Museo Doccia. A vuoto anche la seconda asta, ora intervenga Franceschini

All'incanto la preziosa raccolta di maioliche, ceramiche, porcellane e l'area su cui insiste, oltre al museo, anche la manifattura Richard Ginori e tutti gli altri immobili. Ora la palla passa al ministro dei beni culturali
GIORGIO FRASCA POLARA
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È andata deserta anche la seconda asta bandita dal giudice fallimentare per il museo Doccia, nato dal genio di Carlo Ginori nel 1754. Con la preziosa raccolta di maioliche, ceramiche, porcellane, l’asta comprendeva anche la vasta area su cui insiste, oltre al museo, ma anche la manifattura Richard Ginori e tutti gli altri immobili. Base d’asta (diminuita rispetto alla prima asta, indetta e andata a vuoto l’anno scorso): quattro milioni e 334.700 euro.

Ceramiche artistiche Ginori all’esposizione universale di Parigi, 1867 (http://archivitoscana.it/)

Alla cancelleria fallimentare del tribunale di Firenze, giovedì scorso alle ore 12, non era stata depositata alcuna busta. E quindi alla mezza il giudice delegato ne ha preso atto, rinviando ad altra data non precisata una terza asta. Perché il magistrato ha preso tempo? Lo ha spiegato Lorenzo Falchi, sindaco di Sesto Fiorentino, la località dove sorgono Museo e fabbrica, in stato di abbandono dal 2013:

Il giudice fallimentare avrebbe l’intenzione di non bandire subito la terza asta in attesa degli sviluppi delle iniziative messe in campo da associazioni e istituzioni. Se non vogliamo perdere per sempre opere di straordinario valore storico e artistico, è necessario che nel giro di poche settimane si arrivi ad una decisione necessariamente politica e di buona politica.

E il prof. Tomaso Montanari, consigliere per le politiche culturali del comune di Sesto:

Lo stato del Museo non permette ulteriori attese: se vogliamo salvarlo, il tempo di agire è adesso. Per questo abbiamo chiesto al ministro Franceschini un incontro per affrontare una situazione che si fa sempre più delicata.

Con il riferimento alle iniziative in corso, Falchi e Montanari hanno voluto riferirsi alle energiche sollecitazioni – dei comuni di Sesto e di Firenze, dell’Associazione Amici di Doccia, di numerosi parlamentari che hanno fatto passi in Parlamento per sollecitare un’iniziativa del governo – dirette in particolare al ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, perché siano attivare le procedure per l’esercizio del diritto di prelazione dello Stato sui beni messi all’asta. E di questo diritto-dovere dello Stato non c’è ancora, purtroppo, la minima traccia.

Vero è che la vasta collezione come la stessa manifattura sono state dichiarate dal Mibact un “complesso di eccezionale interesse storico e artistico” ma, oltre a questo e ad un’assicurazione di Franceschini che la questione è all’attenzione del ministero, non si è andati. L’assicurazione è stata data qualche mese fa all’Associazione Amici di Doccia che, ancora la settimana scorsa, per iniziativa della sua presidente Livia Frescobaldi Malenchini, ha lanciato sul Sole 24Ore una organica proposta:

Qualora il Museo venisse acquisito dallo Stato, ci auguriamo che possa essere successivamente conferito ad una Fondazione pubblico-privata nella quale sarebbe grandemente auspicabile che partecipassero come soci fondatori la Regione Toscana e il comune di Sesto Fiorentino. L’acquisto da parte dello Stato consentirebbe inoltre, a chi volesse contribuire con una donazione, di beneficiare delle riduzioni fiscali previste dall’Art Bonus (…) L’eredità culturale del Museo di Doccia è un insieme di valori tangibili e intangibili, conoscenze, saper fare, tradizioni. Questa realtà può essere trasformata in una risorsa strategica che vada a beneficio del territorio e di tutti coloro che sono interessati alla salvezza e alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale.

Per avere un’idea del patrimonio in ballo, bastano alcune cifre relative al solo museo: 2.300 mq. di superficie dell’edificio; quasi 19mila mq. del terreno circostante a parco; 8mila opere in ceramica, porcellana e maiolica, modelli in gesso, terracotta, piombo e cera; 1.200 modelli in gesso; 3.500 lastre di metallo incise; 3.400 pietre cromolitografiche; 5mila disegni, più una biblioteca storica, una biblioteca moderna, una fototeca e un vasto campionario di terre.

Manifestazione per le strade di Sesto Fiorentino per chiedere che la Richard Ginori rimanga in città e che venga riaperto il museo di Doccia (http://www.quinewsfirenze.it/)

Tutto questo è sotto vincolo della Soprintendenza ai beni culturali della Toscana che ne proibisce la vendita separata sul mercato. E anzi la decisione del tribunale fallimentare è ancora più stringente: Museo, stabilimento Richard Ginori e aree di pertinenza costituiscono un patrimonio indivisibile, un “unicum inscindibile” (testuale nell’atto che disponeva l’asta giudiziaria), come testimonianza omogenea di una delle pagine più belle e importanti di quasi tre secoli di storia della prestigiosa manifattura toscana famosa non solo in Italia ma all’estero.

Vasi del Museo delle Terre, maiolica Ginori e vetro, 1740 circa (http://archivitoscana.it/)

Insomma, “ora la palla passa al Mibact e al ministro Franceschini, dal quale auspichiamo di ricevere al più presto una risposta”, ha commentato deluso il sindaco di Sesto alla notizia che nessuno si è fatto avanti all’asta e che quindi i tempi sono più che maturi per una tempestiva iniziativa dello Stato per esercitare quel diritto di prelazione sui beni museali e industriali che è anche nell’implicito auspicio del giudice fallimentare che, appunto, ha rinviato sine die il bando di una eventuale terza asta in attesa…

Museo Doccia. A vuoto anche la seconda asta, ora intervenga Franceschini ultima modifica: 2017-02-27T16:20:37+01:00 da GIORGIO FRASCA POLARA
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