[STRASBURGO]
Non sbaglia quasi niente e ciononostante arranca ormai da mesi nei sondaggi. Non si dà pace Martin Schulz, il candidato alla cancelleria della SPD, il Partito socialdemocratico tedesco. La sua è stata finora una campagna senza sbavature: al grido di “La Germania può fare di più”, il campione della sinistra tedesca, tornato in patria dopo due mandati alla guida del parlamento europeo, ha inanellato una serie di proposte innovative che hanno ridato vigore a una SPD che sembrava ormai a corto di idee. Un “conto delle opportunità”, ovvero cinquemila euro per tutti i lavoratori residenti in Germania, da usare per finanziare un’ulteriore fase della propria formazione o per aprire una nuova attività produttiva, una clausola che obblighi lo Stato a investire, da inserire direttamente in costituzione, e la promessa di mettere il veto sul prossimo bilancio UE se questo non sarà all’insegna della solidarietà: ecco i punti forti della proposta programmatica di Schulz. Non abbastanza, però, per scalfire l’aura di cui gode Angela Merkel, per niente logora dopo dodici anni alla guida del Paese. A nove settimane del voto, i cristiano-democratici della cancelliera guidano indisturbati i sondaggi, con il 38 per cento nelle intenzioni di voto. La SPD segue lontana, ferma al 25 per cento.
Giustizia sociale, Europa, futuro: sono queste le parole chiave del programma elettorale e di governo che la SPD ha approvato durante il congresso a Dortmund dello scorso 25 giugno. Priorità sono un’equa distribuzione della tassazione, una stabilizzazione dei livelli delle pensioni, un’assicurazione sanitaria unificata che permetta a tutti di accedere a cure adeguate e, infine, un percorso formativo totalmente gratuito, dall’asilo all’università.
La SPD non sostiene una riduzione generalizzata della tassazione, ma, piuttosto, uno spostamento del carico fiscale dal ceto medio-basso alle classi più agiate. Quindi: addio alla tassa addizionale di solidarietà (Solidaritätszuschlag) per chi percepisce un reddito modesto (meno di 52.000 euro annui), ma anche aumento dell’aliquota di imposta più alta (Spitzensteuersatz) dal 42 al 45 per cento per i redditi a partire dai 76.200 euro annui (al momento l’aliquota si applica a partire dai 54.000 euro annui).
Sono poi previsti: un innalzamento della “tassa sui ricchi” (Reichensteuer – per i redditi sopra i 250.000 euro) dal 45 per cento attuale al 48 per cento, l’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e una riforma della tassa di successione all’insegna di una maggiore giustizia sociale. Per ultimo, la SPD prende posizione contro le grandi multinazionali che approfittano del dumping fiscale: “In Europa le imprese devono pagare le imposte nel Paese in cui realizzano i loro profitti”, sottolinea il programma elettorale dei socialdemocratici. Un programma che, almeno per quanto riguarda il tema “tasse”, convince due terzi della popolazione tedesca, secondo un’inchiesta dell’autorevole istituto di statistiche YouGov.
Per quanto riguarda le pensioni, la SPD si impegna a difendere la situazione attuale fino al 2030: promette di mantenere intatto il livello delle pensioni, di evitare che l’aliquota contributiva, oggi al 18,9 per cento, salga oltre il 22 per cento e assicura di non voler alzare l’età pensionabile oltre i 67 anni.
Il programma della SPD contiene della proposte interessanti anche in materia di sanità pubblica. I socialdemocratici propongono, infatti, di modificare la configurazione del sistema sanitario nazionale, che è basato su due tipi di assicurazione, una di base e obbligatoria, che copre la maggioranza della popolazione, e una privata. Questa divisione, secondo i critici, sarebbe alla base di disparità nel servizio sanitario, con delle migliori prestazioni garantite ai più ricchi, che possono permettersi un’assicurazione privata. Schulz e il suo partito immaginano il superamento di questa situazione attraverso l’introduzione della cosiddetta Bürgerverischerung, un’assicurazione per tutti i cittadini, alla quale tutti i lavoratori dovrebbero contribuire e per la quale datori di lavoro e lavoratori sarebbero chiamati a versare la stessa quota.

L’omaggio alla vittime del nazismo a Dachau, 21 luglio
Le proposte più innovative della campagna di Schulz non sono però contenute nel programma elettorale del partito, ma in un altro documento, il “Piano per il futuro”, che il candidato socialdemocratico alla cancelleria ha presentato domenica 16 luglio alla Willy-Brandt-Haus di Berlino, sede della SPD.
Un “conto delle opportunità”: è questo l’asso nella manica che Schulz ha calato per rilanciare la sua corsa. L’idea è coraggiosa: fare in modo che ogni adulto residente in maniera stabile in Germania abbia diritto a cinquemila euro da investire in formazione o per aprire una nuova attività. “Anche chi è a metà della sua vita ha bisogno di opportunità per rimettersi in gioco”, così Schulz ha provato a far sognare i suoi concittadini, lanciando la proposta per un contributo che a lungo termine potrebbe raggiungere dai quindicimila ai ventimila euro a persona.
Inoltre, l’ex presidente del parlamento europeo vuole inserire in costituzione una clausola che obblighi lo Stato a investire, là dove ci sono i margini per farlo. La Germania, infatti, ha già nella sua legge fondamentale un articolo che le impedisce di accumulare un debito eccessivo. La proposta di Schulz è mirata a fare da contraltare a questa misura e a rispondere agli alleati europei, che a più riprese hanno chiesto alla Germania di reinvestire l’abbondante surplus commerciale. I nuovi investimenti dovrebbero servire soprattutto a migliorare le infrastrutture pubbliche e a rilanciare le politiche legate all’istruzione. In tal senso, Schulz non ha solo promesso di rendere l’istruzione totalmente gratuita, dall’asilo all’università, ma ha anche fatto presente che le scuole tedesche avrebbero bisogno di 34 miliardi di euro per il loro ammodernamento. “Preferiamo distribuire sgravi fiscali ai più ricchi o preoccuparci che non piova nelle scuole?”, ha chiesto ironico il candidato socialdemocratico.
L’ancoraggio all’ideale europeo, poi, è uno dei pilastri del programma della SPD. Qui Schulz si fa portatore di uno spirito di cooperazione senza ipocrisie. Sul tema rifugiati, ad esempio, non esita ad accusare Ungheria e Polonia, Stati membri tra i principali contribuenti netti del bilancio europeo, di “negare la solidarietà al popolo tedesco e a coloro che invocano il nostro aiuto”. Secondo Schulz, né Italia né Germania sarebbero in grado da sole di accogliere tutti i richiedenti asilo che arrivano in Europa. Per questo, il candidato socialdemocratico sarebbe pronto ad aumentare il contributo del suo Paese al bilancio europeo, a patto che anche gli altri Stati membri si impegnino per una maggiore solidarietà.
Chi non accetta i richiedenti asilo o persegue una rovinosa concorrenza fiscale, non può beneficiare della nostra solidarietà… Se il prossimo bilancio europeo non sarà all’insegna della solidarietà, metterò il mio veto in qualità di cancelliere tedesco.
Le minacce di Schulz non si fermano ai confini europei. “Dobbiamo difendere la nostra industria dalla concorrenza sleale”, ha tuonato il socialdemocratico riferendosi alla minaccia rappresentata dalle imprese, come è spesso il caso di quelle cinesi, che sono di proprietà di uno Stato o che sono fortemente sovvenzionate. Come? Introducendo leggi più severe per quanto riguarda le acquisizioni effettuate dagli investitori stranieri residenti nei Paesi non-Ue.
Nonostante Schulz faccia di tutto per incarnare un’idea di sinistra moderna ed europea, avanzando una serie di piani concreti e innovativi, la distanza che lo separa nei sondaggi dalla sua avversaria, Angela Merkel, non accenna a diminuire. I meriti non sono del programma elettorale della Cdu/Csu, che non brilla certo per l’audacia delle sue proposte. “Avanti così”, sembra suggerire, infatti, il documento approvato a Berlino il 3 luglio scorso, intitolato “Per una Germania in cui vivere bene”. La proposta più interessante? La promessa di raggiungere la piena occupazione (che non significa che non ci sarà più disoccupazione, ma che questa sarà al tre per cento) entro il 2025. Un obiettivo di fatto a portata di mano per un Paese dove la disoccupazione si aggira intorno al cinque per cento.
E poi: più detrazioni per i figli a carico, aumento dell’importo per gli assegni famigliari (più 25 euro al mese e per bambino), eliminazione progressiva della tassa addizionale di solidarietà entro il 2020, quindicimila nuovi posti per poliziotti e militari.
La vera forza dei cristiano-democratici sta nella loro candidata, l’inossidabile Angela Merkel, che ha saputo riconquistare la fiducia dei suoi concittadini, dopo averla parzialmente persa in seguito alla decisione, nel 2015, di accogliere tutti i richiedenti asilo siriani desiderosi di entrare in Germania. Souverän, temine traducibile con “sovrana”, ma anche “sicura di sé”, è l’espressione che commentatori e sostenitori usano per descrive la calma maestosa con cui la cancelliera si muove sulla scena pubblica.

Con Emmanuel Macron
E che dire della sua comprovata abilità a sgombrare il campo dai temi che potrebbero insidiarne il cammino? Lo ha dimostrato ancora una volta sulla questione dei matrimoni gay. Messa alle strette dai partiti avversari, che avevano fatto dell’introduzione di una legge in materia la precondizione per ogni tipo di alleanza post-elettorale, Merkel si è detta favorevole a lasciare decidere i deputati del suo partito secondo coscienza. Affermazioni queste che hanno accelerato i tempi e portato, già nelle scorse settimane, all’approvazione di una legge che regola i matrimoni tra persone dello stesso sesso. In questo modo, Merkel è riuscita a sbarazzarsi di un tema che rischiava di condizionarne la campagna elettorale.
Merkel non è nuova a questo tipo di mosse. Si potrebbe addirittura dire che i cristiano-democratici abbiano subito una mutazione genetica da quando lei è alla testa del partito. In questi anni, i conservatori, infatti, non hanno solo gestito la modernizzazione della società tedesca, ma l’hanno promossa attivamente. Paternità, quote rosa, salario minimo, abbandono dell’energia nucleare, fine della leva obbligatoria, cultura dell’accoglienza e, ora, matrimoni gay: queste riforme, approvate dai governi di Angela Merkel, hanno spinto i detrattori della cancelliera a parlare di una “socialdemocratizzazione della Cdu”.
Per Schulz, d’altro canto, il problema è la mancanza di alleati. Il matrimonio a sinistra con la Linke sembra proprio non aversi da fare: gli elettori storcono il naso, mentre la Linke, o almeno una parte del partito, rispedisce al mittente il corteggiamento. E anche i liberali della Fdp sembrano escludere una potenziale alleanza post-elettorale con i socialdemocratici. “Meglio Merkel”, questo è lo spirito che domina tra le file dei liberali, che non hanno comunque dimenticato la catastrofica esperienza di governo tra il 2009 e il 2013, proprio con i cristiano-democratici della cancelliera, che valse loro l’esclusione dal parlamento alla tornata elettorale successiva. A preoccupare Schulz dovrebbe poi essere il fatto che anche una parte dei Verdi, tradizionale alleato della Spd, invochi l’alleanza con la Cdu/Csu.
Certo, la partita è ancora aperta. A livello programmatico, i punti in comune tra SPD, Verdi e Linke non mancano. Sulle tasse, tutti e tre i partiti sostengono un aumento della pressione fiscale per le categorie più benestanti. Allo stesso modo, sulla sanità, sono d’accordo sulla Bürgerverischerung, l’assicurazione per tutti i cittadini. In materia di difesa, i tre partiti si oppongono all’aumento della spesa al due per cento del Pil, come richiesto da Usa e Nato, e in materia di migranti, si oppongono al rimpatrio dei richiedenti asilo afgani. Infine, i tre partiti concordano anche sulla possibilità di istituire una legge che garantisca la parità di retribuzione tra uomo e donna. Tuttavia, a niente serviranno queste somiglianze se i cristiano-democratici della cancelliera faranno man bassa di voti il 24 settembre, come tutti i sondaggi sembrano ormai suggerire da settimane.

Con Jeremy Corbyn
Per Schulz, ci vorrà un mezzo miracolo per trasformare la campagna elettorale da una via verso il Calvario a una strada per la vittoria. Il suo messaggio riconcilia due recenti esperienze di successo della sinistra in Europa. Se da un lato, l’enfasi sulla giustizia sociale lo avvicina a Jeremy Corbyn, il candidato laburista che ha fatto il pieno di voti nelle recenti elezioni britanniche, l’ancoraggio all’Europa ricorda la campagna di Emmanuel Macron. C’è chi dice che la candidatura di Schulz non è decollata proprio perché il leader della SPD non ha scelto chiaramente da che parte stare, se con i Corbyn o con i Macron. La verità potrebbe essere un’altra. Il candidato socialdemocratico forse non ha insistito abbastanza nello spiegare il nesso tra giustizia sociale e ancoraggio europeo. “La sinistra sarà europea o non sarà”, sembra, in tal senso, suggerire la sua campagna. I più, però, non sembrano averlo ancora capito.

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