L’Arsenale del futuro. Museo, laboratorio, polo di ricerca. E non è un sogno

SILVIO TESTA
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Ho avuto il privilegio, alcuni giorni fa, di presentare un libro per i cento anni del Cantiere Faldis (già Toffolo) a Venezia, davanti a un vasto pubblico competente e interessato, nutrito di marineria. Il titolare dell’azienda, Francesco Toffolo, ha poi indicato l’Arsenale come perfetta collocazione per un polo cantieristico veneziano, mentre, sempre per l’Arsenale, io avevo parlato di funzioni museali, riferendomi alla bimillenaria tradizione costruttiva adriatica, partendo dalle steli funerarie di fabri navalis risalenti al 1. secolo d.c. conservate nei musei di Aquileia e di Ravenna. Le due proposte non sono assolutamente in contrasto, anzi.

Quanti parlano di funzioni museali in Arsenale – non sono certo il solo, tanto che esiste un Forum Futuro Arsenale che riunisce con analogo obiettivo tante associazioni veneziane – non intendono un mero deposito di vecchie barche, ma un laboratorio del sapere che racconti il rapporto dell’uomo col mare in quella che per secoli fu la più moderna fabbrica produttiva d’Europa, una viva fucina di cultura marittima, se è vero che la sfida della globalizzazione la si vince solo col valore aggiunto della ricerca.

Nelle darsene dell’Arsenale si può immaginare certo un museo, in tutto o in parte galleggiante come è stato fatto ad Amsterdam, o a Stoccolma per il Vasa, o a Portsmouth per la Victory di Nelson e altre navi, o a Palos de la Frontera per la Pinta di Colombo, contornato dalle funzioni artigianali necessarie. Ma il volano di tutto non può essere che uno: un laboratorio per lo studio e la conservazione del legno antico che nasca in funzione della galera trecentesca scoperta ma poi risepolta in laguna, a San Marco in Boccalama.

È l’unico esemplare esistente al mondo, altro che improbabili ricostruzioni del Bucintoro, e credo che le imprese produttrici di resine, di attrezzi, di strumenti necessari al restauro e alla conservazione farebbero a gara per finanziare l’impresa. A Pisa, con le navi romane scoperte tra Arno e Serchio, sono stati capaci di creare in cinque anni il Museo delle Navi Antiche, e a Venezia no?

Attorno al laboratorio, però, deve crescere un mondo: c’è già l’Istituto di Studi Militari Marittimi, ma perché le due università veneziane non possono collaborare, creando con la Marina una grande biblioteca dedicata al mare? E perché non possono istituire o concentrare in Arsenale corsi o facoltà di archeologia navale, di biologia marina, di progettazione navale, di disegno e di arredo per imbarcazioni da diporto, in collaborazione tecnica con Thetis e produttiva coi cantieri che, come vorrebbe Toffolo, dovrebbero trovare collocazione nell’area dei tre bacini di carenaggio, meraviglia architettonica ottocentesca?

Cosa vi si oppone? La presenza nei bacini del Consorzio Venezia Nuova, intanto, per la manutenzione delle paratoie del Mose. Si tratta di uno spreco di spazi pregiati, con tante aree libere nella zona industriale di Porto Marghera, ma pare che i commissari del Consorzio non siano alieni almeno dal pensare a un possibile spostamento.

E poi l’incapacità di sognare, soprattutto. Non si sa quali siano i disegni sull’Arsenale della giunta Brugnaro, ma si spera che non siano in continuità con quelli della giunta Orsoni, che aveva in mente una mera operazione immobiliare: la collocazione nelle tese di attività imprenditoriali le più diverse purché fisicamente compatibili con i singoli edifici. Uno spezzatino indifferente all’unitarietà dell’Arsenale e tale da togliere ogni senso alle tese che non sono mere cubature, volumetrie, ma pezzi di storia che hanno significato solo in rapporto alle darsene e al mare.

È il Comune che dovrebbe guidare un simile progetto, anche per creare centinaia di posti di lavoro qualificato e attrarre un turismo di qualità. Dicono che Brugnaro sia un visionario, misuriamo sui fatti se davvero sa pensare in grande o se si accontenta anche lui del piccolo cabotaggio.

L’Arsenale del futuro. Museo, laboratorio, polo di ricerca. E non è un sogno ultima modifica: 2017-02-28T17:58:24+01:00 da SILVIO TESTA
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1 commento

Sandro 3 Marzo 2017 a 16:13

Plaudo alla bellissima iniziativa editoriale per i 100 anni del Cantiere Faldis /Toffolo e non posso che condividere le proposte affascinanti per lo storico l’Arsenale che però a tutt’oggi rimangono sogni e chimere! Ma cosa si dovrebbe scrivere allora sui cantieri navali oramai ” scomparsi ” in Arsenale complice il silenzio assordante di tutta la classe politica che ha governato e tutt’ora governa la città di Venezia? Nulla che non sia già stato scritto per le note vicende dello scandalo MOSE e ad esso facilmente imputabile. Purtroppo quest’area nella sua veste di ultima attività industriale di Venezia è diventata antieconomica e improduttiva e pertanto recuperabile solo con risorse statali per un progetto pubblico faraonico che continuerà a gravare sui contribuenti per molti decenni. Per il resto è oblio e tanta indifferenza che non sia…. Carnevale.

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