L’autentico The Donald contro Trump “presidential”

GUIDO MOLTEDO
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Del più atteso dibattito televisivo nella storia delle presidenziali statunitensi, quasi niente interesserà i posteri. Niente di paragonabile ai duelli Kennedy-Nixon o Reagan-Carter. Neppure una frase. Al massimo si ricorderà il record degli spettatori, oltre cento milioni in America e chissà quanti altri nel resto del mondo. Sarà però indimenticabile il vecchio The Donald che tira frequentemente su col naso, ha un brutto colorito, suda, non fa che bere acqua, si altera incongruamente più di quanto normalmente non faccia. Sniffato cocaina? Malignità del web che ama costruire le più bizzarre congetture sulla base anche di futili indizi. Sennonché ad affermarlo è un medico, il dottor Howard Dean, che può darsi anche che parli questa volta più da politico di lungo corso, democratico, quale egli è, ma intanto la sua è un’affermazione forte. “Notate come Trump non faccia altro che tirare su col naso. Consumatore di coca?” ha twittato durante il dibattito l’ex-governatore del Vermont ed ex-presidente del Partito democratico.

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Certo, nell’immediato, è chiaro che un evento così sembra avere chissà quale portata e chissà quali conseguenze, e non può che essere osservato, analizzato soppesato, in tutti i suoi aspetti e nei minimi dettagli. Eppure resta difficile considerarlo un punto di svolta decisivo nella corsa verso la Casa Bianca. Se dobbiamo ridurlo a termini puramente sportivi, com’è inevitabile che si faccia, si può concordare con l’idea prevalente che l’esito sia da considerare un successo per Hillary. Che non significa necessariamente una sconfitta per Trump, tanto meno una sconfitta determinante ai fini del voto di novembre.

Che Hillary abbia vinto il primo dei tre dibattiti televisivi, lo dicono tutti o quasi. Ed era ampiamente prevedibile. Ma che cosa significa? Che conseguenze avrà, questa sua vittoria, sul prosieguo della corsa presidenziale? Produrrà consensi, specie nel campo ancora vasto degli indecisi, convincerà gli elettori democratici più riluttanti? I sondaggi ci diranno presto qualcosa in proposito. Ma soprattutto: l’esito del duello influenzerà, e come, i comportamenti dei due candidati nelle prossime settimane, nei prossimi due dibattiti? In particolare, Trump, se si sentirà lui lo sconfitto, come – e se – rimodellerà la sua strategia?

C’è chi, tra i suoi attuali strateghi e i suoi familiari, lo vorrà più presidential, cioè meno impulsivo, meno approssimativo e più preparato sui dossier, e c’è chi – egli stesso innanzitutto, il migliore stratega di Trump è Trump – lo spingerà a incrementare decisamente proprio il suo stile senza inibizioni, istrionico, scomposto, viscerale. Lo stile che gli ha consentito di arrivare dove è arrivato.

The Donald, nella sua performance, è apparso in bilico tra queste due “maschere”, tra quella del would-be-president, del presidente in pectore, e quella sua solita del macho senza freni. Questa oscillazione gli ha nuociuto, l’ha reso incerto e sulla difensiva, e così ha deluso sia la platea da convincere, di coloro che potrebbero pure votarlo ma in fondo ne temono l’irruenza, e la platea dei suoi aficionados che adorano le sue sparate, le sue evidenti bugie, la sua misoginia tanto quanto i suoi avversari le detestano e le vivono come un incubo, al pensiero che uno così potrebbe finire nello studio ovale.

È facile prevedere che da questo momento in poi prevarrà la seconda “maschera”. Perché gli è più congeniale. Perché gli funziona meglio. L’altra, quella dell’adulto, della persona seria e affidabile, proprio non è in grado di indossarla, gli pesa come un’armatura che l’impaccia. Rimanere ancora in bilico tra le due “maschere” sarebbe per lui la scelta peggiore. Quindi c’è da attendersi un ulteriore incattivimento del personaggio.

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Nel dibattito, si è osservato che i suoi attacchi personali sono stati, per i suoi standard, contenuti. Si è lamentato della campagna clintoniana di spot televisivi che l’attaccano personalmente e ha minacciato larvatamente ma evidentemente la ritorsione quando ha affermato che nel dibattito si è risparmiato gli attacchi più bassi nei confronti di Hillary. “Stavo per dire qualcosa di estremamente pesante contro Hillary, la sua famiglia, ma mi sono detto: non posso, proprio non posso farlo, sarebbe fuori posto”. Chiara l’allusione all’affaire Lewinski. Dopo il dibattito ha detto che si è tenuto anche perché in platea c’era Chelsea ma che al prossimo “colpirà più duro”. Ammesso che ci siano i prossimi due dibattiti previsti (più quello che vedrà impegnati i due vice).

Trump minaccia di non prendervi parte, se il format ricalcherà quello di lunedì. In effetti, il faccia a faccia, come si è visto, penalizza un istrione a corto di argomenti e allergico a ragionamenti argomentati. Trump se n’è reso conto, se la prende con la Cnn, ma ha capito che un altro paio di prestazioni come quella alla Hofstra University gli saranno fatali.

Sul fronte opposto, si è vista, alla fine del duello, una Clinton molto tonificata dalla sua performance. Ancora una volta, ha confermato che dà il suo meglio quando è impegnata in uno scontro duro, senza esclusione di colpi. Non ha dovuto recitare la parte che molti le consigliavano, proponendole una recitazione come fosse Bill con la gonna, più alla mano, più empatica, più “umana”. Con un tipo come Trump, che ha una bassissima concezione delle donne, funziona una figura capace di mandarlo ko con la fermezza e con qualche colpo azzeccato, e lei è riuscita brillantemente in questo.

Al dibattito i duellanti sono arrivati su un piano di sostanziale parità nei sondaggi. La corsa vera inizia adesso. I due contendenti, con questo confronto, hanno definito le loro figure. Hillary consolida la reputazione ampiamente conosciuta e riconosciuta di aspirante alla massima carica americana, preparata, tenace e pugnace; The Donald – col suo oscillare, di cui abbiamo detto, tra due “maschere” – conferma l’immagine di un candidato forte sul terreno dello scontro proprio di una campagna elettorale ma ampiamente e inquietantemente enigmatico per quanto concerne la sua capacità di esercitare, se eletto, i poteri presidenziali. Potrebbe correggere il profilo, come si è detto, ma anche se lo facesse, quanto si è visto lunedì notte non può essere rimosso dalle menti degli spettatori. La sua impreparazione, per usare un termine gentile, a ricoprire la carica di presidente è apparsa evidente e non potrà essere cancellata, specie se sceglierà definitivamente la “maschera” del macho senza se e senza ma.

La scelta, per gli elettori, adesso è chiara.

L’autentico The Donald contro Trump “presidential” ultima modifica: 2016-09-27T16:03:18+02:00 da GUIDO MOLTEDO
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