#confrontoskytg24. Quando la politica non fa spettacolo

GUIDO MOLTEDO
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Con uno share dell’uno e mezzo per cento (poco più di quattrocentomila telespettatori), il confronto tv Renzi-Emiliano-Orlando è stato un insuccesso. Un flop se paragonato con analoghi dibattiti precedenti. Quello tra Bersani, Renzi, Vendola, Puppato e Tabacci, nel 2012, fu visto da un milione e 800 mila persone (oltre il sei per cento di di share). Il successivo, tra Renzi, Cuperlo e Civati, dal 2,67 per cento dei telespettatori.

Certo, l’insidiosa concorrenza del duo Spencer-Hill (l’ennesima replica su Rete4 del sempreverde E lo chiamavano Trinità) avrà avuto il suo peso nell’abbassare l’auditel del confronto Pd. Ma – restando in politica – farà più male (al Pd) sapere che il pentastellato Alessandro Di Battista, nella stessa serata, su Otto e mezzo, è stato visto da un milione e 300 mila spettatori.

Matteo Renzi ha insistito perché, di dibattiti televisivi con i suoi due rivali per la segreteria, ci fosse solo uno. Di più sarebbe stato un serial autodistruttivo. E, fiutando l’aria di noia, ha fissato a un milione l’asticella oltre la quale le primarie di domenica prossima potranno essere considerate un successo [Orlando ha giocato al rialzo per sminuire preventivamente la vittoria del rivale, con l’occhio già rivolto al dopo primarie, evidentemente auspicando il  prosieguo della lotta interna senza fine nel Pd, così come ha fatto successivamente Emiliano, annunciando di non voler deporre le armi dopo il voto di domenica. L’idea frizzante di un partito in continuo fermento].

La politica non fa più audience? È quel che si dice. Anche se di tanto in tanto questa credenza è smentita. Si potrà dire che la politica fa spettacolo quando ci si picchia e volano le parole grosse, anche se nella crisi dei talk show è evidente l’esaurimento di quel “genere”. Comunque, nel dibattito condotto da Fabio Vitale il registro prevalente è stato quello della civiltà dei toni, con qualche contenuta cattiveria. Bene.

Il flop ha diverse ragioni.

Alcune “spettacolari”. Molti aspetti del format penalizzavano i contendenti, specie Renzi. Sul tutto, la mole esuberante di Emiliano rimpiccioliva – ai suoi lati – sia l’ex-premier sia Orlando, e di conseguenza Emiliano stesso appariva ridondante oltre misura: la sua stazza conferiva alla sua presenza, al linguaggio non verbale e al suo eloquio un di più di inutilmente ingombrante e prepotente.

Renzi, essendo il frontrunner, pagava anche il costo inevitabile della posizione di favorito, tirandosi addosso gli attacchi, sovente sul piano personale, di Emiliano. Ma anche di Orlando, più abile del barese nel mescolare politico e personale. Facendo questo, però, è apparso anche sleale nei confronti del suo ex-principale, il quale ha avuto buon gioco nel rimproverargli macroscopiche incoerenze.

Non ci si poteva aspettare molto da una competizione nella quale c’è un superfavorito, in cui l’unico divertimento sadico poteva essere quello di vederlo inciampare e farsi male. Anche per questo molti hanno preferito sintonizzarsi con una coppia di entertainer più simpatici e divertenti come Bud Spencer e Terence Hill o con un comico come Di Battista.

La platea risicata che ha seguito il dibattito riflette le dimensioni di un pubblico di attivisti e di addetti al lavori, e sembra escludere il pubblico più vasto che da questo tipo di confronti potrebbe essere indotto a votare e, soprattutto, a scegliere consapevolmente, se non ha già deciso in modo netto, il suo candidato.

Quindi è improbabile che sia servito a muovere consensi verso l’uno o verso l’altro o dall’uno all’altro.

Per Renzi avrebbe potuto essere l’occasione per dimostrare che, anche nella comunicazione, ha cambiato passo o è in grado di farlo.

Da questo punto di vista non ha dato indicazioni nette. La sua apparente maggiore disponibilità all’ascolto e all’interazione sembrava più il frutto di un’autoimposizione, se non addirittura dell’assunzione di un calmante. È anche possibile che sia in effetti maturato, avendo dato prova di notevole compostezza nei confronti di un Emiliano che in tutta evidenza intendeva provocarlo per indurlo a fare un passo falso. Con Orlando gli scambi polemici sono stati più agevoli ed efficaci, sia per la migliore conoscenza diretta del concorrente sia perché erano troppo studiatamente a freddo gli attacchi del ministro rivolti al suo ex-sodale e oggi rivale.

Renzi – anche per capire se è entrato in una nuova fase del suo tragitto politico – andrà osservato dopo l’esito del voto di domenica, quando tornerà a essere nuovamente il leader. Sarà ancora l’uomo solo al comando? Si contornierà di una squadra “plurale”, o lo farà per finta? L’evento di mercoledì sera – per contrasto con le sue precedenti performance – farebbe pensare che la sua natura autentica, e dunque migliore (o peggiore per i suoi avversari e detrattori), sia quella del leader solitario, insofferente all’interazione reale – non di pura scena – con gli altri.

C’è da osservare che dal dibattito, di contenuto politico. non è venuto fuori granché. Difficile capire – se ognuno dei candidati rappresenta qualcosa e non solo se stesso – che cosa sia il Pd oggi, e quale sia il paesaggio dei prossimi mesi nel quale lo vedremo protagonista.

Sul tema dirimente della legge elettorale e delle alleanze non si è capito niente.

È stato sbagliato e fuorviante – sorprendente da parte di Orlando – riproporre il dilemma dell’alleanza con Berlusconi, quando tutti sanno che evidentemente un nodo del genere lo dovrà sciogliere, non Renzi, ma chiunque sarà il segretario del Pd, in presenza di un esito inevitabilmente frammentato di elezioni disputate con il sistema proporzionale. Un nodo che anche Grillo si troverà dinanzi, ovviamente.

 

#confrontoskytg24. Quando la politica non fa spettacolo ultima modifica: 2017-04-27T16:21:42+02:00 da GUIDO MOLTEDO
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