Gli imprevedibili percorsi, gli ondivaghi sentieri della Storia hanno spesso attraversato località, paesi, villaggi dei quali, altrimenti, quasi nessuno avrebbe mai conosciuto l’esistenza. Austerlitz, Waterloo, Verdun, Caporetto, El Alamein, tappe di tragici itinerari che hanno contrassegnato l’Ottocento e il Novecento. E Guernica. La cittadina dei Paesi Baschi spagnoli che fu parzialmente distrutta, ottant’anni fa dagli aerei della Legione Condor tedesca con l’ausilio dei Savoia Marchetti italiani.

Realizzato su commissione del governo della Repubblica comunista in piena guerra civile contro i nazionalisti, fu al centro del padiglione spagnolo in occasione dell’Esposizione internazionale tenutasi a Parigi nel 1937[. Ospitato per molti anni al Museum of Modern Art di New York, tornò in patria nel 1982 a nove anni dalla morte dell’autore e sei da quella di Francisco Franco.Nel corridoio che si trova davanti alla sala del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si trova un arazzo che riporta il famoso quadro di Picasso, Guernica. Attualmente è esposto al Reina Sofia Museum di Madrid
Un grido infinito
Mesi prima erano state bombardate Durango (dall’Aviazione Legionaria Italiana), Bilbao ed altre cittadine basche. Ma Guernica è diventata l’icona dell’eterna guerra tra bene e male, il simbolo delle atrocità belliche grazie ai filmati girati e alle foto scattate proprio quel giorno e, soprattutto, al grande quadro bicromatico di Pablo Picasso, esule a Parigi. Un grido infinito di dolore, un’angoscia più profonda dell’Urlo di Edvard Munch. Uno dei più incisivi “manifesti” mai creati contro la guerra.
Quel 26 aprile del 1937
Quel giorno era il 26 aprile del 1937 e, nella realtà, il bombardamento non durò molto e le vittime furono “solo” duecento, probabilmente meno, secondo i risultati di una lunga inchiesta svolta anni fa da un gruppo di magistrati e storici indipendenti guidati dal famoso giudice Baltasar Garzón. Tedeschi e italiani dissero poi che il vero obiettivo era in realtà un ponte, appena fuori dell’abitato, che avrebbe potuto rivelarsi d’aiuto alla momentanea fuga e ad una eventuale riorganizzazione delle truppe repubblicane, aggiungendo che le bombe incendiarie erano cadute sulla cittadina a causa del forte vento.
Ma è ormai assodato che Guernica fu scelta dai nazisti per provare la potenza di fuoco della loro nuova aviazione, composta soprattutto da caccia Messerschmitt e dai bombardieri Junkers e Stukas, poi ampiamente utilizzati solo due anni dopo per bombardare Varsavia e la Gran Bretagna: Manchester, Londra e Coventry, quest’ultima letteralmente rasa al suolo tanto da ispirare, in Italia, il neologismo “coventrizzare”.
Forse un milione di vittime
In un conflitto durato dal 1936 al 1939 con la caduta di Barcellona e la strage di trotzkisti e anarchici da parte degli stalinisti (come ricorda bene anche George Orwell nel suo “Homage to Catalonia“) e che costò la vita a settecentomila persone, forse un milione, ben altre stragi avrebbero potuto essere ricordate. Le fucilazioni dei repubblicani sconfitti furono migliaia come ricorda lo storico britannico Hugh Thomas secondo cui “tutte le guerre civili provocano molte atrocità ma è il vincitore che compie quasi sempre il maggior numero di crimini”. Thomas aggiunge poi, citando i diari di Galeazzo Ciano, che dopo l’Abissinia Mussolini
era ansioso di provare le sue armi su qualcun altro e far sapere al mondo che gli italiani erano una potenza militare e non un popolo di suonatori e cantanti.
Da parte sua un altro storico inglese, Paul Preston, nel suo bel libro “La guerra civile spagnola-1936-1939”, scrive che al conte Ciano (che dopo la vittoria di Franco protestò vibratamente contro il numero incredibile di esecuzioni di repubblicani) Mussolini aveva detto a fine agosto del 1938:
Segna sul tuo libro ch’io oggi, 29 agosto, prevedo la sconfitta di Franco. Quest’uomo non sa fare o non vuol fare la guerra. I rossi sono dei combattenti, Franco no.

Le rovine di Guernica
Guadalajara, italiani contro italiani
Poche settimane prima di Guernica, si era combattuta, dall’8 al 23 marzo, la battaglia di Guadalajara, tra falangisti e camicie nere da un lato e repubblicani e volontari internazionali dall’altro. Fu una delle battaglie più sanguinose della guerra spagnola ed il peso principale fu sostenuto proprio dagli italiani, rossi e neri, gli uni contro gli altri. La battaglia fu vinta dai repubblicani e, come ricordava Montanelli, per noi
fu la prova generale della guerra civile che contrappose tragicamente gli italiani pochi anni dopo, dall’8 settembre ’43 a fine aprile del ’45.

Picasso lavora a Guernica
La guerra di Spagna, il difficile compito degli storici
Le memorie della guerra di Spagna vivono grazie alle corrispondenze speciali di alcuni grandi giornalisti e alle foto e ai filmati di guerra. Ma il compito per gli storici era e rimane difficile. La propaganda inquinò molti resoconti e la censura di paesi come Germania, Italia, Ungheria, Romania e Irlanda (da cui partirono trecento volontari fascisti) rese spesso poco credibili i resoconti dal fronte spagnolo. D’altra parte i repubblicani, abbandonando via via tutte le città che controllavano, distrussero un numero incredibile di prove e documenti importantissimi per una futura, obiettiva ricostruzione degli eventi.
C’è poi da ricordare che subito dopo l’insediamento di Franco a Madrid, Francia e Gran Bretagna riconobbero il nuovo governo dittatoriale. Ma questa fu una mossa dettata soprattutto dalla volontà di tenere fuori la Spagna dall’imminente conflitto mondiale. Gli Stati uniti intervennero con massicci aiuti per la ricostruzione del paese e nel famoso incontro di Hendaye (vicino a San Sebastián) tra Hitler e Franco, il caudillo spagnolo aveva resistito alle lusinghe del Führer che voleva trascinarlo nell’Asse. Al termine del colloquio, Hitler sospirò: “avrei preferito che mi avessero strappato quattro denti!”.

Picasso lavora a Guernica
Il valore universale della Guernica di Picasso
La guerra civile spagnola fu raccontata anche da molti scrittori con romanzi come “Per chi suona la campana” in cui Hemingway trasferisce la “logica dei cowboy” alla Spagna, come sostennero vari critici spagnoli. Una superficialità nell’interpretare i fatti storici che gli venne rinfacciata anche all’apparire di “Addio alle armi”, romanzo definito da alcuni “una storia raccontata attraverso la bottiglia”, con evidente riferimento alla tendenza al bere caratteristica di Hemingway ed altri scrittori americani.
La Guernica di Picasso è molto più di un quadro in memoria del martirio di una cittadina basca. È un dipinto quasi onirico che assume un valore universale. Guardandola, la mente si affolla di pensieri. E di nomi. Dresda, Hiroshima, il Vietnam bombardato per anni, i recenti bombardamenti nel vicino oriente per la cosiddetta “esportazione della democrazia”. Guernica è un drammatico inno alla pace. Picasso raccontò che, nella Parigi occupata dai tedeschi, un giorno un ufficiale della Wehrmacht, evidentemente poco amante dell’arte moderna, venne a trovarlo nel suo studio. E, vedendo sul muro “Guernica”, sorpreso esclamò “ma, Maestro, l’avete fatto voi quest’orrore?”, “No l’avete fatto voi…” rispose il pittore.

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