Lo stato delle ferrovie. Da far rizzare i capelli

GIORGIO FRASCA POLARA
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Nord-Sud: l’enorme divario non è solo economico e sociale, ma anche infrastrutturale. Non è la scoperta dell’acqua calda: se si mettono a raffronto il piano di investimenti sulla rete elaborato tra ministeri e Ferrovie (la ennesima “cura del ferro”) e il dossier di Legambiente Pendolaria, c’è ancora materia per far rizzare i capelli anche a un calvo.

In breve, gli investimenti sarebbero dell’ordine di nove miliardi destinati (manco a dirlo) anzitutto all’alta velocità ma poi anche a migliorare le tecnologie, a incrementare il traffico alternativo alla gomma, allo sviluppo dei cosiddetti corridoi (Scandinavia-Mediterraneo, Baltico-Adriatico, Reno-Alpi) e relative tratte di accesso.

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Se non che, si scopre appunto l’acqua calda: che i maggiori investimenti si concentrano al Centro-Nord, e sin qui niente di male ché lì sono concentrati i maggiori complessi industriali, i più intensi traffici commerciali, i più grandi agglomerati metropolitani, i più massicci trasferimenti di manodopera pendolare. Ma gli interventi programmati per il Mezzogiorno non è che siano relativamente più modesti: no, sono addirittura le briciole, meno di un decimo di quelli previsti nel resto del Paese. (Per non parlare della cifra stanziata per i treni dei pendolari: quattrocento milioni suddivisi tra Roma, Firenze, Milano, Torino e Bologna.)

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Di più: la maggior partemeglio, la quasi totalità – dei chilometri a binario unico sono in quel Sud che per giunta conta ancora il 41 per cento di rete non elettrificata. E di peggio: in alcuni territori sono letteralmente scomparsi i treni, visto che in questi ultimi anni sono stati dismessi ben 1.189 chilometri di linee, quelle che si stanno trasformando in piste per il mountain bike, in sentieri per camminatori e via dicendo. Anche di conseguenza sono i drastici tagli al servizio ferroviario regionale: – 26,4 per cento in Calabria, – 18,9 per cento in Basilicata, – 15,1 per cento in Campania, e persino al Nord, in Liguria, dove Legambiente ha contato un 13,8 per cento in meno di tratte. Per intenderci, i treni regionali che circolano tra Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna sono complessivamente meno di quelli della sola Lombardia (1.738 contro 2.300), e i convogli sono più vecchi al Sud che al Nord (20,4 anni di media contro  16,6) e naturalmente più lenti per mancanza spesso del doppio binario e della elettrificazione delle linee.

Capitolo a parte, e ancora più preoccupante è quello dell’alta velocità, il settore più redditizio tanto per Ferrovie quanto per Italo. La situazione a oggi: c’è l’asse Milano-Bologna-Firenze-Roma (+ 370 per cento in otto anni, contro un calo del 22,7 degli intercity e dei treni a lunga percorrenza) con due appendici: a Torino e a Napoli. Attivi i collegamenti Milano-Treviglio e Padova-Mestre. In più circa trecento chilometri di nuove linee risultano in fieri: la Milano-Verona-Venezia e il terzo valico tra Milano e Genova, in costruzione tra Treviglio e Brescia, e tra Genova e Tortona. Daccapo: e il Sud? Allo stato non si hanno notizie certe sull’avvio dei cantieri nella mitica tratta Napoli-Foggia-Bari, e ancor meno sull’apertura di due cantieri-chiave: la Salerno-Gioia Tauro-Reggio Calabria, e la Palermo-Catania-Messina (quest’ultima, almeno sul versante tirrenico, quasi tutta a binario unico).

Eppure un sistema ferroviario più equilibrato potrebbe essere una risorsa preziosa per tutto il Paese, non solo sul piano strettamente economico…

FRASCA

Giorgio Frasca Polara

Lo stato delle ferrovie. Da far rizzare i capelli ultima modifica: 2016-02-24T23:15:21+01:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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