Ricercati eccellenti. A Dubai per non tornare mai

GIORGIO FRASCA POLARA
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Torniamo per la terza volta (e con nuove, stupefacenti novità) sull’inquietante questione della mancata approvazione da parte del nostro governo del trattato sulla cooperazione giudiziaria tra Italia ed Emirati Arabi, firmato a settembre dell’anno scorso dal ministro della giustizia Andrea Orlando e dal suo omologo Sultan Bin Saed Al Badi.

Attenzione: il disegno di legge di ratifica del trattato era stata messa all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri già il 3 marzo scorso, ma non se n’è fatto nulla con la giustificazione che erano necessari alcuni approfondimenti. Bene, da allora sono passati invano quasi sette mesi, e anzi il Guadasigilli, rispondendo per iscritto ai deputati dem Miccoli e Verini, ha annunciato che c’è ancora bisogno di “approfondite riflessioni”. Con il risultato che un pugno di latitanti, che negli Emirati si sono rifugiati, possono starsene ancora tranquilli, e chissà per quanto tempo ancora. Una volta, infatti, che il governo licenziasse il provvedimento, esso dovrà andare all’esame prima delle commissioni parlamentari e poi delle assemblee di Camera e Senato…

L’occasione della (speriamo imbarazzata) risposta del ministro Orlando è stata dovuta alla necessità di rispondere ad una interrogazione in cui si poneva il problema dell’estradizione di uno dei latitanti che si godono il sole a Dubai: Samuele Landi, ex amministratore delegato di Eutelia (telefonia), inseguito da due ordini di cattura e da due condanne in primo grado a nove e a sei anni per la bancarotta dell’azienda che ha coinvolto duemila lavoratori. Orlando rivendica all’Italia l’iniziativa dell’accordo che – si badi – non riguarda solo le condanne definitive ma anche le inchieste e i processi in corso.

E tuttavia, aggiunge il ministro:

l’indiscutibile necessità di potenziare gli strumenti della cooperazione giudiziaria deve mantenere un imprescindibile e saldo ancoraggio con i valori fondamentali del nostro ordinamento.

Per questa ragione – aggiunge – sono attualmente in corso approfondite riflessioni volte a individuare formulazioni normative che possano permettere la ratifica dell’accordio nel rigoroso rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento.

Di fronte a queste argomentazioni, francamente un po’ fumose, si pongono alcune allarmate domande. La prima riguarda lo stesso ministro Orlando e gli uffici del suo ministero: come mai di queste “approfondite riflessioni” non c’era stato bisogno un anno fa, al momento della firma del pre-accordo? Eppure all’intesa si era giunti non da un giorno all’altro ma a conclusione di un delicato e complesso negoziato in cui, con tutta evidenza, erano stati considerati tutti i complessi problemi connessi all’estradizione non solo di Landi, ma anche dell’ex deputato berlusconiano e potente armatore Amedeo Matacena, condannato (lui in via definitiva) per mafia; il costruttore fallito Andrea Nucera, cui sono attribuiti legami con la ‘ndrangheta; e ancora altri latitanti.

Allora si può ipotizzare che non da Orlando siano venuti e vengano tuttora gli ostacoli alla deliberazione del Consiglio dei ministri, ma da altri ministeri e per altri motivi che non riguardano la posizione giuridica di un pugno di fuggiaschi. Le ipotesi sono almeno due. Anzitutto l’export con gli Emirati. Dubai è il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane nel Medio Oriente e Africa: tra i paesi dell’Ue l’Italia è il secondo esportatore dopo la Germania e prima della Francia.

Non è escluso insomma che i bastoni tra le ruote siano stati messi o dai ministeri economici e da organismi ad essi collegati, o – come si usa dire, talora a sproposito ma non in questo caso – da “poteri forti”, interessati a non turbare un canale prezioso per esportazioni di rilevante valore. Un’altra ipotesi, almeno concorrente, può essere costituita dalle lobbies cui i latitanti si sono rivolti e si rivolgono per garantirsi la protezione dalla giustizia italiana. Come abbiamo già altra volta segnalato, ci sono avvocati specializzati in diritto internazionale che si offrono, pubblicamente, per assicurare “luoghi migliori di altri” in cui sfuggire alla giustizia italiana, e tra questi ovviamente c’è Dubai.

Tutto questo continua ad avvenire in barba alle esasperate attese delle procure e delle polizie che da un capo all’altro del nostro Paese assistono impotenti a queste incredibili e pretestuose vicende, un vero e proprio insulto al lavoro della giustizia italiana.

Ricercati eccellenti. A Dubai per non tornare mai ultima modifica: 2016-09-19T16:41:13+02:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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