Nel dedicar loro il tratto di strada dove hanno sede le loro imprese culturali, Palermo ha saldato un lungo debito contratto con Enzo ed Elvira Sellerio, grande fotografo lui, e fondatrice lei di quella casa editrice diventata celebre per una minuscola collana in veste blu, la “Memoria”, di cui fu inventore e primo mentore Leonardo Sciascia.
Sono scomparsi tutti e due, cinque anni fa lei, e tre lui. Ma le foto di Enzo sono un patrimonio mondiale della fotografia, mentre la casa editrice (cui in una prima fase contribuì anche il marito, prima di una affettuosa separazione), ora guidata dai figli Antonio e Olivia, e sempre a conduzione familiare, veleggia alla grande con una multiformità di collane in cui da un lato si riscoprono grandi ma misconosciuti capolavori, e dall’altro si lanciano autori letteralmente scoperti da Elvira. Il primo fu Gesualdo Bufalino, con quella straordinaria Diceria dell’untore; seguì Antonio Tabucchi con Notturno indiano; ma l’enorme successo (per l’autore e per le edizioni Sellerio, che stavano attraversando un momento difficile: è duro fare cultura in Sicilia) venne con Andrea Camilleri, la cui lunga serie sul commissario Montalbano rischia di offuscare alcune splendide sue opere realizzate scavando nella storia e nei miti della Sicilia del sei, sette e ottocento. E dopo Camilleri, sono “nati” i vecchietti toscani di Marco Malvaldi, e tanti altri…
Già l’accenno al momento di crisi, e all’assoluta, semigenerale indifferenza locale, spiega perché ho parlato di debito almeno in parte saldato domenica scorsa con una mezza giornata non di “commemorazione” ma di vivace, singolare gusto all’insegna delle multiformi esperienze di casa Sellerio. Alla dedica del tratto di quella centralissima arteria che è via Siracusa (saluto del sindaco Leoluca Orlando, folla di autori e di amici), è seguito infatti un curioso “corteo”: una banda intonava (bene) musiche gioiose e, dietro, tutti gli amici di Elvira e di Enzo. Una marcia, no: una passeggiata, in pieno sole primaverile (ma anche un po’ ventosa) sino al teatro Politeama dove, tra proiezione di spezzoni di documentari sul fotografo e sull’editrice e di diapositive delle più belle foto di Enzo; fra ritratti dei Sellerio curati da Adriano Sofri e letti dagli attori Anna Bonajuto e Luigi Diberti, e una intervista (registrata) a Camilleri, si sono rivissuti una miriade di momenti eccezionali della vivace esperienza di cultura, di inventiva e soprattutto di coraggio di “due geniali sognatori”, secondo l’affettuosa definizione-fulcro del caloroso messaggio di saluto spedito dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Altro che la atavica, stantìa cantilena sulla “pigrizia” della Sicilia e dei siciliani…
Pigrizia, dunque, no. Ma qualche piccola miseria, a fronte del debito saldato, c’è stata. E tocca registrarla anzi bisogna proprio farlo, se non altro per metterla a livello dello stupefacente segno che Elvira ed Enzo hanno impresso al prestigio della Sicilia e soprattutto alla cultura italiana. Come definire, dunque, la stupefacente petizione di qualche diecina di condomini di via Sellerio che si erano fieramente opposti alla nuova titolazione della strada accampando i più penosi pretesti anagrafici: dal cambio d’indirizzo alla correzione di qualche documento? Se non era una cattiveria (ma c’era anche quella: “Non mi erano simpatici”, testuale), era comunque una stupida ma vana carognata. E che dire della proprietaria del marchio di un’altra casa editrice, sempre con sede in via Siracusa, presa da un attacco di minacciosa gelosia se tutta la via e non solo quel tratto fosse stata dedicata alla memoria dei Sellerio?
Saranno (sono) piccole miserie, e tuttavia sta qui – nello jato tra cultura viva, operante e, per contro, deliberata, ostentata ignoranza o disprezzo anti-cultura – un elemento chiave per comprendere come e quanto sia duro, aspro, spesso disarmante fino alla amara rinuncia, far cultura nel Sud e particolarmente in Sicilia. Ché altrimenti nessuno si sognerebbe, per usare la metafora di Mattarella, di sottolineare il coraggio di Elvira e di Enzo, la ritrosia di entrambi per qualsiasi forma di esibizionismo, la loro testarda e vincente ostinazione nel fare cultura, e farla davvero bene. (È stata un’operazione culturale anche la instancabile caccia di Enzo al recupero, nei mercatini popolari palermitani, delle pitture su vetro, una tradizione importante e scomparsa. Lui ne è stato il collezionista più meticoloso, competente e invidiato, accumulando un patrimonio socio-artistico straordinario quando non c’era ancora la “moda” della loro raccolta. Oggi un vetro si valuta anche a milioni. Di euro.) Grazie Elvira, grazie Enzo.

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