Fra febbraio e marzo, secondo il calendario stabilito della Commissione elettorale nazionale, l’organismo indiano competente per l’organizzazione delle consultazioni popolari nel subcontinente, gli elettori voteranno in cinque stati della Repubblica indiana: Uttar Pradesh, Punjab, Goa, Manipur e Uttarakhand. Due in particolare sono gli stati-chiave in queste consultazioni: l’Uttar Pradesh, UP in acronimo, lo stato più popoloso dell’India con i suoi oltre duecento milioni di abitati; e il Punjab, il granaio del subcontinente.

Uttar Pradesh
UP in primo luogo. L’Uttar Pradesh comprende circa il venti per cento della popolazione indiana e dunque circa il venti per cento della camera alta del parlamento indiano viene da UP. La camera alta a Delhi è designata dai governi degli stati e attualmente il BJP, il partito di governo, la destra nazionalista indù di Narendra Modi, non ha la maggioranza di questo ramo del parlamento. Ciò rende complesso il processo legislativo di Delhi e impone a Narendra Modi molti compromessi politici.

Narendra Modi rende omaggio al mistico Swami Vivekananda
Il BJP dunque ha un fortissimo interesse a cercare di vincere queste elezioni per il rinnovo dell’assemblea legislativa dell’Uttar Pradesh. D’altra parte, sia il BJP sia il Congresso hanno una storia politica molto legata a UP: la marcia su Ayodya, un passaggio fondamentale dell’ascesa politica del BJP, è avvenuta appunto in UP; il distretto che ha portato storicamente a Delhi la dinastia Gandhi-Nerhu è in UP. E in UP, nella storia coloniale dell’Impero anglo-indiano, il partito del Congresso ha costruito la sua grande fortuna politica. UP insomma è nei cromosomi politici sia del BJP sia del Congresso, ma in questi ultimi decenni, UP è diventato il centro di altri partiti, castali e regionali, di ispirazione laica e moderata. Due in particolare sono questi partiti regionali e castali: il BSP o “Partito della maggioranza sociale”, il partito dei Dalit; e l’SP, o “Partito socialista”, il partito di alcune caste intermedie molto influenti in UP.

Punjab
Attualmente l’SP, Samajwadi Party, governa UP. Akhilesh Yadav è il chief minister, o capo del governo, dello stato. Yadav è il figlio e fino a poco tempo fa erede, del fondatore del partito, Mulayam. SP sembrava destinato a restare il partito della famiglia Mulayam se non fosse scoppiato recentemente un durissimo scontro dinastico: tra il fondatore e suo fratello da un lato, e e tra il fondatore e l’attuale chief minister, il figlio, dall’altro.

Akhilesh Yadav suoi sostenitori, che hanno composto e inciso una canzone per la sua campagna elettorale
Questo scontro sta portando il Samajwadi Party sull’orlo della scissione e comunque ha già danneggiato moltissimo le chance elettorali del partito. Tutti gli osservatori prevedono una dura sconfitta per il Samajwadi Party. E d’altra parte anche a causa di questi conflitti, in UP è stato impossibile costruire una “Grande alleanza” anti BJP, composta da tutti i partiti castali e sostenuta dal Congresso e dall’AAP come quella che ha vinto nel vicino e affine Bihar, stracciando la destra locale.

Goa
Insomma in UP è prevista una corsa a quattro. In primo luogo il BJP che cerca di conquistare una maggioranza in UP per conquistare anche un bel pacchetto di seggi alla camera alta; in secondo luogo un debole Congresso, qui guidato dalla ex chief minister di Delhi, l’anziana Sheila Dikshit; in terzo luogo, il SP, in rotta e diviso.

Sheila Dikshit
Infine il BSP. Fino a poche settimane or sono il partito dei Dalit, guidato da Mayawati, ex chief minister proprio di UP, era visto come probabile vincitore in Uttar Pradesh. Dalit e musulmani, le sue basi sociali più rilevanti, sono quasi la metà dell’elettorato di UP e quindi anche se il voto comunitario non è mai completamente compatto, il BSP appariva in metto vantaggio e in grado di costruire una coalizione sociale moderata o moderatamente progressista alternativa alla destra. La sua indubbia capacità di mobilitazione poteva fare il resto.

Manipur
Ma nella campagna trionfale del BSP è arrivato recentemente un brutto intoppo: l’operazione di de-monetizzazione lanciata dal governo Modi. Dato che le campagne elettorali in India sono spessissimo finanziate da denaro liquido, l’operazione di riforma monetaria ha reso difficile la campagna elettorale del BSP: il BJP si sarebbe preparato, il BSP si è ritrovato impreparato.

Uttarakhand
E ora? Ora lo scontro BSP-BJP è diventato al calor bianco: la crisi profondissima del “Partito socialista” potrebbe ridare fiato alla campagna politica del BSP. Alla fin fine infatti anche i socialisti sono laici e moderati e si contrappongono storicamente alla destra nazionalista. Si vedrà, per ora lo scontro appare molto incerto.
Fin qui UP ma come dicevamo, c’è almeno un altro stato importante in queste consultazioni statali, il Punjab. Attualmente il Punjab è governato proprio dal BJP, il partito di Modi. Che però si trova di fronte un antagonista importante, l’AAP, il “Partito dell’uomo comune”, il partito riformatore, un po’ populista un po’ liberale, che governa lo “stato” di Delhi e che costituisce una costola del movimento anti-corruzione di Anna Hazare.

Anna Hazare
L’AAP fin qui è rimasto ristretto a Delhi. Il Punjab costituisce una occasione d’oro per l’“Uomo Comune”, poiché la comunità punjaba ha legami forti con la società di Delhi. E infatti gli osservatori politici sono molto attenti alle possibilità elettorali dell’AAP. Un’eventuale vittoria dell’“Uomo comune” in Punjab oltre a dare una botta discreta alla destra nella camera alta, sarebbe un “terremoto politico”, come ci ha detto un osservatore di cose indiane.
AAP dimostrerebbe di poter uscire da Delhi. E qui arriviamo a una analisi del sistema politico indiano. Se AAP vincesse in Punjab e il BSP in UP, crescerebbero notevolmente le chance per una “grande coalizione” laica e moderata composta dai grandi partiti regionali, con BSP, AAP, Janata Dal, TMC e con un qualche sostegno del partito del Congresso: sarebbe la coalizione alternativa alla destra e alla sua coalizione, l’Alleanza democratica nazionale. L’India in tal caso ritornerebbe a uno schema di coalizioni competitive, seppure multipartitiche, ma con un ruolo accresciuto dei partiti castali in parziale sostituzione del partito del Congresso.
Se al contrario, il BJP tenesse in Punjab e vincesse in UP allora il sistema politico indiano potrebbe fare un passo importante verso un “sistema a un partito dominante”, con la destra come forza dominante al centro. Ecco perché queste elezioni sono cruciali: perché potrebbero indicare il sentiero prossimo venturo del sistema politico indiano, una cosuccia non proprio secondaria, no?

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