C’è un’Italia che vuole ripartire per uscire definitivamente da una crisi che sta allentando la morsa, ma ancora tira il freno. È un Paese forte quando scommette su ciò che lo rende unico e desiderato nel mondo: cultura, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale; che è già proiettato nel domani, che crede nelle sue forze e nelle sue capacità, consapevole che la sua cultura dalla radici antiche è oggi un importante volano per la crescita. È un’Italia che guarda avanti con coraggio senza dimenticare la sua storia, che coglie le opportunità della green economy e della digitalizzazione ma non dimentica la sua natura artigiana, fatta di piccole e medie imprese che traggono la loro forza dalla sapienza dei territori, dai loro saperi e dalla loro coesione.
Certo non si cancellano i problemi – non solo il debito pubblico, ma le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia inefficace e spesso soffocante – ma occorre mostrare le forze alle quali attingere per affrontarli.
È questo lo scopo del rapporto “Io Sono Cultura” realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere. Un’analisi che scandaglia il sistema produttivo culturale fatto di musei, gallerie, festival, beni culturali, letteratura, cinema, performing arts, ma anche industrie creative e made in Italy: cioè tutte quelle attività produttive che non rappresentano in sé un bene culturale, ma che dalla cultura traggono linfa creativa e competitività; come il design, l’architettura e la comunicazione. E conferma che con la cultura l’Italia “mangia”. Eccome.
I dati dimostrano che la cultura è uno dei motori più importanti della nostra economia: produce il 6,1 per cento della ricchezza: 89,7 miliardi di euro. Ma c’è di più: la cultura ha sul resto dell’economia un effetto moltiplicatore pari a 1,8. Per ogni euro prodotto, se ne attivano 1,8 in altri settori. Gli 89,7 miliardi, quindi, ne “stimolano” altri 160,1, per arrivare a 249,8 miliardi dell’intera filiera culturale, il 17 per cento del valore aggiunto nazionale. Il turismo è il principale beneficiario di questo effetto volano: più di un terzo (il 37,5 per cento) della spesa turistica nazionale è attivato proprio dalla cultura.
Confrontando i dati con quelli degli ultimi cinque anni, i valori complessivi della filiera sono in crescita, pur di poco o pochissimo: +0,6 per cento il valore aggiunto, +0,2 per cento gli occupati. Valori il cui peso si comprende a pieno solo confrontandoli con quelli, di segno opposto, del complesso dell’economia: -0,1 per cento il valore aggiunto, -1,5 per cento l’occupazione.
Guardando più da vicino i numeri, ci accorgiamo che è in forte sviluppo tutto il comparto che riguarda le tecnologie digitali, dove cresce un nuovo artigianato che si muove dalle stampanti 3D alle produzioni a forte base culturale, spesso legate alla fruizione del patrimonio culturale, sino ai segmenti creativi del design (+10,8 per cento per valore aggiunto e +13,8 per cento per occupazione), a quello discografico (+3,0 per cento per valore aggiunto) o dei videogame (+3,7 per cento per il valore aggiunto e +1 per cento per occupazione); settori, questi ultimi, dove nel passato l’Italia aveva accumulato forti ritardi.
Anche sul fronte del lavoro il sistema produttivo culturale si dimostra fondamentale con 1,5 milioni di persone occupate, il 6,1 per centi del totale in Italia; senza considerare i posti di lavoro attivati negli altri comparti della nostra economia dove, oltre al turismo, c’è anche il mondo dell’agroalimentare, con un connubio sempre più diffuso fra cibo e cultura.
Il report coglie fenomeni che si espandono dalla semplice dimensione imprenditoriale e produttiva per incrociare quella delle collettività e delle comunità, in una riscoperta del patrimonio culturale come bene da condividere. Lo si vede, ad esempio, nel lavoro delle associazioni, del mecenatismo partecipato, dei centri di produzione culturale indipendenti, dell’azionariato popolare. Fenomeni che parlano di una possibile relazione pubblico-privato che va ben oltre il tema delle sponsorizzazioni. Pensiamo a Matera che, ad un anno dalla nomina di Capitale Europea della Cultura per il 2019, vive una crescita costante del turismo, con un più 140 per cento di presenze.
Questo trend positivo del sistema culturale è stato favorito anche dall’Art Bonus, il credito d’imposta introdotto nel 2014 e che, ad oggi, ha registrato 2.728 donazioni per 62 milioni di euro; ma soprattutto segnala un avvicinamento tra beni storico artistici e forze della società che si esprime non solo in versamenti in denaro, ma anche in impegno civico, di tempo ed energie dedicate al patrimonio culturale. È rilevante che tanti ragazzi abbiano scelto per l’esame di maturità la traccia sul paesaggio e la bellezza dell’Italia. Viene in mente il discorso di Bob Kennedy in cui disse: ““il Pil misura tutto eccetto quello che rende la vita degna di essere vissuta”. I Numeri del rapporto ci dicono perché essere orgogliosi del nostro Paese.
Dalla ricerca emerge un’Italia che è già proiettata nel domani, che crede nelle sue forze e nelle sue capacità, consapevole che la sua cultura dalla radici antiche è oggi un importante volano per la crescita. Un Paese che guarda avanti con coraggio senza dimenticare la sua storia, che coglie le opportunità della green economy e della digitalizzazione ma non dimentica la sua natura artigiana, fatta di piccole e medie imprese che traggono la loro forza dalla sapienza dei territori, dai loro saperi e dalla loro coesione. Un’Italia che fa l’Italia, che può vincere la sfida del futuro.
“Le cose più belle non sono perfette. Sono speciali”. Diceva Bob Marley. “Io sono cultura” mostra un’Italia che non è perfetta ma che fa l’Italia, che può vincere la sfida del futuro.

Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, promotore e presidente di Symbola

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