nessuna delle quali fabbrica sci. Il più importante è di sicuro Maurizio Raunich, falegname alla Giudecca ed esperto sciatore. Fa delle scocche di legno che nessuno si penserebbe di fare. L’altro è Paolo Libralato che risolve tutti i problemi che la mia fantasia partorisce. Pure lui è falegname, e realizza vari oggetti legati al mondo Stradivarius, come i portasci da salotto che permettono di poter esporre gli sci quasi come una scultura. Queste basi sono dipinte a olio dal pittore Gianni D’Este, in arte ‘Widmann’. Gli sci e la base, quindi, sono come un’opera d’arte che il cliente si può tenere in casa e ammirare in ogni momento. Poi fa le scatole dove riporre gli affilatoi per tirare le lamine, e altre cose. E le piastre in ipè per metterci l’attacco, chiamato legno ferro in veneziano.
In sostanza e per spiegarmi meglio, noi possiamo fare come massimo cento sci l’anno e il tempo medio di lavorazione per un paio di attrezzi è di almeno un mese.
Chi è la tua clientela e da dove viene?
In primo luogo sono i soci del Club, che sono 350, di cui 120 italiani. Poi li faccio anche per qualche cliente, ma mi deve essere simpatico. Non farei mai degli sci per uno che poi li mette in magazzino. I miei sci li devi mettere in salotto, altrimenti niente. Ho clienti in Giappone, Argentina, Nuova Zelanda e Francia. E naturalmente in Italia. Ho fatto sci per Elton John, e per la famiglia imperiale giapponese. Kagj Kozo allena un gruppo di atleti del Sol Levante con miei sci sullo Stelvio. All’inizio gli Stradivarius li ho creati solo per me e mia moglie Angela, oggi sono felice di sapere che sono calzati da molti sciatori nel mondo e perfino da alcuni reali. Sono sci romantici ma tecnologicamente avanzati. In loro, tutto è armonia.
Come passi le tue vacanze estive quando non puoi sciare?
Vado in giro per la Croazia con Camoma, che è la barca che ho disegnato. La tengo nella laguna di Klimno, nell’isola di Krk. L’ho pensata con uno scafo di plastica e la tuga in legno.
Camoma in veneziano indica un procedere lento, pigro. Quasi indolente. È il tuo buen retiro?
La barca mi consente una vita a contatto con il mare e di girare in posti della costa difficilmente raggiungibili. Ma compongo anche canzoni. Per me sono “pezz‘e core”, non ho preferenze come per i figli. Per il momento ne abbiamo fatte circa una settantina con vari temi. Romantico, impegno sociale, politico, in dialetto e tante altre.
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Ancora una domanda. In genere dove ti piace e cosa significa per te sciare?
In una parola per me è: VOLARE. Credo di averti detto tutto. Con Angela parcheggiamo il nostro camper nel camping a Colfosco, in Val Badia. Quello vicino alla seggiovia. Lo conosci?
Certo che lo conosco. Mi capita spesso di passarci. La prossima volta vi faccio un fischio, cosi provo i tuoi sci.
Ci conto. Ti aspettiamo.
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