“Europa e Africa, UE e UA. Due Unioni devono fare la forza”. Parla Mario Raffaelli

Il presidente di Amref Health Africa, profondo conoscitore delle vicende africane, traccia un quadro sulle relazioni fra i due continenti vicini e tra UE e AU, intrecciando scenari geopolitici e crisi tutt’altro che risolte
ANGELO FERRARI
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Il 2017 sarà un anno cruciale per le relazioni fra Europa e Africa.

Nel mese di novembre, infatti, avrà luogo in Costa d’Avorio un vertice fra Unione Europea e Unione Africana. Il quinto da quando, nel 2007, fu formalmente istituita una partnership fra le due organizzazioni. Da allora, va riconosciuto, non molto è stato ottenuto in rapporto ai diversi “pilastri” sui cui si è basata la cooperazione. Il settore dove si è più investito è quello relativo a “pace e sicurezza”.

Mario Raffaelli, presidente di Amref Health Africa, profondo conoscitore delle vicende africane, traccia un quadro sulle relazioni fra Europa e Africa, intrecciando scenari geopolitici e crisi tutt’altro che risolte, crisi, anzi, che nel corso degli anni si sono incancrenite. Raffaelli è stato chief mediator nel processo di pace in Mozambico, dal 1990 al 1992. Una pace storica in cui l’Italia, anche grazie a Raffaelli, ha avuto un ruolo chiave, e ancora oggi ha un ruolo di mediatore in Mozambico, dove la pace è ancora a rischio. Raffaelli è anche conosciuto e apprezzato per il suo lungo impegno per la Somalia, dove è stato Speciale Rappresentante del governo italiano e di recente è stato nominato esperto per le iniziative di pace nel Corno d’Africa durante la presidenza italiana del G8.

Mario Raffaelli

Nonostante le ingenti risorse messe in campo – prosegue Raffaelli – i problemi della stabilità e del terrorismo sono ben lungi dall’essere risolti. Anzi, alle ferite aperte ormai da anni, come la Somalia e il Corno d’Africa in generale, si sono aggiunte le situazioni esplosive della Libia, del Mali, della Nigeria, del Burundi. Del Centro Africa, della Repubblica del Congo, del Sud Sudan. Ciò contribuisce, purtroppo, a frenare la positiva dinamica economica che aveva indotto molte istituzioni a prevedere un “miracolo africano”.

Un miracolo che è, piuttosto, un miraggio.
Siamo di fronte a una realtà dove, accanto ad aree di potenziale sviluppo, coesistono situazioni ormai incancrenite, con effetti devastanti. In questi casi, infatti, al dramma dell’instabilità e del mancato sviluppo si sta sommando, quest’anno, una siccità senza precedenti. Provocando la peggiore crisi umanitaria dagli anni Novanta, con undici milioni di persone a rischio nel bacino del Lago Ciad, sei milioni in Somalia, cinque milioni in Sud Sudan.

28mo vertice dell’Unione Africana, Addis Abeba, gennaio 2017, UN Photo/Antonio Fiorente

Per tornare al vertice di novembre in Costa d’Avorio. Unione Africana e Unione Europea, oggi, stanno vivendo, entrambe, una profonda crisi di identità.
Da un lato l’Unione Africana, paralizzata dai problemi sopra ricordati, dall’altro l’Unione Europea, giunta a un bivio che può condurla ad una rinnovata articolazione o, addirittura, al rischio di dissoluzione. Il tutto, in un contesto radicalmente trasformato, dove l’influenza sui dossier africani della Cina, dei Paesi del Golfo e della stessa Turchia è cresciuta enormemente. Mentre, allo stesso tempo, la nuova presidenza Trump pone inediti interrogativi sul ruolo degli Stati Uniti. Sembrerebbe, questo, un segno del destino che accomuna, di fatto, il futuro dei due continenti.

Il Lago Ciad. In blu scuro nel 2002, in azzurro il Grande Lago Ciad

Quali sono le sfide che deve affrontare l’Unione Africana?
L’Unione Africana, per parte sua, sta tentando di fare i conti con le sue criticità e con quelle dei Paesi che la compongono. Focalizzandosi sulle priorità continentali – stabilità, processi democratici, integrazione dei mercati – con l’obiettivo di ridisegnare le strutture dell’istituzione in maniera conseguente, e cercando di individuare gli strumenti e l’approccio migliori per contrastare i mali storici, costituiti da processi elettorali fraudolenti, leader che non vogliono lasciare il potere al termine dei loro mandati, corruzione, governi autoritari e repressivi, crescita esponenziale della popolazione accompagnata da disoccupazione endemica.
Per affrontare queste sfide – e nella consapevolezza del calo di risorse proveniente dai donatori tradizionali – l’Unione Africana sta cercando, come detto, non solo di rimodellare le sue strutture ma anche di dotarsi di meccanismi nuovi d’autofinanziamento. Come, ad esempio, la decisione di ottenere, da ciascun paese, un contributo dello 0,2 per cento sulle importazioni.

Federica Mogherini, “ministro degli esteri” della Ue, con una delegazione della Commissione incontra ad Addis Abeba gli omologhi africani guidati da Moussa Faki Mahamat, 17 marzo 2017

E l’Unione Europea sta a guardare?
L’Unione Europea dovrebbe cercare di corrispondere, da parte sua, a questo sforzo di rinnovamento. Con la consapevolezza che proprio la minaccia del terrorismo e le crisi migratorie – il 28 per cento dei rifugiati mondiali sta in Africa – costituiscono il terreno comune di una cooperazione vitale per entrambi. Purché da entrambe le parti si comprenda che il terrorismo non si sconfigge se non si risolvono anche le cause profonde che ne favoriscono la sopravvivenza e, allo stesso modo, ci si renda conto che non ci sono soluzioni definitive, a breve termine, per regolare i flussi migratori.

Alle pur necessarie azioni di emergenza devono seguire politiche di lungo periodo, capaci di risolvere i nodi strutturali alla base degli esodi che caratterizzano i nostri tempi: guerre, povertà, disuguaglianze, repressioni, crescita incontrollata di una gioventù senza prospettive. Una battaglia, questa che deve coinvolgere tutte le energie disponibili, pubbliche e private, istituzionali e non governative. Perché da essa dipende il futuro del nostro mondo e di chi lo abiterà.

“Europa e Africa, UE e UA. Due Unioni devono fare la forza”. Parla Mario Raffaelli ultima modifica: 2017-03-24T13:25:10+01:00 da ANGELO FERRARI
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