L’elogio dell'”urbanista Mussolini”: è l’aria che si respira

ROBERTO D’AGOSTINO
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Stiamo parlando di urbanistica, di architettura o di democrazia?
L’intervento di Corsini*, già assessore all’urbanistica della giunta Alemanno, è curiosamente in linea con le proposte di rifacimento costituzionale sottoposte a referendum. Meno ostacoli, più governabilità, più centralizzazione del potere, meno concertazioni, meno intralci democratici, più sblocca Italia, dunque più efficacia, efficienza, rapidità, dunque migliore qualità.

È l’aria che si respira. Mussolini è l’urbanista più grande (e Acerbo il più grande riformatore di leggi elettorali). Per non scomodare l’efficienza delle soluzioni finali, è sufficiente dire che i regimi autoritari hanno più strumenti a disposizione per imporre il proprio punto di vista: che può esercitarsi nel fare una nuova città nell’agro pontino o nel demolire interi quartieri medioevali a ridosso di San Pietro.

Corsini ricorda l’imperatore Adriano, primo grande urbanista dell’urbe e ma va ricordato anche il potere autoritario dei vescovi nella chiesa delle origini che ha rapidamente e sistematicamente fatto piazza pulita dell’urbe di Adriano.

Per rimanere sul classico non è forse nella fiorente e rissosa democrazia ateniese che Pericle rende splendida la città e affida a Ippodamo la costruzione del Pireo? Ma qui bisognerebbe fare una lunga digressione sul rapporto tra Principe, Architetto e Popolo, e a come si è manifestato nel corso dei secoli.

Avviciniamoci nel tempo. Juscelino Kubitschek, presidente democratico, ha realizzato Brasilia in pochi anni, insieme all’architetto comunista Oscar Niemeyer: subito dopo la giunta militare l’ha rovesciato instaurando uno dei tanti regimi militari sudamericani che non si sono certo distinti per la buona urbanistica dei loro paesi. Mariano Arana, poi sindaco di Montevideo, durante la dittatura militare faceva opposizione al regime attraverso un movimento di salvaguardia del centro storico, che la giunta militare voleva sottoporre a pratiche demolitorie per favorire rapidità e modernizzazione. Patrick Abercrombie mentre il regime autoritario tedesco bombardava Londra presenta il nuovo grande piano regolatore della città con la previsione delle otto new town che verranno realizzate negli anni successivi.

Gli esempi di una buona urbanistica, da Amsterdam a Barcellona, fatta dai governi democratici sono innumerevoli: altrettanto non si può dire degli esempi di una buona urbanistica fatta dai regimi autoritari.

Forse il più importante contributo italiano alla cultura urbanistica internazionale nel dopoguerra nasce con l’esperienza emiliana, onusta di concertazioni, del recupero dei centri storici. Si parlava di “salvaguardia attiva”, vale a dire con la partecipazione dei cittadini, ed è diventato il modello internazionale per recuperare i centri storici, sancito dalla dichiarazione del Consiglio dei Comuni d’Europa che lo ha elevato a modello di riferimento internazionale. Dunque l’urbanistica democratica ha salvato i centri storici non solo italiani e si è contrapposta alle varie versioni di picconi risanatori tanto cari ai regimi autoritari.

Un’ultima considerazione, per tornare e chiudere con Mussolini. La politica del piccone risanatore è stata una pessima politica urbanistica, il disegno delle nuove città dell’agro pontino è stato un buon disegno urbano. Ma questo per una ragione che non aveva a che fare con i poteri autoritari, bensì perché Mussolini (a differenza di Stalin o di Hitler) aveva elevato a architettura di regime la traduzione italiana dell’architettura razionalista che, nonostante concessioni imperiali, manteneva forti agganci con il movimento moderno. Molto poco autoritario.

L’elogio dell'”urbanista Mussolini”: è l’aria che si respira ultima modifica: 2016-05-20T16:10:25+02:00 da ROBERTO D’AGOSTINO
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