
Manifestazione di fronte alla Corte Suprema di Washington, (fonte: https://www.timeline.com/)
Perdura l’eco dell’orrore per le recentissime decapitazioni di quarantasette avversari politici in Arabia Saudita, uno dei paesi in testa alla disonorevole classifica delle nazioni che fanno registrare ogni anno il maggior numero di condanne a morte. Ma l’Arabia (in questo caso non felix) è in buona compagnia. Anzi figura sul gradino più basso del macabro podio della lista per numero di sentenze eseguite (ma non in senso assoluto, vale a dire non in proporzione alla popolazione).
La precedono la Cina che si ritiene abbia eseguito migliaia di sentenze capitali nel 2014 (le cifre di questa impressionante classifica sono, in Cina, protette dal segreto di stato e le cifre del 2015 non sono comunque definitive neanche per quanto riguarda molti degli altri paesi).
Secondo i dati di Amnesty International, il gigante asiatico precede l’Iran (289 esecuzioni riconosciute e almeno 454 non riconosciute), l’Arabia Saudita (almeno 90 esecuzioni riconosciute), l’Iraq (almeno 61) e gli Stati Uniti d’America (35 persone messe a morte).
“Occhio per occhio, dente per dente, finisce per rendere tutto il mondo cieco”. Questo detto del Mahatma Gandhi, è una delle citazioni più amate dagli attivisti anti-pena di morte. Lo ricorda nel suo ultimo libro (Life) Mario Marazziti, analista sociale e scrittore, dal 1970 con la Comunità di Sant’Egidio e tra i fondatori della Coalizione Mondiale contro la Pena di Morte. Il libro (“un racconto commovente e incredibilmente accurato”, lo ha definito Desmond Tutu), ricco di dati, analisi ed interviste, costituisce un ulteriore contributo alla crescente consapevolezza della inutilità della pena di morte anche come deterrente per i reati più gravi ed è al contempo una testimonianza di quanto molti Paesi abbiano fatto per l’abolizionismo sulla spinta della martellante campagna condotta da associazioni quali, appunto, Amnesty.

Protesta dopo l’esecuzione in Arabia Saudita dell’imam sciita Nimr al Nimr
La lettura dei dati forniti da Amnesty, la macabra contabilità delle persone appese a una corda, decapitate, uccise con iniezioni letali, non è peraltro lineare e di immediata comprensione. In senso lato, le esecuzioni sono infatti diminuite in gran parte dei paesi del pianeta così come continua a diminuire il numero degli Stati che uccidono i propri figli, come il Cronos della mitologia greca che li divorava.

Paesi con il maggior numero di esecuzioni capitali nel 2014 (fonte: Amnesty International)
Ma l’esplosione del terrorismo su scala planetaria ha indotto paesi come la Giordania e il Pakistan a sospendere una moratoria osservata da anni e altri due paesi, Nigeria ed Egitto, a fare massicciamente ricorso a fucilazioni di condannati per terrorismo, spesso dopo processi celebrati in modo, se non sommario, quanto meno sbrigativo. E da soli, Egitto e Nigeria hanno fatto salire il numero delle esecuzioni nel 2014. Il cammino “da Caino al Califfato, verso un mondo senza pena di morte” (l’esplicito sottotitolo del volume di Marazziti) è ancora molto lungo e dovrà superare ostacoli di ogni tipo, leggi, pregiudizi, imperativi religiosi, spirito di vendetta.

Stati in giallo nei quali non vige la pena di morte (fonte: https://www.timeline.com/)
Ma senza porsi “obiettivi impossibili”, l’umanità non avrebbe forse mai abolito la schiavitù o la tortura. Se si pensa che la civilissima Francia ha abolito la pena capitale, grazie a François Mitterrand, soltanto nel 1981 (il 9 ottobre) e che la Gran Bretagna ha formalmente abolito la pena di morte “in tutti i casi” nel 1999, si può facilmente intuire quanto arduo sarà il cammino auspicato, nel suo appassionato e appassionante libro, da Mario Marazziti, uno dei fondatori della Coalizione Mondiale contro la Pena di Morte, nata a Roma nel 2002, e che oggi presiede la Commissione Affari Sociale della Camera dei deputati.
- Nancy Nelson, right, and Mary Pat Treuthart, left, both of Spokane, Wash., protest in a fenced protest area outside the Washington State Penitentiary, Thursday, Sept. 9, 2010, in Walla Walla, Wash. Cal Coburn Brown is scheduled to be executed after midnight for the 1991 murder of Seattle-area woman. (AP Photo/Ted S. Warren)
Proteste negli Usa contro la pena di morte
L’Italia, o almeno una parte di essa, può essere giustamente fiera nel ricordare che fu il Granducato di Toscana il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte nel 1786, tre anni prima della Rivoluzione francese. C’è poi da sottolineare quello che appare come il più importante successo in assoluto per le campagne abolizioniste e i loro sostenitori in tutto il mondo. Nel 1977, neanche quarant’anni fa, il numero dei paesi abolizionisti era di appena sedici. Ad oggi, secondo i dati di Amnesty, il numero è salito a 140, una cifra che ha abbondantemente superato quella dei “mantenitori”, scesi ormai a 58. Un numero tuttavia ancora preoccupante reso ancor più sinistro dal fatto che in due di questi Paesi (Iran e Arabia Saudita) è prevista anche l’esecuzione pubblica dei condannati.
Ma, come Marazziti scrive a conclusione del suo interessante libro, “un mondo senza la pena di morte è possibile. E possiamo vederlo emergere, come la terra da acque millenarie. Sta già accadendo”. Mario Marazziti, “uno straordinario agitatore di coscienze e del cambiamento”, come lo ha definito Sister Helen Prejean, autrice di Dead Man Walking.

Mario Gazzeri

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