Frauke Petry ha incassato un colpo che rischia di metterla al tappeto.
In occasione della due giorni di congresso a Colonia di Alternative für Deutschland (AfD, Alternativa per la Germania), la co-presidente della formazione di estrema destra tedesca si è vista bocciare dai seicento delegati una mozione in cui sosteneva una svolta moderata. Il suo obiettivo: prendere definitivamente le distanze dalle ideologie antisemite, nazionalistiche e razziste e aprire l’AfD all’alleanza con altre formazioni politiche, a partire dalle elezioni federali del 2021.

Fauke Petry
Per Petry la sconfitta è stata doppia. Non solo i delegati non hanno voluto discutere la sua proposta, ma hanno anche eletto un tandem di “candidati guida” per le elezioni federali del 24 settembre che indebolisce ulteriormente la sua leadership. Si tratta di Alexander Gauland, acerrimo rivale di Petry e garante dell’ala destra del partito, e Alice Weidel, trentotto anni, economista in quota “moderata”, che ha tutte le carte per diventare il nuovo volto femminile dell’AfD.
Petry è arrivata al congresso logorata da mesi di lotte intestine. Ha pagato la scelta di sfidare apertamente l’ala destra del partito, sostenendo nei mesi scorsi l’espulsione di uno dei suoi esponenti di spicco, Björn Höcke. Prossima al parto, nelle ultime settimane la politica tedesca, affermatasi sulla scena nazionale come l’anti Merkel, ha fatto intendere di essere pronta a lasciare le redini del partito. Di questo passo, per lei abdicare potrebbe diventare una scelta obbligata.

Fauke Petry al congresso dell’AfD
Petry si è giocata tutto sabato, giornata di apertura del congresso, chiedendo ai delegati di discutere una mozione per imprimere all’AfD una “svolta realista” e riuscire così a far presa su quelle fasce della popolazione che guardano al partito ancora con diffidenza, memori delle uscite apertamente razziste di vari suoi esponenti, Petry compresa. Una sorta di “de-diabolizzazione” sullo di stile di quella con cui Marine Le Pen ha ripulito il volto del Front National in Francia, “affinché l’AfD diventi per gli elettori, a partire dal 2021, un’opzione realistica, per non lasciare il governo in mano ai partiti tradizionali”.
Una scommessa dal sapore di sfida per i rivali interni di Petry, il vice Alexander Gauland e il co-presidente Jörg Meuthen, ma soprattutto per la destra radicale del partito, che fa capo a Björn Höcke. Però di Realpolitik i seicento delegati non ne hanno proprio voluto sentir parlare: hanno votato contro la discussione della mozione presentata dalla co-presidente e fatto, invece, appello all’unità del partito, dopo che negli ultimi mesi i dissapori interni hanno monopolizzato le cronache e trascinato AfD in basso nei sondaggi.

Jörg Meuthen
Alla doccia fredda per Petry ha fatto da contraltare l’entusiasmo con cui è stato accolto l’intervento dell’altro co-presidente Jörg Meuthen, a lungo applaudito per aver sostenuto che l’AfD non si alleerà mai con gente come Merkel, Schulz o i Verdi, le cui politiche a favore dei migranti avrebbero distrutto la Germania. Meuthen ha fatto notare che, quando esce di casa nella sua città, a fatica riesce a incontrare dei tedeschi per strada, tanti sarebbero i migranti arrivati nel Paese. “Non vogliamo diventare una minoranza a casa nostra, anche se questo e già accaduto in alcune parti della Germania”, ha denunciato Meuthen, avvertendo che un giorno il Paese potrebbe essere dominato dai musulmani.
Meuthen rifiuta l’etichetta di xenofobo e si definisce, piuttosto, preoccupato per come i migranti, perlopiù musulmani, almeno stando agli arrivi degli ultimi due anni, stiano cambiano il volto del Paese. Sabato è arrivato a paragonare la Germania al Titanic: “Tutti sono ancora di buon umore e c’è un clima da festa, ma per la grande nave non è più possibile cambiare direzione. La gente non può o non vuole immaginare lo scontro con l’iceberg ma questo e inevitabile”.
Petry è arrivata al congresso con il fiato già corto. Mercoledì scorso aveva dichiarato di non essere disponibile a correre per la cancelleria alle elezioni presidenziali del prossimo settembre, in cui l’AfD potrebbe fare per la prima volta il suo ingresso nel parlamento tedesco. Un passo di lato e non necessariamente indietro: Petry ha, infatti, ribadito di non voler rinunciare alla leadership del partito e di essere comunque intenzionata a correre per un seggio al Bundestag. La decisione di non guidare il partito in occasione delle consultazioni di settembre, forse giustificata dal fatto che dovrà partorire nei prossimi mesi, ha aperto però nuovi spazi politici per i suoi avversari.
Un destino ironico quello a cui sta andando incontro la quarantunenne, chimica e imprenditrice di professione, che solo due anni fa strappò la leadership del partito al suo fondatore Bernd Lucke, alleandosi con l’ala destra del partito e trasformando l’AfD da una forza politica essenzialmente anti-euro a un partito anti-migranti e anti-Islam. Ora quella stessa ala destra le volta le spalle, dopo che nei mesi scorsi Petry ha innescato una lotta fratricida con i suoi esponenti più radicali.

Björn Höcke
Petry si è scatenata addosso le ire dei compagni di partito dopo aver guidato il tentativo di espellere Björn Höcke, portavoce dell’AfD in Turingia, reo di aver suggerito pubblicamente di smetterla di ricordare il passato nazista del Paese. Uno scandalo che ha occupato per mesi le pagine dei giornali. Il 17 gennaio, a Dresda, Höcke, intervenendo davanti a un gruppo di giovani del partito, ha fatto appello a un’inversione di rotta nella maniera in cui la Germania ricorda il suo passato.
“I tedeschi sono l’unico Paese al mondo ad aver costruito un monumento alla vergogna nel cuore della loro capitale”, ha tuonato Höcke, facendo riferimento al monumento alla memoria delle vittime dell’Olocausto. “Così si rende la storia tedesca brutta e ridicola”, ha precisato l’esponente dell’ala radicale dell’AfD, che, peraltro, di professione fa l’insegnante al ginnasio. Dichiarazioni che hanno scatenato uno sdegno generalizzato dentro e fuori il partito, seguito da un tonfo nei sondaggi dal quindici al venti percento.
Petry ha deciso di adottare la linea dura contro di lui, riuscendo a far approvare al direttivo federale un procedimento per la sua espulsione. Höcke è però a capo di un’ala che raccoglie ben il trenta percento degli iscritti al partito. Troppi per evitare una scissione in caso di una sua cacciata. Per questo, sia il co-presidente Meuthen che il vice portavoce Gauland si sono opposti al procedimento di espulsione, giustificando la loro decisione con la volontà di salvaguardare l’unità del partito.
L’affaire Höcke continua a tenere banco nell’AfD e sui media tedeschi. Sabato i delegati hanno deciso di evitare ogni discussione sul tema. Il controllo di Petry sul partito è però uscito ridimensionato da questa vicenda. Le pressioni che ha subito in questi mesi sono state enormi, prova ne è che è scoppiata a piangere davanti alle telecamere ed è arrivata anche a paventare un possibile ritiro dalla scena politica
Intervistata a fine marzo dal quotidiano Tagespiegel, la leader dell’AfD ha confessato: “Per me non ci sono alternative all’AfD e alla politica. Tuttavia, è importante riflettere di tanto in tanto sulla propria vita e aggiustare il tiro. È quello che sto facendo ora, dopo più di quattro anni nell’AfD, che per me hanno significato un dispendio di energie enorme e l’addio a una vita normale”.

Alice Weidel
Mentre la carriera politica di Petry sembra aver imboccato il viale del tramonto, un’altra giovane donna si prepara a raccoglierne il testimone. Si tratta di Alice Weidel, nominata domenica dai delegati al congresso candidata alla cancelleria per le elezioni federali di settembre, in coppia con Alexander Gauland. Trentottenne economista dai tratti tipicamente teutonici, Weidel appartiene all’ala moderata del partito, che fa capo a Petry.
Un passato da consulente finanziaria, che l’ha portata a viaggiare molto in Asia, in particolare in Cina, in Europa e negli Stati Uniti, si è imposta all’interno di AfD in quanto esperta di questioni economiche. A riguardo, ha avanzato proposte per la semplificazione della tassazione, l’abolizione del denaro contante e l’espulsione del Portogallo e della Spagna dalla zona euro.
Anche se considerata “moderata” si è distinta per posizioni molto dure rispetto a immigrazione e Islam. Non perde occasione per attaccare la politica migratoria di Merkel, che violerebbe gli accordi internazionali, si oppone a garantire l’assicurazione sanitaria ai richiedenti asilo e al modo ingenuo in cui vengono gestiti i “predicatori dell’odio islamici” e mette in guardia rispetto alle aspettative a suo avviso “troppo rosee” per quanto riguarda l’integrazione dei migranti nel mercato del lavoro tedesco.
All’indomani del voto sul referendum turco che ha conferito maggiori poteri al presidente Erdogan, si è poi scagliata contro tutti i residenti in Germania che hanno votato a favore della riforma: “Chi ha detto Sì se ne torni in Turchia”. Infine, una nota di colore, che cozza con il credo decisamente tradizionalista dell’AfD in materia di famiglia: Weidel è apertamente lesbica e vive con la compagna e un figlio di quattro anni, in una casa sul lago di Costanza.

Alexander Gauland
Alle elezioni federali del 24 settembre Weidel correrà assieme a un partner ancora più a destra, sia per storia personale che per posizioni politiche. Alexander Gauland, settantasei anni, di cui quaranta nella Cdu, fino al 2013, è colui che meglio di tutti ha saputo approfittare dei passi falsi compiuti da Petry. Il vice portavoce dell’Afd, capogruppo del partito nel parlamento regionale del Brandeburgo, si è opposto strenuamente al siluramento di Höcke e ora si presenta come garante della linea conservatrice.
Nega a spada tratta l’esistenza di tendenze razziste all’interno del partito ma come gli altri membri di AfD è noto per le sue sparate xenofobe. “Jerome Boateng? I tedeschi lo ritengono un bravo calciatore, ma non lo vorrebbero come vicino di casa”, dichiarò Gauland riguardo al calciatore della nazionale tedesca, figlio di padre ghanese e madre tedesca. Dichiarazioni per le quali Frauke Petry fu costretta a scusarsi pubblicamente a nome del partito.
La strana coppia Weidel-Gauland ha davanti a sé una sfida impervia: fermare l’emorragia di consensi che sta facendo precipitare AfD nei sondaggi. Da gennaio, la formazione di estrema destra ha perso cinque punti percentuali e si trova ora al dieci percento nelle intenzioni di voto. Con la crisi dei migranti che sembra sotto controllo, le liti interne che fanno notizia e, non ultimo, la candidatura del socialista Martin Schulz alla cancelleria, che sta facendo presa su molti di coloro che avevano deciso per il voto di protesta, l’AfD ha bisogno di pescare dal cilindro soluzioni nuove se non vuole che le elezioni di settembre si rivelino una disfatta.
I punti chiave proposti nel programma elettorale, approvato nel secondo giorno di congresso, puzzano però di naftalina: meno migranti, più bambini (con una serie di politiche a sostegno della famiglia tradizionale), lotta senza quartiere all’Islam e uscita della Germania dall’euro. Un programma che rispecchia un partito sempre più espressione della destra radicale, che si auto-condanna a restare ai margini dell’azione politica. Della “de-diabolizzazione” auspicata da Frauke Petry, per il momento, non si intravede neanche l’ombra.

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