Euro e sovranità monetaria, realtà e favole

FRANCESCO MOROSINI
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Implosione dell’Eurozona, Brexit, Trump: è una sorta di Triangolo delle Bermuda dove le navi Europa e Italia rischiano di affondare. Ecco perché le prossime elezioni si giocheranno molto – combinandosi effetto Brexit e Trump – sui destini dell’euro. Ovvero, sul tema della sovranità monetaria, accompagnata dalla narrazione che prima dell’euro Roma, Berlino, Parigi, ecc., godessero di vera sovranità monetaria; cosa tutta da dimostrare.

Insomma, il dibattito su quest’ultima sarà il core business dell’offerta partitica nel Vecchio continente, facendo così emergere la principale linea di faglia su cui si combatteranno partite decisive in molti sistemi politici, in primis quello del Belpaese. A spingere in questa direzione la Brexit, ossia il ritirarsi dall’Unione europea di Londra; poi la possibile tentazione dell’Amministrazione Trump di “mettere in ebollizione” l’Euroarea.

I miniassegni furono un particolare tipo di denaro che circolò in Italia alla fine degli anni settanta in sostituzione degli spiccioli che in quel periodo scarseggiavano e che fino ad allora erano stati sostituiti da caramelle, francobolli, gettoni telefonici e in alcune città anche biglietti di trasporto pubblico.

Non tanto, però, per prevenire un’utopica sfida dell’euro al “privilegio esorbitante” (Giscard d’Estaing) di Re dollaro – garantito dall’hard power tecnologico/militare di Washington – sul sistema monetario internazionale; quanto, piuttosto, per frammentare un’Eurozona che, se viceversa presa assieme, dispone del peso politico dato da un reddito analogo allo statunitense. In fondo, a Trump, sepolto il TTIP per un più conveniente – per gli USA – bilateralismo commerciale paese per paese, conviene una classica politica del divide et impera.

A conferma, oltre forse le stesse intenzioni immediate di Londra e Washington, la Brexit. Difatti, considerando come suoi atti costitutivi simbolici sia lo stanziamento da parte del parlamento britannico (coevo all’insediamento di Theresa May) di quaranta miliardi di sterline per l’ammodernamento della deterrenza nucleare sia il fatto che la Royal Navy conservi i suoi missili con la US Navy in Georgia, e si ha l’immediata percezione di un’anglosfera militarmente e economicamente separata dall’Europa. Che, se frammentata e senza l’euro, sarebbe troppo debole per ottenere accordi commerciali bilaterali decorosi.

Al meglio, in Occidente i suoi Stati potrebbero aspirare (grazie alle basi USA nei loro territori) a ruolo di junior partner di Washington: pochino. A che serve, in tale prospettiva, il sovranismo anti euro? A cercare la sovranità monetaria dove mai è stata: nella lira, nel marco, nel franco, ecc. Vero, l’Eurozona, specie prima di Draghi, di difetti ne ha (aveva); ma è anche comodo farne il capro espiatorio dei fallimenti delle classi politiche nazionali. Poi, soprattutto, c’è l’idea di tornare, in via di principio, alla sovranità monetaria; e in via pratico/elettorale a fare spesa pubblica monetizzando il debito pubblico; infine, di ricorrere all’arma boomerang della svalutazione.

Due i rischi, pertanto. Il primo è di creare via deficit più rendite politiche per il consenso che, invece, sviluppo; l’altro, via monetizzazione del debito, di introdurre un’imposta mascherata ma con prelievo reale. Volendo, sarebbe una sorta di bail in della classe politica sul suo debito (un po’ come fece l’Argentina coi tango bond) a danno dei risparmiatori, direttamente o indirettamente: ad esempio, colpendo i titoli pubblici che le assicurazioni mettono a garanzia dei loro contratti.

Quanto poi alle svalutazioni, potremmo considerarle, per paradosso, come l’opera di un bagnino perfido che, se la testa è sotto acqua, la tira su, ma che poi abbandona il malcapitato a bagno a galleggiare malamente. In altri termini, lo lascia sopravvivere, ma senza portarlo in salvo: ovvero, ed è la storia d’Italia anni ’70 (secondo l’insegnamento del grande economista Graziani) quando le svalutazioni resero in apparenza superfluo l’ammodernamento della base industriale. Infine, sulla sovranità monetaria nazionale: ai tempi della lira era una favola; difatti, guarda caso, il sistema monetario internazionale si definiva dollar standard: cioè la sovranità monetaria degli States.

Certo, le svalutazioni si potevano fare, specie se accompagnate da una “lettera d’intenti” (stretta fiscale standard) del Fondo monetario internazionale per tenere l’accesso ai mercati. Vero, il sovranismo ha il merito di ricordare che politica e democrazia vivono negli Stati nazionali; purtroppo, però, nel riaffermare questi giusti principi, minaccia di portare in una trappola, dannosa soprattutto per il risparmio del ceto medio. Qui il terreno di scontro delle prossime elezioni.

Il Mattino/La Nuova/La Tribuna

Euro e sovranità monetaria, realtà e favole ultima modifica: 2017-02-03T20:34:48+01:00 da FRANCESCO MOROSINI
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