Supponiamo che chi ti sta intervistando sia un nuovo cittadino di Venezia. Tenendo conto dell’imminente entrata in funzione del Mose e del problema del climate change, che soluzione gli suggeriresti per porre rimedio all’acqua alta?
a) stivali al ginocchio
b) stivali mezza coscia
c) stivali ascellari
Ride di gusto l’ingegner Paolo Canestrelli, abbandonando, per un attimo, quella serena atarassia che connota il suo parlare. E che te lo fa percepire come uno che di acqua sotto i ponti, e mai come nel suo caso l’esempio pare così calzante, ne ha vista scorrere, e di tutti i colori.
Entomologo di vocazione e ingegnere civile. Ma che proprio alla sua passione per gli insetti che lo porta a frequentare il Museo di Storia Naturale durante gli anni d’università, deve il fatto di entrare in contatto con la piccola stazione di osservazione delle maree. Scegliendo una tesi proprio sulle previsioni delle maree in laguna.
“Da veneziano – racconta Canestrelli – trovavo più utile studiare il problema dell’acqua alta e della sua previsione. Mio papà era un commerciante, e ricordo le tante volte in cui da ragazzo l’ho aiutato a mettere in salvo la merce che vendeva. Una volta laureato sono stato assunto in Regione, e poi grazie a un comando sono arrivato qui dove ho potuto svolgere l’attività a cui mi ero preparato”.
Diventò il direttore del Centro Previsioni e Segnalazione Maree che fu istituito dal Comune di Venezia nel 1980, a seguito di ripetuti eventi di alta marea che avevano colpito la città l’anno prima. Con il preciso compito di garantire alla cittadinanza la massima informazione sui malumori del mare, oltre a un tempestivo servizio di allarme in caso di acqua alta eccezionale.
Dopo gli anni iniziali, l’ufficio maree ha poi assunto forme di vita propria grazie alla costruzione di modelli per la previsione dell’acqua alta i prima sull’Adriatico e spaziando, poi, fino a tutta l’area del Mediterraneo al fine di raggiungere una precisione maggiore nella previsione dei fenomeni.
“Risale al 2003 – racconta Canestrelli – dall’altro lato di una scrivania ingombra di carte e fascicoli, la costituzione dell’Istituzione Centro Previsioni e Segnalazione Maree. Tuttavia, forse, per lo scarso interesse degli amministratori che si sono succeduti, alla maggiore autonomia allora ottenuta non ha corrisposto una politica adeguata di finanziamenti. In pratica, abbiamo operato come fossimo un ufficio normale dell’amministrazione. Senza una particolare possibilità di sviluppo, che è avvenuto invece negli anni della Legge Speciale per Venezia, quando, cioè, c’erano dei soldi. Quella parte piccolissima di fondi che allora è pervenuta al Centro Maree ha consentito che ci dotassimo di numerosi sistemi di ricevimento, sia di carattere meteorologico sia di monitoraggio sull’Adriatico. Ma ora sono sistemi che avrebbero bisogno di essere più all’avanguardia, modernizzati, se non in alcuni casi anche creati. Non abbiamo per esempio un sistema di boe oceanografiche in Adriatico. E capirai bene che questo è il punto più dolente per fare una previsione di marea adeguata”.
Le critiche alla precisione delle previsioni del Centro non sono certo mancate tra le calli cittadine.
“No, guarda – s’inalbera l’ingegner Canestrelli – numeri proprio non ne abbiamo mai sparati. Anzi, sono sempre state lanciate delle previsioni molto equilibrate che rispettavano le condizioni che avrebbero potuto verificarsi. Poi a Venezia ci sono sempre quelle condizioni per cui alla fine la città un po’ si salva. Gira il vento improvvisamente da scirocco in bora. Paff! Rimane tutta l’onda insaccata fuori delle tre bocche di porto e non viene dentro nulla. Ma la previsione era che doveva entrare tutta dentro. Ti spiego. Le situazioni meteo locali sono difficili – continua Canestrelli – da prevedere, al contrario di quelle su larga scala. Non a caso noi facciamo un briefing due volte la settimana, soprattutto il lunedì, per fare il punto meteorologico, che ritocchiamo in caso di giorno in giorno. Per accertare la situazione della direzione dei venti e la loro intensità. Per poter capire bene il fenomeno dell’acqua alta. Esistono molti centri nazionali e internazionali che producono dati sul vento. Spesso disomogenei. Per i meteorologi la cosa è abbastanza banale, dato che c’è un range di un cinque metri al secondo sul vento. Quei cinque metri di vento al secondo per noi fanno la differenza di decine di centimetri di marea. In pratica è questo il motivo per cui spesso noi siamo costretti un po’ a inseguire le previsioni, che man mano dobbiamo aggiornare”.
Messaggio pervenuto. A cui va aggiunto che alla situazione appena descritta vanno a sommarsi fenomeni indotti dal cambiamento climatico attualmente in atto, su cui il direttore del Centro Maree non nutre dubbi.
“Abbiamo visto un aumento – prosegue Canestrelli – un po’ a tappe e un po’ a rallentamenti e poi a rincorse, del medio mare che ora si attesta sui 30/31 centimetri con punte fino ai 40. Nel 2010 ha raggiunto appunto quella soglia che è il valore massimo storico da quando almeno si registrano i dati in maniera numerica e con strumenti all’altezza della situazione. Quando sono arrivato qua nell’80 eravamo sui 18 centimetri. La visione del futuro, desunta anche da tutti gli studi dell’IPCC su cui mi baso, prevede un rialzo costante e continuo fino al 2100. Sarà così? Non lo so. Magari sarà centimetro più o centimetro meno. Ma secondo questa ipotesi ci andremo ad attestare a un’ottantina di centimetri di rialzo rispetto al medio mare attuale. Minimo 30, mediamente 50, con un massimo di 80 centimetri. Gli 80 centimetri di marea si verificano oggi mediamente una cinquantina di volte all’anno? Per il futuro ci porteremo a quattro volte tanto. Questo significa che l’acqua alta in Piazza San Marco ci sarà sempre, cioè tutti i giorni o quasi. O almeno in tutti i giorni della stagione primaverile e dell’autunno”.
Canestrelli mi accompagna a visitare la sala operativa del Centro Maree mentre continuiamo la nostra conversazione. Lì è in corso un briefing dei suoi collaboratori impegnati a discutere i dati che da vari computer sui tavoli e dagli schermi Lcd appesi alle pareti.
Visto che già nei prossimi giorni, in un autunno ormai iniziato, sono all’orizzonte tempi duri, aprendosi quella che a Venezia si chiama la stagione delle acque alte.
“In alto Adriatico – dice Canestrelli – c’è una situazione per cui si accumulano di più i fenomeni meteo e dei venti di scirocco. La conseguenza è che Venezia risente maggiormente dell’innalzamento del medio mare. E i veneziani si sono ormai resi conto dell’effetto dei cambiamenti climatici in corso. Per esempio, non ci sono più gli anni in cui non si verifica un fenomeno di 110 centimetri. E ciò da almeno vent’anni. Anche se possiamo dire che il 2015, almeno finora, è andato bene. La cosa da dire è che in questi anni non ci sono eventi molto elevati, non registriamo degli storm prepotenti. Quello che si registra è invece la frequenza più alta con cui l’acqua viene in terra e raggiunge i 105/110 centimetri”.
Perfetto, ma c’è pure chi sostiene che qualcosa sia cambiato anche nella velocità delle correnti in laguna e alle bocche di porto.
“La situazione qui è di due tipi. Ovvero è dovuta in parte – prosegue Canestrelli – all’innalzamento del medio mare, ma soprattutto è dovuta ai lavori che sono stati eseguiti per la salvaguardia della città. Come il progetto Mose e le nuove strutture ad esso legate. Parlo delle dighe di lunata e delle altre strutture. Si sono in altre parole create delle distorsioni al sistema lagunare. Per spiegarti meglio, l’onda che dal mare ora entra in laguna arriva un po’ tardi, dato che si trova davanti delle resistenze idrauliche alla bocca di porto, come appunto le dighe di lunata. E’, per certi aspetti, un vantaggio. Perché ho dieci, dodici minuti in più per studiare il fenomeno e quindi maggior agio per fornire la giusta risposta. Per mettere, per esempio, in movimento le paratie del Mose, quando sarà finalmente in funzione. O per approntare provvedimenti a difesa in città. Di contro c’è che, una volta entrata, quest’onda troverà le stesse difficoltà a uscire. E questo è evidentemente un fenomeno negativo. Perché prolunga nel tempo l’allagamento, e se siamo in presenza di fenomeni sui 140 centimetri, di certo non è una situazione piacevole per la città”.
Quanto poi all’imminente summit a Palazzo Ducale dei ministri europei sulla situazione ambientale, il direttore del Centro Maree, uno dei massimi esperti al mondo sulle tematiche lagunari, non si attende molte novità, prevedendo che saranno ribaditi i temi dell’incremento del livello del medio mare e delle tematiche del global warming. Soprattutto per quanto riguarda tifoni e cicloni nelle aree in cui questi fenomeni generalmente avvengono.
“Non penso – afferma Canestrelli – ci saranno novità su queste tematiche, oltre a quelle che già non sappiamo. Siamo costantemente in contatto con tutte le città del mondo. Forse semmai è proprio Venezia che può dare qualche informazione in più delle altre. Stiamo vivendo un fenomeno generale, e anche i dati sulla subsidenza della città mettono in luce che il problema è quello dell’innalzamento del medio mare. Perché venendo alla subsidenza di Venezia, essa si attesta sui quattro centimetri al secolo. Un fenomeno quindi che potrei definire molto contenuto”.
Ma è sul ruolo del previsore, che Canestrelli insiste. Un ruolo che a suo parere assomiglia molto a quello del previsore meteorologico vecchio stile. Il cui compito è quello conoscere perfettamente la situazione meteo in atto non solo a Venezia, ma in tutto l’Adriatico.
“Quando c’è stato il terremoto in basso Jonio – dice Canestrelli – abbiamo registrato dieci centimetri con dodici tredici ore di ritardo. Un piccolo tsunami che è passato ovviamente inosservato. Ora pare ci sia una nota, che non ho ancora trovato, su un evento storico accaduto sui mille/millecinquecento anni avanti Cristo, di un terremoto in Istria che avrebbe provocato un’onda di tre metri. L’Istria è zona sismica. Se si ripetesse adesso una situazione simile, siamo fregati. E di questo mi sto preoccupando. I vulcanologi del resto dicono che un terremoto lì è possibile, visto che manca da tanto tempo. Se si verifica un evento di quel genere, l’onda non sarà molto alta ma sarà devastante, perché non hai la possibilità di allertarla, perché nel momento in cui la vedi è già entrata all’interno della laguna”.
“Insomma – conclude Canestrelli – bisogna inventare un qualche sistema di allerta rapida, come i nostri sms di avviso agli utenti in caso di acqua alta. Che gli stessi giapponesi ci stanno copiando per l’allarme dei terremoti. Quella dei possibili tsunami in laguna è una cosa su cui sto riflettendo ma che al momento purtroppo non ho risorse per poter affrontare seriamente”.
Tempo scaduto e dal regno delle nuvole Egnazio, il cui editto perenne non sempre i veneziani hanno saputo rispettare, sembra poter continuare a dormire sonni tranquilli.
Scendendo le scale di Palazzo Cavalli, la sede del Centro che si affaccia sul Canal Grande, rielaboro mentalmente la conversazione con l’ingegner Canestrelli.
Ah, dimenticavo. Circa il quesito a cui in apertura dell’intervista ho sottoposto Paolo Canestrelli, l’ingegnere non ha dubbi. All’ipotetico nuovo abitante di Venezia, Mose o non Mose, consiglierebbe l’acquisto sicuro dei due primi modelli di stivali. Mi sa proprio che il nostro sarà un futuro “in umido”.
Per la galleria fotografica che illustra le conseguenze dell’alluvione del 1966, si ringrazia l’Archivio della Comunicazione del Comune di Venezia e il dottor Tiziano Bolpin, responsabile del Servizio
Le foto di Paolo Canestrelli e del Centro Maree sono di Claudio Madricardo

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1 commento
nella foto del cofano con motore Seagull 2CV davanti alla farmacia in campo San Zulian, quello che voga a poppa ero io, ed è stata una esperienza incredibile in quei giorni.