“Il Cile, la Chiesa, l’asado del papa”. Conversando con padre Montes

Com'è cambiato il paese di Allende. La chiesa di Bergoglio. L'America Latina. Ne parliamo con l'ex-rettore dell’Università Alberto Hurtados di Santiago del Cile e ex-superiore dei gesuiti cileni
CLAUDIO MADRICARDO
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[da Santiago del Cile]

Fernando Montes è stato rettore dell’Università Alberto Hurtados di Santiago del Cile per un periodo lungo diciotto anni, carica che ha lasciato recentemente, e superiore dei gesuiti cileni. Le cronache locali lo descrivono come un amico dell’attuale presidenta Michelle Bachelet, una delle poche persone estranee alla politica a essere invitato ai suoi compleanni. Mi riceve nella casa che ospita la piccola comunità di professori, tutti gesuiti, in Calle Cienfuegos, in centro città.

“Il Cile era realmente il finis terrae. Quando dal Perù arrivarono gli spagnoli con Diego de Almagro pensarono che questa terra non valeva la pena e se ne andarono. Poi venne Pedro de Valdivia che fu il vero conquistatore del paese. Abbiamo più di millecinquecento chilometri di deserto al nord, che è il più arido della terra. Una cordigliera a est con vette alte fino a settemila metri, l’oceano Pacifico e la regione antartica. Siamo isolati. Per questo internet per noi è stato doppiamente impattante e ha distrutto le frontiere”.

Inizia così Fernando, come preferisce essere chiamato, seduto su una poltrona della saletta dove i padri gesuiti guardano la televisione. Mentre mi offre un caffè, e si scusa per la sua vaga somiglianza con quello italiano. Vivo ricordo dei suoi soggiorni romani.

“Grazie all’intervento dei gesuiti nel XVII secolo La Corona spagnola riconobbe la sovranità del popolo mapuche, caso unico in America, e tolse la colonia. Perché questo popolo era terribilmente guerriero e in relazione alle risorse del paese non valeva la pena mantenere un esercito che lo combattesse”.

Fernando, passiamo alla situazione odierna del paese. Le ultime elezioni municipali del 23 ottobre hanno registrato un 65 per cento di astensionismo. Che sta succedendo al Cile?
Bisogna vedere le cose in prospettiva. Questo paese ha avuto uno sviluppo molto disintegrato nella sua storia. Quando nel XIX secolo ottenemmo l’indipendenza, in dieci anni riuscimmo a costruire un paese politicamente organizzato, con una costituzione, partiti politici e elezioni democratiche. Non c’è nessun paese latino americano e nemmeno europeo, salvo l’Inghilterra, che ebbe la stabilità politica che avemmo noi nell’800. Però questo sviluppo politico fu totalmente disgiunto da quello sociale e economico. E questa situazione deflagrò alla fine del secolo, quando ci fu una guerra civile a seguito della politica di un presidente che volle cambiare le cose. In breve, a fronte dello sviluppo politico le diseguaglianze sociali erano invece enormi. Tutto il ‘900 fu caratterizzato da una lotta per superare questa realtà. Fu allora che nacquero i sindacati, il partito socialista e il partito comunista. Nel 1939 il Cile ebbe un governo di fronte popolare, con comunisti e socialisti al governo. Per arrivare in seguito all’esperienza di Allende, con enormi sforzi di sviluppo sociale. Sfortunatamente si trascurò lo sviluppo economico affinché la riforma sociale fosse sostenibile. Procurammo nuovamente uno sviluppo non equilibrato.

Perché il Cile è un paese di terratenientes?
Oggi no, e grazie alla riforma agraria di Eduardo Frei e di Salvador Allende, ha saputo mettere fine al latifondo. Oggi l’agricoltura cilena è straordinariamente moderna e esporta frutta. Ma è evidente che la vecchia classe di terratenientes si è trasformata e ha investito nell’impresa. Quello che voglio dire è che questo sviluppo sociale senza un contestuale sviluppo economico ha determinato la caduta di Allende. Cui ha fatto seguito il periodo militare durante il quale tutte le politiche si concentrarono sullo sviluppo economico a scapito di quello politico e sociale. In Cile si applicò allora la teoria di Chicago.

Milton Friedman
Milton Friedman, e l’ho sentito io stesso, disse che in questo paese si è applicata la sua teoria con più forza di quello che egli stesso avrebbe potuto pensare. Grazie al governo militare si impose una economia della concorrenza. Questo ha creato un boom economico assolutamente insospettabile tanto che oggi siamo il miglior paese per reddito in America Latina ma con una totale sottovalutazione dell’aspetto sociale e politico. Oggi quindi abbiamo tutto, ma siamo scontenti per quanto riguarda la sfera della politica e abbiamo una società competitiva e individualista dove ognuno difende il proprio diritto. È quindi normale che tu non vada a votare, perché ciascuno sta difendendo la propria visione, che è la conseguenza di una visione ultra neo liberale. L’ho detto anche a gente di sinistra, che non si rende conto di essere neo liberale. Parlano di diritti, senza parlare di quali sono le responsabilità.

Molti paesi dell’America Latina sono governati dalla sinistra, e in Europa la socialdemocrazia non sa trovare ricette differenti rispetto al welfare del dopo guerra.
A differenza dei paesi europei, quelli latino-americani hanno avuto spesso deficienze democratiche. In più c’è da ricordare che la fine del muro di Berlino ha prodotto la crisi dell’ideologia e del marxismo. Ora Cuba non è l’ideale dello sviluppo, anche se come paese ha conseguito dei risultati notevoli in molti campi. Ma senza dubbio ora non rappresenta nessun esempio per l’America Latina, come invece lo era negli anni ’60.

Torniamo al Cile. La chiesa cilena si è opposta alla dittatura.
La Chiesa cilena fu molto importante per la difesa dei diritti umani. Il cardinal Silva ebbe un ruolo cruciale per il paese, e ora perfino una banconota porta la sua immagine. In Cile, al suo riguardo, si parla del “Cardinale”. Quando morì, nelle strade di Santiago la gente gridava “Raúl, amigo, el pueblo está contigo”. Un uomo notevole che si spese per la difesa dei diritti senza alcuna preclusione nei confronti di nessuno, comunista o anarchico che fosse. Questo determinò una situazione estremamente privilegiata per la Chiesa, grazie al prestigio acquisito.

Bisogna inoltre ricordare il ruolo che ebbe monsignor Sodano, che iniziò la sua carriera diplomatica in Cile e poi fu anche nunzio apostolico e in seguito Segretario di Stato Vaticano. Egli ebbe una visione abbastanza differente del paese rispetto alla maggioranza dei vescovi locali. E in particolare molto differente da quella avuta dal Cardinale Silva riguardo al governo di Pinochet. Quando il Cardinale presentó le sue dimissioni vennero accettate immediatamente e cominciò un lento processo di cambiamento nell’episcopato nazionale. Questo processo si accentuò quando Monsignor Sodano arrivò ad essere Segretario di Stato. Designò nunzi molto affini al suo modo di pensare e seguì da vicino l’evoluzione della Chiesa cilena. Si nominarono vescovi con  una differente sensibilità.

Ora abbiamo avuto un cambio radicale nella conferenza episcopale cilena, con gente di valore, ma molto focalizzata intorno ai temi della sessualità e della famiglia. Molto meno sensibile a una visione d’insieme. Probabilmente ha pesato lo scandalo di padre Fernando Karadima che ha operato presso ambienti cattolici dell’alta società determinando molte vocazioni. Poi si è scoperto che in quella esperienza ci furono abusi di coscienza, compresi casi a sfondo sessuale, che hanno provocato un enorme scandalo per anni. Oggi non c’è nessuno in Cile che non parli del caso Karadima. E disgraziatamente sono stati coinvolti cinque vescovi. Questo ha creato una crisi di credibilità della Chiesa cilena che ora si sta occupando più di temi etico sessuali e meno a quelli legati alla situazione politica e economica e di giustizia.

Come vede il prossimo futuro del Cile?
Vedo molta crisi nei partiti politici a fronte di un desiderio di partecipazione da parte dei cittadini soprattutto attraverso le reti sociali. Questo spiega l’astensione nelle elezioni di autorità pubbliche. Tuttavia non vedo programmi coerenti e con possibilità reale. Siamo impressionati dagli scandali che hanno colpito gli ambienti politici, ma in un anno si sono fatte moltissime leggi di trasparenza. Oggi per esempio la polizia normalmente non è corrotta. Continuiamo ad essere un paese di bassa produttività, spesso non abbiamo messo tecnologia e intelligenza nella produttività.

Credo che il Cile abbia possibilità, e penso che non possa sussistere senza un rapporto con i suoi vicini. La strada dell’America Latina è quella che ha seguito la Comunità Europea. Ora tra i nostri paesi abbiamo molti trattati, ma non un’Unione. Il nostro futuro non è quello di un paese solo. Siamo un paese molto piccolo, marginale che ha conosciuto uno sviluppo economico ma conserviamo una struttura classista. E questo può essere esplosivo.

Mi pare di riconoscere le tracce del messaggio di Bergoglio.
Siamo stati compagni di studio. Lui fu formatore dei gesuiti in Argentina quando io ero in Cile. Poi fu superiore dei gesuiti argentini quando io ero superiore nel mio paese. In tal modo abbiamo avuto numerose possibilità di vederci e di lavorare assieme, e anche come studenti siamo stati compagni. Quando andavo in Argentina m’invitava nella sua casa e molte volte mi preparava asados. Io non so come possa fare, poveretto, in Santa Marta dove non può preparare asados. Lo prepara molto bene con la sua carne argentina.

E un ricordo particolare di Papa Paco?
Da giovane Bergoglio ebbe un problema a un polmone. Così, quando studiavamo assieme in Argentina alla fine degli anni Cinquanta e all’inizio dei Sessanta, durante la ricreazione, mentre gli altri facevano sport, noi prendevamo il mate e il mate è un rito che favorisce la conversazione. Lui è molto bravo a prepararlo. Per questo è famosa la vicenda in America Latina accaduta quando arrivò la presidenta argentina che regalò a Bergoglio un mate, impegnandosi anche a spiegargli come si preparava. È stata una cosa ridicola perché probabilmente lui lo prepara molto meglio.

Come è Bergoglio?
Io credo che per capire il papa sia super importante capire il peronismo. Che è una forza molto lontana dal marxismo però enormemente vicina al popolo. In questo senso abbastanza lontana dalla teologia della liberazione in quanto essa fece uso del metodo marxista. Credo che il peronismo e la teologia della liberazione coincidano nella loro preoccupazione per il popolo ma differiscano nei metodi e negli strumenti di analisi. Entrambi applicano il Concilio Vaticano II all’America Latina rivolgendosi ai poveri e coincidono ovviamente in una intuizione fondamentale. Senza dubbio la teologia della liberazione fece uso delle scienze sociali e ciò era sinonimo dì marxismo. E d’altra parte era abbastanza lontana anche dalla pietà popolare. Mentre il peronismo era molto più vicino al sentimento e all’espressione popolare. Bergoglio come vescovo di Buenos Aires è stato molto vicino ai poveri non nella linea teologia della liberazione che usò una analisi marxista. Inoltre il Concilio indicò di aprire le porte, usò una teologia in uscita, come dirà Papa Francesco partendo dalla convinzione che il bene non è solo dentro alla Chiesa, come il male non è solo fuori da essa. Il bene e il male possono essere dentro e fuori dalla Chiesa. Possiamo aprirci al mondo e imparare da lui. I vescovi latinoamericani per la prima volta a Medellín hanno deciso di andare a conoscere la realtà sociale. E in questo contesto nasce la teologia della liberazione che usò le scienze sociali e il marxismo soprattutto in una visione althusseriana. Come sociologo ho praticato a lungo Marx, ed ogni volta che tornavo in Cile mi sorprendevo nel vedere quanto poco lo si conoscesse.

Quindi una relazione sostanzialmente superficiale con il marxismo?
Ne usavano tre o quattro slogan e per questo io credo che cadde. Vennero meno questi strumenti. Io penso che la cosa più importante della teoria della liberazione è che uscì dal chiuso delle facoltà di teologia. Il suo dialogo non fu con gli eruditi. E che abbandonò il dialogo con gli ambienti accademici, volendo ascoltare il popolo e tornare al popolo.

Ed è il suo aspetto positivo.
Molto positivo. Quando uno legge il magistero di Giovanni Paolo II si accorge di quanto egli abbia preso dalla teoria della liberazione. Per fare un esempio, il concetto di regno di Dio come regno di giustizia e non moralista intimista. Sono retaggi di una teologia che esce dal chiostro per poter comprendere i problemi della società.

Si è sentito con Papa Bergoglio dopo la sua nomina al soglio pontificio?
Una volta, ma molto brevemente. Abbiamo potuto conversare per un tempo limitato l’anno scorso a Roma durante un congresso dell’Università Cattolica. Lo stiamo aspettando e non sappiamo se viene in Cile. Se viene nel Cono sud deve visitare Argentina, Uruguay e Cile. E nel nostro paese ci sono attualmente problemi delicati.

Uno è rappresentato da un vescovo del gruppo di Fernando Karadima, che era vicario militare. Contro il quale si è alzata una vera protesta dentro la cattedrale di Osorno, la sua nuova sede. Il Papa a questo riguardo è uscito con una frase infelice dicendo che la gente era matta a protestare contro il vescovo. E questo ha creato parecchi problemi.

“Il Cile, la Chiesa, l’asado del papa”. Conversando con padre Montes ultima modifica: 2016-11-06T18:39:47+01:00 da CLAUDIO MADRICARDO
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