Dalla città dei dogi a quella dello sceriffo

GUIDO MOLTEDO
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Vigili armati nelle calli veneziane? Se ne parlava da tempo, ma ora, da qualche giorno, una quarantina di vigili urbani gira armata a Venezia e in terraferma. Progressivamente, sarà dotato di pistola e addestrato al suo uso l’intero corpo della polizia municipale, composto da 363 agenti, ai quali dovrebbe aggiungersi una settantina di nuovi assunti.

di Erica De Rosa

di Erica De Rosa

Decisione saggia? Utile? O, al contrario, inutilmente rischiosa e costosa? Finora, per una varietà di ragioni – finanziarie, pratiche, sindacali, politiche – era stata accantonata dai predecessori dell’attuale sindaco, Luigi Brugnaro, e anche dal commissario prefettizio, Vittorio Zappalorto.

A Ca’ Farsetti, sede dell’amministrazione comunale veneziana, dicono che in altre città del Veneto i vigili urbani girano armati da tempo.

E allora? Hanno, al pari di Venezia, una altrettanto estesa area pedonale? Hanno calli e campi affollati di visitatori? Residente a Spinea, e tutt’altro che incline a risiedere nella città che l’ha eletto sindaco, Brugnaro sembra ignorare le peculiarità del centro storico veneziano, e non si rende conto del rischio di vigili urbani che inseguono armati nelle calli affollate qualcuno che scappa o del colpo accidentale del vigile che inciampa.

Ma non serve neppure entrare nel merito delle valutazioni su come gestire l’ordine e il decoro di una città importante come Venezia, con vigili dotati di pistola o meno.

Ci sono già diverse altre ragioni che sconsigliano caldamente una simile decisione. Per capirlo Brugnaro non dovrebbe limitarsi ad ascoltare il comandante del corpo, ma anche – davvero a caso – i vigili stessi, così come ha fatto ytali. Che ha interpellato una serie di vigili in servizio, sia a Venezia sia a Mestre, chiedendo il loro parere sulla decisione del sindaco sceriffo e sulle sue conseguenze pratiche, per i vigili stessi e per i cittadini.

Ecco i punti salienti della nostra inchiesta.

I COSTI

Un’amministrazione che non sa più cosa inventarsi per tappare le falle del bilancio (ancor più in rosso di quanto assicurato da Zappalorto prima dell’addio) dovrà stanziare fondi per l’acquisto delle armi, per le esercitazioni al poligono, per la manutenzione delle armi, per le visite mediche del personale armato e per l’assunzione di nuovo personale. Sono stati quantificati? Non sono pochi euro.

Il comandante Marco Agostini ha già acquistato (circa otto anni fa) un centinaio di armi che giacciono nell’armeria del Comando e che hanno già dovuto subire costosi interventi di manutenzione: rimarrebbero da acquistare le armi per il personale di servizio non ancora armato, il personale del reparto Traffico Acqueo (il reparto Moto Ondoso è già armato) e il personale del Centro Storico.

Si tratta di circa duecento armi per una spesa che varia dagli ottocento euro ai 1200 euro ciascuna.

Le esercitazioni al poligono hanno un costo piuttosto alto: va sparata un’ottantina di colpi all’anno, naturalmente utilizzando i servizi offerti da un poligono di tiro (la cui tariffa va onorata) e le esercitazioni vanno praticate almeno due volte all’anno, il che significa due turni sottratti al servizio di istituto, per ciascun operatore, all’anno.

 PERSONALE E TURNI

C’è poi la questione del nuovo personale. Se è vero che arriveranno venti agenti della Polizia Provinciale da destinarsi ai Servizi di Navigazione, il personale già in forza alla polizia municipale dovrà distribuirsi su quattro turni di servizio (mattina, pomeriggio, serale e notte), anziché su tre (mattina, pomeriggio e serale), depauperando ancor più il numero l’organico nelle fasce diurne, peraltro già ridotto all’osso.

“Per esempio – ci dice un vigile con una discreta anzianità – si passerebbe dalle attuali dodici-sedici persone (sei-otto pattuglie) in servizio esterno in tutto il centro storico durante il turno di mattina, solitamente il più ricco di personale, alle otto-dieci persone (quattro-cinque pattuglie), comprensive di ufficiali”.

“La ventilata ipotesi di un concorso per assumere venti agenti di polizia municipale part-time – puntualizza un collega più giovane che gli è accanto – non risolverebbe la questione, ma ridurrebbe comunque i numeri del personale in servizio, anche perché queste nuove unità andrebbero spartite con la terraferma e il reparto motorizzato e l’infortunistica stradale”.

Insomma, la vecchia storia dei cittadini che si lamentano perché non vedrebbero in giro per la città gli uomini in divisa del Comune, non avrebbe finalmente un lieto fine nell’era Brugnaro, a meno che non siano rassicurati dal fatto di vederne ancora di meno. Però armati.

Tanto l’acquisizione del personale della provincia, quanto le nuove assunzioni comportano un aumento di spesa per il Comune, ci fanno osservare negli uffici dove sono abituati a fare i conti reali e fare i conti con la realtà.

Parliamo degli oneri per il personale già in servizio. Basti dire che il venir meno della contrattazione decentrata nel Comune di Venezia comporta che il personale svolga i turni serali, domenicali, festivi e notturni senza alcun incentivo economico, se non quello previsto dal contratto nazionale del pubblico impiego, vale a dire quasi nulla in termini concreti.

“E poi – ci dice con voce inquieta un vigile un po’ sovrappeso – resta aperta la questione di dove andranno riposte le armi alla fine del servizio”. Già, perché le sezioni territoriali di terraferma e centro storico – fatta esclusione per Mestre Centro e San Marco – non hanno in forza un numero di operatori tale da prevedere l’utilizzo di armadietti blindati per riporre le armi secondo la normativa vigente e, anche le due Sezioni che potrebbero dotarsene, avrebbero bisogno di un servizio di vigilanza interno 24 ore su 24, il che obbligherebbe il personale delle sezioni a istituire un turno notturno di “piantonamento” alle armi, costituito da almeno due operatori da sottrarre al servizio esterno.

C’è un’alternativa? “Certo – ci dice adesso con voce irritata – è il meccanismo ricattatorio con il quale si obbligherà nei fatti il personale a portare a casa l’arma con sé per evitare il servizio notturno o, forse, semplicemente per ridurre il numero di turni notturni da svolgere”.

Tra le conseguenze della scelta di armare la polizia municipale e di orientarla verso i servizi di Pronto Intervento e quello che – nella pubblica sicurezza si direbbe di volante – significa ridurre drasticamente il numero dei servizi di Polizia Amministrativa: i controlli sulle strutture ricettive, sulle attività commerciali, sull’edilizia non si eseguiranno più o quasi, ad appannaggio delle categorie del centro storico e a svantaggio dei consumatori e dei cittadini, dal momento che le ultime normative in materia di autocertificazione (Bersani) e di presunta semplificazione amministrativa (Monti) hanno annullato nei fatti i controlli preventivi degli uffici e demandando l’intera attività di controllo agli organi di polizia amministrativa.

SCELTA IDEOLOGICA

Se a questo si aggiunge – come fa notare un sindacalista della polizia di stato – che l’ufficio Polizia Amministrativa del Commissariato di San Lorenzo ha in forza quattro unità (comprensive di ispettore) per i servizi di polizia amministrativa in città e che gli operatori non possono svolgere servizi di questo genere in turno serale per carenza di personale nella polizia di stato, va da sé che tutto quello che avviene in città dopo le 19.00/19.30 non potrà più essere soggetto a controlli d’iniziativa. Il comandante della polizia municipale potrà avere il completo controllo su qualsivoglia attività in città.

“È evidente che certi servizi demandati alla polizia municipale richiedano l’uso delle armi, basti pensare ai trattamenti e accertamenti sanitari obbligatori (TSO e ASO)”, osserva una vigilessa (ma non sa che negli Stati Uniti sono numerosissimi gli incidenti dove ci scappa il morto proprio nel corso di operazioni concitate analoghe al TSO).

Ma anche questa spiegazione non può spiegare la scelta di armare l’intero Corpo, che è ideologica, nel senso che non risponde tanto a un indefinito desiderio di sicurezza dei cittadini, quanto a una mutazione genetica (certo non solo veneziana, ma questo non consola) delle funzioni della cosiddetta “polizia di prossimità” per approdare a una versione poco qualificata di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, svolta da personale deputato a svolgere altre mansioni.

(inchiesta a cura di g. m.)

Dalla città dei dogi a quella dello sceriffo ultima modifica: 2015-07-27T17:52:57+02:00 da GUIDO MOLTEDO
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