Richard Ginori, museo all’asta. Lo Stato alzerà la mano?

Messo all’incanto il Museo della Manifattura di Doccia, la preziosissima raccolta sistemata a Sesto Fiorentino, accanto alla storica azienda di ceramiche
GIORGIO FRASCA POLARA
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Il colmo: un museo – e quale museo – messo all’asta giudiziaria! In queste incredibili condizioni si trova il Museo della Manifattura di Doccia, la preziosissima raccolta sistemata a Sesto Fiorentino, accanto alla storica azienda di ceramiche Richard Ginori. Si sa pure il giorno e l’ora in cui l’asta sarà battuta: 23 febbraio 2017, ore 12, prezzo base 4.334.700 euro, entità dei rilanci non precisata. Ma non molti sanno che in quel Museo (ora chiuso, sigillato per fallimento della società proprietaria) sono conservate le testimonianze più belle e importanti di secoli di storia della prestigiosa casa toscana.

Tabacchiera policroma

Un po’ di storia, per capire l’assurdità dell’Evento. I beni che costituiscono il Museo (maioliche, porcellane, terraglie) sono di proprietà della Società Richard Ginori “in liquidazione volontaria” e costituiscono parte integrante del fallimento-Richard Ginori: fabbrica e museo vengono posti in vendita all’asta “inscindibilmente tra loro, insieme all’immobile” che contiene la raccolta.

Vero è che il consiglio comunale di Sesto ha votato all’unanimità una mozione in cui si auspica che un intervento dall’alto consenta, “previo accordo con i liquidatori”, sia la salvezza della raccolta, sia l’acquisto del terreno su cui insistono Museo e manifattura Richard Ginori, e sia infine il rilancio dell’azienda che rappresenta un unicum di valore internazionale.

Esiste una prelazione da parte dello Stato per l’acquisizione dei due beni? Non sembra, o almeno non risulta, o quanto meno non è stata ancora formulata, dal momento che anche in sede parlamentare è stato chiesto al ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, di trovare il modo di intervenire: si faccia un grande progetto di tutela e valorizzazione per un Museo di rilievo internazionale oggi costretto a restare chiuso. E a queste interrogazioni e interpellanze non è stata data ancora risposta.

Un vaso Ginori firmato da Gio’ Ponti

Tra l’altro un secondo ministero, quello per lo Sviluppo economico, nel programmare ulteriori tutele del made in Italy (tutele che non sembra abbiano reso molto, viste le continue e sempre più frequenti rapine di marchi famosi), riserva almeno formalmente particolare attenzione a settori peculiari, come appunto quello delle ceramiche, avendo istituito anche un “Comitato nazionale ceramico” in cui – testuale, sul sito del Mise – “è stato affrontato il problema di rilanciare i marchi, dei poli e dell’alta istruzione professionale, dell’aggiornamento annuale dei dati di settore e della promozione dei contratti di rete di impresa”.

Veduta dell’antica Manifattura di Doccia, 1865 circa

Se le parole hanno un senso concreto, soprattutto in un sito ufficiale quale quello del ministero dello Sviluppo, l’obiettivo più urgente e ravvicinato dovrebbe essere proprio quello di salvare (prima ancora che rilanciare) il marchio storico della Richard Ginori e di mantenere in funzione un pezzo di storia artistico-culturale qual è il Museo della Manifattura di Doccia in cui sono serbate anche opere recenti che testimoniano dell’interesse di artisti contemporanei per la produzione Richard Gineri: un none notissimo per tutti, quello dell’architetto e designer Giò Ponti .

Il fattaccio di Gio Ponti, Disegno acquerellato su carta, 1925-30

A proposito di questo Museo, si faccia infine attenzione ad un particolare: la sua chiusura definitiva, o lo smistamento delle sue opere in altri musei attraverso una disaggregazione del polo, inciderebbe in modo disastroso sul futuro della stessa fabbrica, ridimensionata e magari trasferita in anonime zone industriali sì da perdere il legame con l’ambiente che l’ha resa unica nel mondo…

La manifattura di doccia all’inizio del secolo scorso in una cartolina dell’epoca

L’archivio Richard Ginori e la manifattura di Doccia

L’Archivio e Museo della celebre Manifattura di porcellane e maioliche Ginori per la varietà dei materiali che conserva costituisce un vero e proprio centro di documentazione; frequentato da tecnici e designers della Manifattura, luogo della memoria e vivaio di creatività artistico-industriale da cui trarre sempre nuovi spunti per la progettazione futura, offre fonti preziose per gli studiosi impegnati nei più vari ambiti di ricerca, dalla storia dell’arte alle scienze sociali.

La Manifattura fondata da Carlo Ginori nel 1737 è anche nota con il nome della località in cui nacque, cioè Doccia. Toponimo piuttosto diffuso in Toscana, significa ‘condotta per l’acqua’ e, nel nostro caso, identifica un luogo del territorio di Sesto Fiorentino situato ai piedi del Monte Acuto, nei pressi di Colonnata. A Doccia, in posizione panoramica, sorgeva la villa in prossimità della quale si sviluppò la gloriosa produzione ceramica. Nel 1958 l’attività si trasferì in un nuovo stabilimento, aperto a Sesto nel 1950 e tuttora operante.

L’ Archivio e Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia

Il Museo di Doccia è un edificio di circa 2500 mq progettato dall’architetto Pier Nicolò Berardi e dallo studio Rossi, inaugurato nel 1965. Contiene i modelli scultorei e le ceramiche che in precedenza erano esposti nell’antica sede della Manifattura dove la collezione si era andata costituendo nel tempo grazie alla lungimiranza di Carlo Ginori e dei successivi proprietari. Infatti dopo la vendita della Manifattura a Augusto Richard (1896), i Ginori concessero che i cosiddetti “Musei di Doccia” rimanessero dov’erano, in comodato temporaneo alla nuova proprietà. Nel 1962, in virtù di un ulteriore accordo, un terzo della collezione tornò a casa Ginori e il rimanente venne acquisito dalla società milanese, che nel frattempo aveva incrementato la raccolta con le ceramiche di Gio Ponti e con campioni della produzione di Doccia posteriore al 1896.

La storia dell’archivio è nota dal 1965, data d’inaugurazione del Museo. In quell’occasione, è stata messa in evidenza dai curatori della sede espositiva una sezione di documenti provenienti dalla fabbrica appena dismessa.

L’aspetto precipuo ed interessante dell’archivio è che la stessa collezione si configura come sua parte integrante. La raccolta di ceramiche e opere plastiche, costituita da circa 8000 pezzi, trae origine dagli acquisti del fondatore stesso, il marchese Carlo Ginori, allo scopo di dotare la fabbrica di una galleria di modelli plastici da riprodurre in porcellana, ovvero terrecotte, gessi, cere e impronte in zolfo di cammei antichi. Già l’esistenza di questo primo nucleo di opere e di altri oggetti, che rientrano in categorie particolari come i prototipi, le prove di cottura degli smalti, delle paste, gli scarti di fornace, dimostra che la logica di formazione della raccolta è stata fin dalle origini, oltre che autocelebrativa e didattica, anche archivistica.

L’attuale Manifattura Richard-Ginori considera quindi un archivio la propria collezione, ossia il campionario della migliore produzione della fabbrica dalle sue origini. In definitiva, l’intero corpo degli oggetti custoditi dal Museo costituisce da una parte la memoria della produzione della Casa, dall’altra il vero materiale di lavoro della fabbrica stessa e delle sue maestranze. Gli oggetti finiti sono lo stimolo creativo dei designer e la documentazione delle rese delle paste, dei colori della tradizione, tutti elementi utilissimi ai tecnici del laboratorio di ricerca e sviluppo. Gli studiosi della porcellana di Doccia, di ceramica antica, gli storici dell’arte e i collezionisti hanno fatto di questo centro di documentazione un vero luogo di culto per i loro studi. Inoltre il Museo offre importanti fonti per la ricerca sulla storia d’impresa, dell’economia e del patrimonio industriale del nostro Paese.

Museo della Manifattura di Doccia

L’archivio cartaceo

Il lavoro di riordino di questa sezione è stato coordinato da Renato Delfiol della Soprintendenza archivistica per la Toscana in due riprese: tra 1998 e 1999 è stata schedata la maggior parte delle carte, individuati i fondi del materiale speciale e ricostruito il nucleo principale della biblioteca antica; tra 2004 e 2005 è stata revisionata la schedatura e le carte hanno avuto finalmente un riordino virtuale.

Si tratta dell’archivio proprio della Manifattura, un fondo ottocentesco custodito in tre armadi metallici; le unità archivistiche complessive sono circa 400 tra cartelle sospese contenenti carte sciolte, disegni, fascicoli e registri, il tutto per 20 metri lineari totali. Le epoche della vita della fabbrica sono tutte documentate a partire dal 1801, anno del primo registro di magazzino e di alcune carte di inventari delle robe rotte dei depositi; l’estremo recente è rappresentato dal carteggio tra l’architetto Gio Ponti e la pittoria della Manifattura per cui è stato consulente artistico tra il 1923, anno della presenza della Richard-Ginori alla biennale di Monza, e il 1930, nel pieno dell’attività del suo studio milanese Ponti-Lancia. Esistono poche carte successive a quell’epoca; tra le più significative sono da ricordare la memoria dell’inaugurazione del museo e un carteggio con immagini e rassegna stampa dell’alluvione del novembre 1966, quando lo stabilimento di Sesto Fiorentino accolse molti volumi della Biblioteca nazionale di Firenze travolti dal fango, salvati negli essiccatoi per le porcellane.

L’archivio cartaceo è quindi una miscellanea al cui interno, durante il riordino, non è stato possibile ricostruire le serie archivistiche originarie: troppi sono stati i traumi che le carte hanno subito nel tempo, l’ultimo dei quali è stato il trasloco da Doccia all’attuale sede museale, e molte le vicissitudini nella storia dell’azienda e nella storia maggiore che, come spesso accade per gli archivi d’impresa, hanno condizionato le decisioni sul destino dei documenti, specialmente per quel che riguarda le carte dell’amministrazione.

Carta intestata della Società Ceramica Richard-Ginori, 1924

Non va dimenticato inoltre che questo fondo è uno spezzone di un archivio di famiglia, fatto che spiega per molta parte sia la discontinuità del carteggio sia le sue lacune. Infatti, le lettere che abbiamo fino agli anni Settanta dell’Ottocento sono indirizzate al marchese Ginori Lisci, o al suo scrittoio e li deve intatti ancora circa trovarsi la maggior parte della documentazione relativa all’attività della fabbrica delle porcellane: tra i carteggi dei suoi singoli proprietari. Con la direzione di Paolo Lorenzini (1856-1891) le lettere vengono indirizzate ad una figura diversa dal proprietario. Il direttore relazionava in modo puntuale sulle questioni di fabbrica alla famiglia e rimangono infatti le sue relazioni al bilancio dal 1876 al 1896, i loro allegati e gli ordini e disposizioni sul personale di quegli anni, con il visto dei proprietari. Solo alla nascita della Società Ceramica Richard-Ginori si può dire che esista un archivio di impresa vero e proprio. La sede legale della società si era spostata a Milano e con essa le scritture societarie, le carte obbligatorie dell’amministrazione di tutti gli stabilimenti del gruppo delle quali, infatti, nel nostro fondo non rimane traccia. Le fabbriche milanesi di S. Cristoforo e Lambrate sono state chiuse tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta ed è quasi certo che in quell’occasione le loro carte siano andate perdute.

Il fondo conservato dal Museo Richard-Ginori va quindi pensato come una serie dell’archivio domestico Ginori, che ha avuto vita parallela, quasi indipendente da esso, solo dalla metà dell’Ottocento, in corrispondenza del maggior ruolo assunto dalla figura del direttore di stabilimento. L’archivio dell’impresa ha preso vita completamente svincolata da quella dell’ente produttore originario solo nel momento della nascita della Società ceramica Richard-Ginori. Negli anni Quaranta del Novecento l’archivio di famiglia è stato riordinato dal marchese Leonardo il quale ha compiuto una riorganizzazione completa, con la creazione delle serie ‘per teste’. Così, gli atti dalla fondazione della Manifattura si trovano ora nelle serie interne a quelle delle sezioni relative a ciascun capofamiglia, dal fondatore in poi.

Questo testo è tratto da L’archivio storico Richard Ginori della manifattura di Doccia, a cura di E. Bettio e O. Rucellai, in Quaderni di Archimeetings, n. 16, 2007.

Puoi trovare la versione integrale in formato pdf si va sul sito ANAI Toscana

[da http://archivitoscana.it/]

Richard Ginori, museo all’asta. Lo Stato alzerà la mano? ultima modifica: 2017-01-30T21:54:54+01:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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2 commenti

Luca Pizzocheri 1 Febbraio 2017 a 8:52

Certamente fa male sapere che il curatore fallimentare dell’azienda abbia deciso di mettere all’asta tutto. Innanzitutto in via preliminare avrebbero potuto vendere la collezione allo Stato vista l’importanza storica degli oggetti. Se invece avessero voluto capitalizzare, certamente la scelta di vendere gli oggetti in modo inscindibile non sarebbe la migliore dal punto di vista economico. A meno che si sappia già chi sarà l’acquirente…

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Renato Delfiol 24 Marzo 2017 a 10:52

La notizia che io, Renato Delfiol, abbia curato l’inventariazione delle carte è alquanto imprecisa. Io ho solo seguito per la Soprintendenza archivistica i lavori di inventariazione dell’archivio e dei disegni effettuati da Elisabetta Bettìo.

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