“Il sì che serve alla democrazia”

ERMETE REALACCI
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Voterò convintamente Sì al referendum sulla riforma costituzionale. È un voto molto importante per l’Italia anche se non è l’Armageddon. Non posso certo convincere chi voterà No contro Matteo Renzi e contro il governo con toni estremi e spesso di segno opposto. Un voto che rispetto, ma che dovrebbe essere dato alle elezioni politiche. Qualche giorno fa Libero, ad esempio, presentava il No come una battaglia contro “l’invasione dei profughi”… Il presidente del consiglio ha sbagliato all’inizio personalizzando la campagna referendaria, ma temo che questo sarebbe accaduto in ogni caso.

È possibile, anzi probabile, che emergano in futuro limiti e contraddizioni nella riforma sottoposta al voto, come è accaduto del resto per la Costituzione vigente. Questi limiti non hanno però nulla a che vedere né con i principi che non vengono toccati, né con i temi di cui si discute. In particolare con il presunto indebolimento degli strumenti della democrazia: è vero il contrario.

La riforma va al voto popolare dopo un lungo iter durato oltre due anni con milioni di emendamenti presentati e migliaia di voti in sei passaggi parlamentari in piena attuazione dell’Art. 138 della Costituzione. È ridicolo ora presentare come un vulnus democratico l’eliminazione del bicameralismo paritario che non esiste in NESSUN paese dell’Unione Europea. O la mancata elezione diretta del Senato: in Germania il Bundesrat è nominato dalle regioni; in Francia il Senato viene eletto in forma indiretta dalle amministrazioni locali; in Gran Bretagna la Camera dei Lord è composta da nominati non eletti, di cui una parte ancora per diritto ereditario.  Siamo forse l’unico paese democratico d’Europa ?

Con la riforma sono invece accresciute molte garanzie. Ad esempio non sarà più possibile eleggere il presidente della repubblica a maggioranza semplice ma solo con i tre quinti dei votanti: sarà quindi necessario un consenso più ampio.

Per venire poi agli strumenti a disposizione dei cittadini, questi vengono rafforzati. Viene introdotto l’obbligo di discutere le leggi di iniziativa popolare, che oggi muoiono quasi sempre negli archivi del parlamento, e introdotto il referendum propositivo, per cui bisognerà emanare norme attuative. Soprattutto viene cambiato il quorum per i referendum abrogativi, che sono stati in questi decenni il vero strumento di democrazia extraparlamentare. Se si raccolgono 800mila firme (cifra raggiunta in moltissime consultazioni referendarie) il quorum è la metà dei votanti alle precedenti legislative.

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Ho il triste privilegio di essere tra coloro che promossero il primo referendum che mancò il quorum: quello su caccia e pesticidi del 1990, che segnò l’indebolimento della spinta verde in Italia. In quella occasione votarono il 43 per cento dei cittadini (quasi tutti Sì): oggi il quorum sarebbe stato raggiunto. Partecipai pure alla raccolta di firme del referendum, promosso soprattutto da esponenti dell’Ulivo come Arturo Parisi, sulla legge elettorale del 1999: votarono il 49,6 per cento degli italiani e il referendum fallì il suo obiettivo, che avrebbe cambiato la politica del Paese. Oggi avrebbe ampiamente raggiunto il quorum.

C’è quindi un ampliamento della democrazia nella riforma al voto.

Ho poi la convinzione che per essere utile ad affrontare le sfide che abbiamo davanti la politica debba essere oltre che trasparente e pulita, semplice ed efficace. La riforma non risolve il problema, ma certamente aiuta. Io almeno la penso così.

 

“Il sì che serve alla democrazia” ultima modifica: 2016-11-25T13:29:33+01:00 da ERMETE REALACCI
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