Vent’anni senza Mastroianni, una Roma che non c’è più

MARIO GAZZERI
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Fontana di Trevi, il canto della sirena Anita Ekberg, la dolce vita. Struggente incanto di un momento che ha segnato la storia del cinema e quella di un paese finalmente risorto dalle ceneri della guerra e già perso nell’ebbrezza del miracolo economico. Quegli anni hanno un volto. Un volto che ci manca ormai da vent’anni. Da quando lui, Marcello Mastroianni, morì nel freddo dicembre parigino del 1996. Un uomo che non riusciamo a non ricordare come eternamente giovane, schivo, quasi modestamente inconsapevole del suo valore e del suo fascino. Un attore che non fu mai divo e che pareva quasi scusarsi della sua silenziosa bravura, della sua rassicurante bellezza italiana.

Non un divo, un po’ spaccone se vogliamo, come il grande Vittorio Gassman, non un latin lover del genere che era tanto piaciuto nel decennio precedente soprattutto negli Stati Uniti (leggi Rossano Brazzi). Ma un attore che seppe paradossalmente fornire alcune delle sue più convincenti interpretazioni in ruoli difficili come nel Bell’Antonio e in Una giornata particolare. La sua sensibilità nell’interpretazione dell’omosessuale del film di Ettore Scola e del giovane siciliano bellissimo e impotente (ma solo con le donne che amava davvero), eroe del romanzo di Vitaliano Brancati che ispirò il film, sono la cifra di una maturità espressiva che contribuì in buona misura a fare del cinema italiano degli anni Sessanta (forse a pari merito con Francia e Stati Uniti) il migliore del mondo.

Una giornata particolare

La Roma che non c’é più

Ricorrenze, anniversari. Due parole che non di rado evocano rimpianti, nostalgia. E rimpianto c’è per la scomparsa di Marcello, volto di un’epoca che segnò, almeno per l’Italia, una fase di passaggio, un interregno tra il faticoso recupero economico e civile degli anni Cinquanta e la corsa verso il ’68 e gli anni Settanta con le loro speranze, paure ed infelicità. Un interregno di gioia, quasi di sospensione, di creatività. La Roma di Marcello era anche e soprattutto Cinecittà, la Hollywood sul Tevere dove Fellini, Antonioni, Visconti giravano i loro capolavori così come Antonio Pietrangeli, Dino Risi, Monicelli, Comencini e il giovane Scola. Un clima di rinnovata laboriosità nell’arte cinematografica così come nelle arti figurative e nella letteratura.

Al cinema si incontrava lo scontroso Alberto Moravia, a piazza del Popolo il pittore Mario Schifano con Tano Festa e spesso anche Giosetta Fioroni, la compagna di una vita dello scrittore vicentino Goffredo Parise, anche lui a Roma. In viale Mazzini, in Prati (il quartiere costruito dai piemontesi) non era difficile incontrare Raffaele La Capria, funzionario Rai e vincitore dello Strega per il suo strabiliante romanzo “Ferito a morte“. Un romanzo uscito nelle librerie quando ancora perdurava il successo e lo scandalo de “La dolce vita“. Nei teatri Vittorio Gassman, Carmelo Bene, Anna Proclemer (compagna di Vitaliano Brancati) e la Compagnia dei Giovani (Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Romolo Valli e Anna Maria Guarnieri, ai quali si aggiungeva a volte il meno giovane Paolo Stoppa) facevano ogni sera il tutto esaurito.

Con Ettore Scola e Massimo Troisi sul set di Che ora è?

Quello sguardo sognante

Era una Roma che vibrava di idee, di progetti, di promesse. Allora conobbero il loro momento di gloria anche le arti minori, come ad esempio la cartellonistica, nella quale si cimentarono pittori di razza. Dai grandi manifesti per “La dolce vita” o per “8 e 1/2“, lo sguardo sognante di Marcello Mastroianni si affacciava sornione, e a suo modo protettivo, sulle trafficate strade romane.

Molti credono che la sera io faccia chissà cosa – disse una volta in un’intervista l’antidivo Marcello – ma la verità è che il più delle volte io me ne rimango a casa, da solo e magari mi leggo un libro o ascolto un po’ la radio…

Certo sono note le sue molte relazioni con bellissime donne, da Silvana Mangano a Catherine Deneuve. Ma non fu certo protagonista di quella dolce vita che portò sugli schermi di tutto il mondo. Mai uno screzio con giornalisti o fotografi e a via Veneto forse andò solo per girare gli esterni di quel grandioso affresco della Roma di quegli anni che in Francia chiamarono “La douceur de vivre“…, non certo per litigare con i paparazzi. Non parlava molto della sua vita privata e mai delle sue idee politiche. Si sa solo che giovanissimo, nel ’44, collaborò con l’organizzazione nazista Todt (lavori pubblici) e che molti decenni dopo figurò nel picchetto d’onore ai funerali di Berlinguer. Mastroianni era un pigro, come spesso gli rimproverava bonariamente Federico Fellini. Un uomo sceso come per caso in questo mondo complicato e incomprensibile, in questa vita, dolce o amara che sia. Ora lo rimpiangiamo proprio per quel suo fare dolce ed indolente e quel sorriso sempre velato dal fumo dell’eterna sigaretta.

Ma Mastroianni non c’e’?

Sia consentito a chi scrive un ricordo personale. A fine giugno del 1965, i Beatles, allora al culmine della loro carriera, vennero a Roma per due serate di concerti al teatro Adriano. Oltre al gruppetto di nostri amici e a tanti fan, c’era in sala tutto il bel mondo romano. Ricordo Vittorio Gassman, Anna Magnani, seduti tre file avanti a me…e poi Laura Betti e Consuelo Crespi (nobildonna del jet set e della Dolce vita romana) seduta proprio accanto a me. Ricordo, a un certo punto, anche una voce dietro di me che chiedeva delusa, “ma Mastroianni non c’e’?”.

Vent’anni senza Mastroianni, una Roma che non c’è più ultima modifica: 2016-12-21T15:18:37+01:00 da MARIO GAZZERI
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1 commento

marialuisa semi 21 Dicembre 2016 a 17:14

bellissimo,mi sono commossa

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