Il caso di monsignor Negri e le opposizioni a papa Francesco

MASSIMO FAGGIOLI
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In ogni paese ci sono vescovi che rappresentano una chiara opposizione a papa Francesco. In Italia il caso di monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio dal dicembre 2012 (dopo sette anni di episcopato a San Marino), era già noto agli addetti ai lavori, e soprattutto ai cittadini e diocesani di Ferrara (tra i quali vi è anche il sottoscritto, sia pur residente in America dal 2008).

Monsignor Negri si è fatto conoscere per uno stile di rapporto invariabilmente aggressivo e stizzito con la città e la diocesi, e per decisioni per lo meno bizzarre circa il messaggio da inviare alla città su questioni importanti come il matrimonio e la famiglia (mi riferisco all’invito come relatore a un convegno diocesano rivolto a Mario Adinolfi). Quanto detto e fatto da monsignor Negri a Ferrara in meno di tre anni getta una luce sulle qualità umane e intellettuali di molti dei vescovi nominati da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. È questo il problema principale della chiesa cattolica oggi.

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Il caso è scoppiato con un resoconto pubblicato da Il Fatto Quotidiano, il 25 novembre, secondo cui monsignor Negri avrebbe fatto al telefono e in treno davanti a testimoni affermazioni gravi rispetto alla persona del papa e alle decisioni da lui prese (le recenti nomine episcopali a Bologna e Palermo). Non è dato sapere al momento quanto di quello riferito da Il Fatto Quotidiano sia stato effettivamente detto dall’arcivescovo di Ferrara. È un fatto però che la smentita di monsignor Negri non smentisce, ma anzi sembra quasi confermare, nel momento in cui chiede un incontro a papa Francesco. E un altro fatto che Comunione e Liberazione ha pubblicato ieri un comunicato in cui si prendono chiaramente le distanze da monsignor Negri, da sempre vicino al movimento (Il comunicato afferma che dal 2005 Negri non ha più incarichi in CL; è un fatto che in diocesi a Ferrara monsignor Negri è stato molto attento a CL).

Il caso di monsignor Negri è importante per alcuni motivi che vanno al di là della diocesi di Ferrara o dell’Italia. Il primo motivo è che questo caso dice qualcosa circa i movimenti interni all’opposizione a papa Francesco. Dal momento dell’elezione di Francesco, una parte consistente dell’episcopato mondiale e italiano ha dovuto sottoporsi a un processo di recezione e interpretazione del nuovo papa. Succede a ogni cambio di pontificato. Ma il passaggio del testimone tra Benedetto XVI e Francesco è stato sostanzialmente diverso dai precedenti: non solo perché Benedetto XVI lasciava il papato per rinuncia all’ufficio e andava a vivere in Vaticano non lontano da Francesco, ma anche perché l’episcopato mondiale – e specialmente italiano – è stato plasmato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI e molti vescovi vedono questo gesuita latinoamericano come un papa in buona parte estraneo alla cultura del cattolicesimo di Wojtyla e Ratzinger.

Ora, è evidente che un’opposizione a Francesco esiste e continuerà a esistere, ma il caso Negri è uno dei casi in cui è chiaro che questa opposizione si sta radicalizzando e perdendo quello che in teologia si chiama sensus ecclesiae – un sentimento di realtà e responsabilità verso la chiesa tutta. Lo si è visto al Sinodo dei Vescovi dell’ottobre scorso: le iniziative non regolamentari dei vescovi polacchi, la lettera (poi smentita da alcuni) dei tredici cardinali al papa, la falsa notizia della malattia del papa non hanno impedito a Francesco di portare in porto il Sinodo e il documento finale approvato in tutti i suoi paragrafi dalla maggioranza qualificata dei vescovi. L’opposizione a Francesco va sempre più spesso in fuorigioco (per usare un termine calcistico). Jorge Mario Bergoglio è teologicamente un centrista, e l’opposizione a Francesco mostra il suo volto estremista e ideologico.

Il secondo motivo ha a che fare con la posizione di Negri all’interno della chiesa italiana, dei rapporti con CL, e col discorso di papa Francesco a Firenze al convegno della chiesa italiana il 10 novembre scorso. Francesco ha chiesto ai vescovi di fare i pastori, e ha ridefinito il ruolo delle élite ecclesiali e in particolare dei movimenti come CL, che nella chiesa italiana di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI hanno ricoperto un ruolo particolare. Francesco è per una chiesa di popolo e non di élite – e le élite note come “movimenti ecclesiali” stanno andando incontro a una fase di rielaborazione del loro messaggio. I messaggi inviati da Francesco ai vari movimenti (CL, Neocatecumenali, scout cattolici, etc.) in questi due anni e mezzo di pontificato sono molto chiari quanto alla necessità di ripensarsi come contributo all’unità della chiesa e non come elemento di divisione. Il comunicato di CL di ieri quindi non deve essere letto tanto come una cinica presa d’atto della caduta in disgrazia di uno dei suoi vescovi e punti di riferimento in Italia, quanto come il sintomo di un dibattito interno a CL, tra le sue varie anime teologiche e politiche.

Uno dei tanti apporti dell'”effetto Francesco” è lo scompaginamento degli allineamenti ideologici all’interno della chiesa e delle sue divisioni. L’arcivescovo di Ferrara è uno di quei vescovi per cui il cattolicesimo va compreso, annunciato e applicato in termini ideologici. Non è un caso che monsignor Negri sia diventato l’emblema del disagio tra le élite ideologizzate ascese a posti di responsabilità nella chiesa cattolica che ora Francesco si trova a dover governare.

Massimo Faggioli

@MassimoFaggioli

Il blog di Massimo Faggioli sull’Huffington Post

Il caso di monsignor Negri e le opposizioni a papa Francesco ultima modifica: 2015-11-30T21:03:53+01:00 da MASSIMO FAGGIOLI
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