I due piloti hanno idee diverse sulla rotta da seguire e a un certo punto cominciano a prendersi a botte, il grande aereo oscilla paurosamente ed i passeggeri urlano sballottati da una parte all’altra, finchè uno di loro con tono calmo dice: “Ehi ragazzi, che state facendo? Dobbiamo seguire una sola direzione, dobbiamo avere un premier ed un presidente che vanno d’accordo nell’interesse di tutti…” I due piloti tornano obbedienti in cabina ed il volo riprende tranquillo.
Nello spot che sta impazzando in rete ed apre la campagna per le presidenziali il passeggero che mette le cose a posto è Aleksandar Vučić, primo ministro e candidato presidente di Serbia, al quale però da qualche giorno tocca anche rimettere a posto una frattura di genere del tutto nuovo.
La Jugoslavia prima, e poi la Serbia, in questi anni ci hanno abituati ad ogni sorta di scontri e conflitti ma finora era mancata quella che adesso già chiamano la guerra dei presidenti: quello uscente, Tomislav Nikolić minaccia di ricandidarsi proprio contro Vučić che un tempo fu suo delfino, ma il fatto che entrambi siano esponenti di vertice di SNS, il partito progressista al potere, più che ad uno scontro sanguinoso fa assomigliare questa vicenda alla guerra dei Roses.
Ricordate quel film? Una coppia un tempo innamorata arriva ad un divorzio così pieno di ripicche da trasformarsi in disastro per entrambi anche se per la verità, oggi a Belgrado il maggior candidato a disastro appare Tomislav Nikolić. Il presidente uscente, 65 anni mal portati, più noto come Toma e dagli avversari soprannominato grobar, ovvero il becchino, per il fatto di aver lavorato un tempo come sovrintendente del cimitero di Kragujevac, si apprestava a concludere degnamente il quadriennio presidenziale e ad assumere una carica onorifica, poi qualcosa è cambiato.
Qualche giorno fa prendendo la parola nella cerimonia per la Festa della Repubblica, Toma ha spiazzato tutti, ed ha perfino pianto. Ci si attendeva che il discorso del presidente fosse come al solito celebrativo, ed invece lui tutt’a un tratto ha virato per parlare della passione messa nel lavoro di presidente, del disappunto che provava nel doverlo lasciare e di come si sentisse poco rispettato, umiliato. E qui è nato l’inghippo, poiché umiliato in lingua serba si dice omalovazavan e incappando in una parola particolarmente colta e difficile il presidente, che non ha mai brillato quanto a cultura, si è ripetutamente inceppato.
Un momento penoso, insomma, anche se ancora più penose sono state le mosse successive: prima Toma ha fatto circolare sui giornali l’idea di ricandidarsi contro Vučić, poi ha atteso che l’assemblea di SNS si pronunciasse a netto favore del premier, infine ha subordinato la sua scelta ad un colloquio con l’amico-rivale, mentre tutt’intorno si scatenava la rissa.
Fra i numerosi punti di contatto fra serbi e italiani c’è la tendenza al melodramma, soprattutto in politica con la differenza che nei Balcani la diversa tradizione musicale fa sì che la parte melodica venga rapidamente sopraffatta da insulti e bugie per sfociare infine nello psicodramma. Ecco dunque irrompere in scena indiscrezioni e interpretazioni di ogni tipo: Toma vuol promuovere le tendenze filorusse ed il Cremlino ha stanziato venti milioni per la sua campagna elettorale, Vučić potrebbe rinunciare alla candidatura, Nikolić vorrebbe un’alternanza stile Putin-Medvedev, il premier teme per l’unità del partito ma se il rivale si candida è pronto ad asfaltarlo, e così via.
Un primo sondaggio ha valutato che se si aprisse la competizione fratricida Vučić sarebbe in grado di vincere già al primo turno con più del cinquanta per cento dei voti e la cosa servirebbe solo ad aprire fratture nei progressisti.
Insomma, questa pseudo guerra dei presidenti va fermata prima che possa trasformarsi in guerra dei Roses e l’operazione è già in atto, sembra che Nikolić e Vučić si siano già incontrati, l’ex presidente avrebbe chiesto il ruolo di premier e la presidenza del partito e sarebbe stato respinto con perdite. Il candidato più autorevole a guidare il prossimo governo oggi è Nikola Selaković, già ministro della Giustizia e fedele esecutore dei voleri di Vučić .
L’attuale premier e prossimo presidente è troppo esperto per cadere in certe trappole, lui sa bene di essere padrone assoluto di un partito il cui l’accoltellamento alle spalle del rivale è pratica ricorrente. Un tempo in Serbia era forte il partito radicale, che puntava tutto sul nazionalismo: a guidarlo c’era Vojislav Šešelj, Toma era il suo vice e Vučić il delfino di entrambi, poi vice e delfino hanno abbandonato Šešelj formando il partito progressista e da allora SNS ha in mano le cose, sia pure in coalizione con i socialisti. In altre parole, Vučić oggi assicura a Belgrado il solo governo stabile dei Balcani, e ad Est come ad Ovest nessuno ha convenienza a cambiare la situazione.
Se dunque davvero Toma vorrà scatenare la guerra dei Roses si accomodi pure, ma rischia di uscirne a pezzi. Alcuni dei suoi consiglieri gli hanno suggerito di accontentarsi della nomina ad ambascitore a Mosca: staremo a vedere.

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