Berlusconi? “È troppo intelligente per impegnarsi seriamente in questa campagna”: se lo dice Pier Ferdinando Casini (intervista a Il Messaggero), c’è da crederci. Perché, in effetti, anche la logica elementare suggerisce che il Cavaliere non possa che nutrire sentimenti ambivalenti nei confronti della riforma costituzionale renziana e, di conseguenza, dell’atteggiamento da tenere nel referendum. La materia è già stata ampiamente analizzata, ma vale la pena di riassumerne i dati essenziali.
Dunque: dal punto di vista di una destra ragionante, la riforma non è da buttar via. Ha pecche e difetti, ma anche molti punti di contatto con il progetto a suo tempo varato, e poi bocciato proprio da un referendum, dall’allora premier Berlusconi. Tuttavia, schierarsi apertamente con Renzi non è possibile. Immaginatevi la reazione di Salvini e di Meloni, senza contare la prevedibile rivolta della nomenklatura forzista. Per di più, l’appoggio aperto del Cavaliere rischierebbe di indebolire lo stesso Renzi, visto che anche l’elettorato di sinistra orientato verso il Sì non digerirebbe l’”inciucio” con il vecchio e sempre odiato nemico.
D’altra parte, è improbabile che una vittoria del No incoroni vincitore Berlusconi. A intestarsi il trionfo sarebbero in tanti, ma tra tutti sarebbe uno solo a svettare: Beppe Grillo. Perfino il loquace Salvini stenterebbe a farsi sentire. E va da sé che Forza Italia, insieme al suo fondatore, finirebbe relegata nel ruolo di portatrice d’acqua.
La vittoria del Sì offre invece migliori opportunità. Berlusconi sarebbe tra i perdenti, vista la posizione ufficiale del suo partito. Ma tra quei perdenti sarebbe l’unico a potersi offrire a Renzi come interlocutore possibile per il dopo referendum. Perché Renzi di un interlocutore avrà bisogno, visti i rapporti di forza nell’attuale Parlamento, che comunque dovrà rimettere mano alla legge elettorale prima di sciogliersi. E così il Cavaliere risalirebbe in sella.

Silvio Berlusconi ritratto da George W. Bush
Ecco dunque spiegato il complesso esercizio di equilibrismo in cui sembra impegnato Berlusconi. Fa campagna per il no, ma al minimo sindacale. E intanto lascia che gli intimi, da Fedele Confalonieri a Gianni Letta (Massimo Cacciari sostiene che tra questi ci sia anche la figlia Marina), confessino di votare Sì senza timore di essere scomunicati.
Questo, naturalmente, allo stato attuale delle cose. Perché c’è da scommettere che Berlusconi seguirà i sondaggi con la massima attenzione. Se si convincerà che il No ha serie possibilità di prevalere allora tornerà in scena con tutta l’enfasi necessaria per sostenerlo. Se avverrà il contrario, e cioè sarà il Sì a trovarsi in pole position, l’afasia berlusconiana si accentuerà e si moltiplicheranno le strizzate d’occhio in direzione di Palazzo Chigi.
Il Cavaliere, cioè, pensa al dopo referendum, al contrario dei dirigenti di Forza Italia, che appaiono affetti da improvvisa e grave miopia. E vuole ritagliarsi un posto da protagonista comunque vadano le cose. Fantasticando sul futuro, due scenari sembrano plausibili. Il primo è che Renzi vinca, e che un Pd depurato dalle ultime scorie della sinistra interna si rivolga a Berlusconi, anche lui libero dai pezzi più esagitati della classe dirigente forzista, perché lo aiuti a completare il percorso. Con la speranza che l’elettorato moderato, componente forte del fronte del Sì, finisca per confluire stabilmente in un Pd che, a quel punto, avrà cambiato pelle. Renzi ne ricaverà l’egemonia, Berlusconi l’onore del king maker.
Il secondo scenario è che Renzi perda, e qui le cose sarebbero un po’ più complicate, perché gli oppositori dei due leader nei rispettivi schieramenti risulterebbero più forti di prima. Però la bandiera comune diventerebbe la costruzione di un argine contro i grillini trionfanti e una destra estrema arrembante. Ci sarebbe da sostenere un governo, l’attuale o uno diverso, che porti il paese alle urne con una nuova legge elettorale. Insomma, gli spazi di convergenza ci sarebbero anche in questo caso. Certo, Renzi sarebbe molto più debole, ma questo renderebbe più facile a Berlusconi tendergli la mano.
Alla fine, si capisce perché il Cavaliere voglia tenersi aperte tutte le strade. E chi vivrà vedrà.

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