Profughi, reportage dal confine croato-sloveno

STEFANO LUSA
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La Slovenia alla prese con l’emergenza profughi. Negli scorsi giorni ne sono arrivati meno di quattromila. Dopo una prima ondata il flusso per ora sembra fermato. Il paese lungo cui corre la frontiera di Schengen ha cercato di mostrare i muscoli schierando i reparti speciali della polizia e seguendo in maniera scrupolosa le procedure. Formalmente nessun corridoio umanitario è stato aperto, anche se alla fine il passaggio dei migranti non è stato ostacolato.

L’”invasione” è iniziata giovedì sera. Un treno con 150 profughi è arrivato alla stazione di Dobrova. La polizia ha fatto staccare i tre vagoni su cui viaggiavano ed ha tentato invano di riconsegnarli alla Croazia. Le autorità di Zagabria hanno fatto subito capire di non avere nessuna intenzione di riprenderseli, del resto erano state loro stesse ad indicare indirettamente ai migranti la via del confine sloveno. Alla fine sono stati portati con gli autobus al centro stranieri di Postumia per l’identificazione.

Venerdì centinaia di profughi erano alle porte della Slovenia. I reparti speciali della polizia erano ai confini. Elicotteri, muniti di particolari strumenti per individuare i movimenti sospetti pattugliavano incessantemente la zona. Sin dalle prima luci dell’alba camionette della polizia facevano la spola tra la linea di confine e la stazione di polizia di Brežice.

Lì era stato allestito un primo campo per l’identificazione, dove erano portati coloro che avevano tentato di passare la frontiera guadando la Sotla, il fiumiciattolo che divide i due paesi. Arrivavano con le scarpe ed i pantaloni bagnati. Sulla rete che delimitava la stazione di polizia erano stati stesi i panni bagnati, che in una giornata di sole settembrino non avrebbero faticato ad asciugarsi. Dietro al reticolato i profughi. Erano uomini, ma soprattutto famiglie.

Un siriano di una quarantina d’anni gioca con il suo bambino. Si avvicina alla rete e ci racconta: “Da noi cadevano le bombe. Io e mia moglie saremmo anche potuti rimanere lì, ma volevamo dare un futuro migliore a lui”. Il fanciullo di sette mesi ride felice. Un poliziotto porta un cartone di latte.

Un altro profugo siriano è arrabbiato e ci dice di non capire. Racconta che sulla strada che lo ha portato in Slovenia ha incontrato molta gente. Solo una parte arrivava dalla Siria. Si chiede perché stavano scappando se i loro paesi non sono in guerra. Lui sogna la Germania e di riprendere lì a fare il suo mestiere di pizzaiolo. Una anziana signora vestita in abito tradizionale ci racconta che lei è una profuga palestinese che aveva trovato riparo in Siria, adesso vuole arrivare da suo figlio in Svezia.

In Croazia, a Harmica, a pochi passi dal confine sloveno i profughi arrivano da Zagabria con il treno locale. Le organizzazioni umanitarie hanno allestito un centro d’accoglienza. Sotto il tendone qualche materasso. Un gruppo di bambini gioca con l’acqua di una fontana.

Chi ne ha bisogno può cercarsi vestiti puliti in un cumulo di abiti portati sul posto da una delle tante ONG. Non ne ha bisogno la ventottenne irachena che attende con il marito ed i genitori di entrare in Slovenia. Scarpe, pantaloni e borsetta firmati, blusa e fazzoletto tipico delle giovani mussulmane. Trucco perfetto. Sembra pronta per una serata in un locale alla moda di Bagdad. Fa l’ingegnere meccanico. Sta andando in Germania o in Svezia dove sogna di trovare una casa, un lavoro e, tra qualche tempo, anche di fare dei bambini. Poco più in la sei ragazzi congolesi si siedono su un tappeto. Hanno appena tentato con scarso successo di passare in Slovenia: polizia dappertutto.

Sul ponte che divide la Slovenia dalla Croazia stanno di guardia alcuni uomini dei reparti speciali sloveni. Sono tranquilli. Scambiano qualche battuta con noi. Andiamo verso Obrežje, il valico autostradale che collega Lubiana con Zagabria. Ingenti forze di polizia stanno tenendo d’occhio un gruppo di migranti composto da molte donne e bambini. Funzionario dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati fanno la spola tra il gruppo e la terra di nessuno, con l’obiettivo di riunire le famiglie. Gli chiediamo come si comporta la polizia: “Tutto OK!” dicono “sono correttissimi”.

Qui, però, i poliziotti sono più nervosi che da altre parti. Non sembrano essere contenti di doversi occupare dei profughi ed ancor meno di avere tra i piedi tanti giornalisti che filmano e fotografano ogni movimento. Non ci fanno andare sino alla terra di nessuno, dove stazionano alcune centinaia di profughi. Sono insoddisfatti. Si sono trovati a gestire anche questa emergenza, si lamentano delle paghe basse e delle pessime condizioni di lavoro.

Intanto al valico sloveno – croato di Regence – Harmica la tensione sale. I profughi che vorrebbero entrare in Slovenia sono alcune centinaia. Sul posto sono arrivati anche gli attivisti dei centri sociali sloveni e croati. Hanno portato fiori, striscioni e megafoni. Si comincia a cantare, ballare ed ad organizzarsi. Un folto gruppo arriva a ridosso del valico. Quattro poliziotti croati, in maniche di camicia, danno ad intendere che non li ostacoleranno.

Sul ponte, proprio all’altezza del cartello che recita “Repubblica di Slovenia” sono schierati i reparti speciali in assetto antisommossa. Sullo sfondo l’insegna di un negozio recita beffarda: “Free travel shop”. Un fotografo passa dicendo ai poliziatti: “Ragazzi, mi raccomando, non fatemi fare le foto che ho fatto in Ungheria”. Dietro alle forze dell’ordine alcuni ragazzotti, che dicono di essere pompieri volontari, guardano la scena e non sembrano proprio dimostrare grande simpatia verso i migranti. Siamo nella Bassa Carniola, la zona più intollerante della Slovenia.
A un certo punto gli attivisti dei centri sociali ed i migranti rompono gli indugi e arrivano faccia a faccia con i poliziotti sloveni. Gridano: “Please open border”.

Dall’altra con un megafono si spiega che possono passare coloro che hanno i documenti in regola per entrare nell’area Schengen. La tensione non sembra dover salire più di tanto, poi ad accendere le polveri sono quelli dei centri sociali. Basta un po’ di spray al peperoncino per riportare la calma. La polizia slovena resta schierata si mettono a dormire sul ponte. La mattina dopo iniziano ad arrivare, con lentezza, gli autobus che porteranno i rifugiati ai centri di identificazione in Slovenia.

Sabato i profughi continuano ad arrivare alla frontiera, ma non si tratta né di un fiume in piena né di una marea. Domenica ad Obrežje, davanti al confine sloveno, oramai è sorta una vera e propria tendopoli. Circa 200 persone attendono di essere portate in Slovenia. Gli arrivi si sono praticamente fermati. Organizzazioni umanitarie provenienti da Slovenia, Croazia, Austria, repubblica Ceca ed anche Gran Bretagna hanno allestito tendoni in cui vengono distribuiti generi di prima necessità.

Non è un paradiso, ma non è nemmeno un inferno. Restano ad attendere, sono in maggioranza uomini. Le donne ed i bambini, sono stati i primi ad essere evacuati. Gli autobus continuano ad arrivare, ma molto lentamente. Il cielo è grigio. Si distribuiscono indumenti pesanti. Qualcuno attende oramai da tre giorni ed ha fretta di proseguire il viaggio. La sera arrivano gli attivisti dei centri sociali che ci mettono un bel po’ a convincere i migranti ad inscenare una protesta. Alla fine i profughi si siedono sulla carreggiata. Il traffico tra Slovenia e Croazia va in tilt. Si spostano quando vedono arrivare gli autobus. Il giorno seguente a Obrežje non c’è più nessuno. La tendopoli viene sgomberata. All’occorrenza verrà riallestita in poche ore.

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Dopo il disbrigo delle formalità i migranti hanno ottenuto una sorta di permesso per potersi trattenere, in Slovenia, per sei mesi. Molti sono stati portati in un campo profughi a Gornja Radgona o in un ex ospizio, paragonabile ad un albergo a tre stelle, a Lenart a pochi passi dal confine austriaco.

Non c’hanno messo molto a varcare la frontiera, dove ad attenderli c’erano gli uomini della polizia e della croce rossa austriaca. Non si fermeranno nemmeno lì. La meta è la Germania o i paesi scandinavi. Quelli che abbiamo incontrato raccontano che in Slovenia il trattamento è stato straordinario. Nella Stiria non è mancato nemmeno chi ha dato spontaneamente e gratuitamente un passaggio ai profughi verso il confine austriaco. Un attivista ci ha raccontato che alla stazione ferroviaria di Maribor, dove i profughi erano in attesa per l’Austria, alcuni musicisti locali hanno addirittura organizzato un concerto. Adesso si attende e si spera che la rotta migratoria non passi per la Slovenia e non metta il paese nella difficile situazione di dover scegliere tra rispetto delle regole ed umanità.

@stefanolusa

Profughi, reportage dal confine croato-sloveno ultima modifica: 2015-09-25T12:57:27+02:00 da STEFANO LUSA
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