Elezioni europee, dopo l’Olanda occhi puntati su Parigi

MARIO GAZZERI
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In attesa del primo turno delle presidenziali francesi, il prossimo 23 aprile, l’Olanda ha dato un primo segnale di contenimento rispetto al dilagare dei sentimenti xenofobi ed anti-islamici che i recenti offensivi attacchi del “sultano” turco Recep Tayyip Erdoğan sembravano aver alimentato in particolare proprio nei Paesi Bassi ed in Germania.

Populismo xenofobo già sconfitto in Austria

Già in Austria, la sfida xenofoba aveva mostrato il fiato corto lo scorso 4 dicembre, giorno delle elezioni presidenziali, dopo i picchi fatti registrare dall’ondata populista del partito di estrema destra di Norbert Hofer, ancora poche settimane prima della consultazione. Anche lì il verde Alexander Van der Bellen aveva poi sconfitto il leader ultranazionalista aggiudicandosi quasi il 54 per cento dei suffragi.

Il presidente austriaco Alexander von der Bellen a un’iniziativa di beneficenza

La destra estrema sembra ormai una prerogativa dei quattro paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad, la Repubblica Ceca e la Slovacchia oltre all’Ungheria di Viktor Orbán e alla Polonia della signora Beata Szydło. L’antieuropeismo di quest’ultima è diventato proverbiale quando recentemente ha votato, unico paese tra i 27 dell’Ue, contro il suo connazionale Donald Tusk per una sua nomina ad un secondo mandato come presidente del Consiglio europeo.

Wilders comunque seconda forza politica olandese

Nei Paesi Bassi, Geert Wilders è comunque diventato, per numero di suffragi, il secondo partito olandese. Sembra dunque naturale che da qui al 23 aprile, in Francia, Marine Le Pen darà una lettura diversa da quella dei maggiori quotidiani liberali europei che parlano di sconfitta del populismo. Questo dell’Olanda è però stato solo il primo atto del lungo anno elettorale europeo e, secondo la metafora calcistica dello stesso primo ministro Mark Rutte, si è trattato dei “quarti di finale” mentre la semifinale “si giocherà in Francia” tra il 23 del prossimo mese e il ballottaggio del 3 maggio e la “finalissima” vedrà, in Germania, la cancelliera europeista Angela Merkel giocarsela a fine settembre contro il socialdemocratico Martin Schulz, forse ancora più europeista di lei. Mentre la giovane anti-Ue, Frauke Petri, non sembrerebbe avere molte chance.

Il leader di GroenLinks Jesse Klaver con un gruppo di attivista verdi di fronte alla stazione di Amsterdam, città dove sono stati il partito più votato

Ora la Francia

Archiviato il capitolo olandese, tutti gli occhi sono puntati su Parigi, prossimo appuntamento dell’anno elettorale europeo. Una campagna elettorale drammatica, quella d’oltralpe, ricca di spunti tragicomici, di rovesciamenti di fronte, scandali e certificazione di fine carriera (vedi Nicolas Sarkozy e Alain Juppé sul fronte neogollista e Manuel Valls sul fronte socialista). Il capo del centro-destra, dei Républicains neogollisti, François Fillon indagato per l’affaire degli impieghi fittizi, come consulenti parlamentari, di moglie e figli, aveva detto “se sarò indagato mi ritirerò” e aveva parlato di una presunta onestà dei gollisti evocando il Generale: “ma potreste mai immaginare de Gaulle indagato?”, stabilendo così un paragone tanto implicito, quanto incauto e fuori luogo. Eppure lo zoccolo duro dei gollisti è ancora con lui. François Fillon, che ha raccolto al Trocadèro una folla di sostenitori imponente (forse non duecentomila persone come hanno fatto sapere i suoi assistenti ma neanche “i quarantamila scarsi” di cui ha parlato l’opposizione) è ancora dato al venti per cento, non lontanissimo da Emanuel Macron, dato al 24.

Emanuel Macron con Sigmar Gabriel

Fatto sta che, dopo il comizio, Alain Juppé ha ritirato la sua disponibilità a sostituirlo nella corsa all’Eliseo. Anche Marine Le Pen (probabile vincitrice al primo turno, ma sconfitta al ballottaggio del 3 maggio “da qualsiasi avversario”, come concordano quasi tutti i sondaggisti) è stata accusata di malversazione di fondi europei, circa trecentomila euro. Tutti elementi che sembrano rendere ormai molto probabile l’affermazione di Emanuel Macron il 3 maggio prossimo e che proprio in questi giorni ha ottenuto, a Berlino, un tacito “endorsment” da parte di Merkel e del presidente eletto Steinmeyer. Piccole ombre anche sul giovane Macron, uscito in tempo dal partito socialista e leader del nuovo movimento En marche! , per un viaggio a Las Vegas costato non poco (quasi quattrocentomila dollari) e pagato da un suo potente amico.

E la sinistra?

Come in Olanda, anche in Francia la crisi della sinistra europea si tradurrà in un grave ridimensionamento (c’è chi parla di “disastro”). La scelta del candidato socialista di sinistra Benoît Hamon rischia di trasformarsi in una débacle per la “gauche” francese. L’ex primo ministro di Hollande, Manuel Valls, sconfitto alle primarie, era almeno accreditato di un consenso elettorale maggiore di quello previsto dai sondaggisti per Hamon. Ma la tendenza quasi suicida della sinistra europea, come sappiamo bene, non è una caratteristica solo francese.

Elezioni europee, dopo l’Olanda occhi puntati su Parigi ultima modifica: 2017-03-17T18:10:02+01:00 da MARIO GAZZERI
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