Patriota polacco ma attratto dalla guerriglia sudamericana, anticomunista ma affascinato dalla militanza comunista, avversario di Vladimir Putin ma in linea con l’ideologia del presidente russo. Imprevedibile fino alla bizzarria, fanatico fino all’esaltazione, teorico cospirazionista fino alla paranoia.
Ecco Antoni Macierewicz dal 2015 ministro della difesa a di Varsavia. Personalità singolare persino per un paese dalla storia tormentata come la Polonia. Nato nel 1948, a vent’anni prende parte alle manifestazioni contro il regime comunista. Negli anni ’70 contribuisce a fondare il Comitato per la difesa dei lavoratori, KOR, il maggior movimento anticomunista dell’Europa orientale dopo Solidarność.

Antoni Macierewicz [Fotografia Patrzidioty Patrioty Roku 2016 wykonana podczas prywatnej części gali – przekazana do Muzeum IV RP przez tajną współpracownicę “Kocicę” ze Szczecina (niem. Stettin)]
Dopo la fine dell’URSS fonda una serie di partiti nazionalisti di estrema destra. Nel 1991 diventa ministro degli interni ma è costretto a lasciare l’anno successivo per aver pubblicato una lista di presunti collaboratori, senza prove, della polizia segreta comunista, tra cui Lech Walesa.
Nel 2002 in un’intervista a Radio Maria denuncia la presenza di una congiura ebraica nei media e nella politica mondiali. Nel 2006 il governo di Jaroslaw Kaczyński lo nomina vice ministro della difesa con l’incarico di liberare i servizi segreti dalle vecchie elite comuniste che ancora li dominano. Un compito che per quanto riguarda la struttura di sicurezza militare, WSI, Macierewicz porta a termine con successo al punto da nominarsi alla testa dei nuovi servizi militari.
Tra Mosca e Smolensk
Il protagonismo di Macierewicz risulta indigesto alla stessa destra polacca, rendendolo inoltre inaffidabile al 72 per cento della popolazione. Comprensibile allora se durante la campagna elettorale dell’autunno 2015 Beata Szydlo abbia fatto di tutto per mettere in secondo piano un personaggio cosi scomodo. L’attuale primo ministro polacco, aveva infatti escluso che Macierewicz potesse di nuovo ricoprire incarichi di governo. Promesse dimenticate dopo la larga vittoria del 25 ottobre 2015 e la maggioranza assoluta dei seggi conquistata dal PiS in parlamento.
Ma è stato soprattutto Jaroslaw Kaczyński sempre in preda ai propri demoni, a non volersi privare del collaboratore più fidato. E il suo pupillo non ha deluso il vero deus ex machina della destra polacca. A due settimane dal voto, Macierewicz attacca il governo uscente paragonandone la politica a quella di “Bierut e Berman”, due alti dignitari stalinisti della Polonia del dopoguerra.
Imprevedibilità e passato controverso di Antoni Macierewicz hanno spinto il quotidiano Gazeta Wyborcza a cercare di far luce sui rapporti interni e internazionali del ministro della difesa con una serie di dodici articoli pubblicati a partire dal giugno 2016. Ricerca che il suo autore, il giornalista investigativo Tomasz Piatek, ha concluso con la pubblicazione di un libro “Antoni Macierewicz e i suoi segreti” uscito nel luglio 2017.
La tesi, sorprendente, delle duecento pagine del volume, è che il ministro mantiene legami con persone vicine agli interessi russi e ai servizi di sicurezza di Mosca. Macierewicz infatti non è solo alla testa delle forze armate di un paese membro della NATO, ma è anche il maggior custode del dogma di Smolensk. E’ lui che più di altri si è speso per affermare la leggenda secondo cui la catastrofe del 2010 in cui trovarono la morte l’allora presidente Lech Kaczyński e gran parte dell’elite conservatrice polacca non è avvenuta per un errore del pilota, come risulta da diverse inchieste, ma è stata causata da una bomba di Mosca.
Così Macierewicz ha dato il principale contribuito alla nascita della “setta religioso-nazionale di Smolensk”, con cui la Polonia è stata riportata “ai luttuosi archetipi passati di superamento delle tragedie”. Una saga, nel frattempo arricchitasi di altri particolari, diventata il sigillo del sentimento antirusso del paese.
Russia argine al neosocialismo di Bruxelles
Per comprendere il rebus di Macierewicz e della destra polacca, occorre mettere da parte la quotidianità della politica di Varsavia per concentrarsi sui flussi più sotterranei del pensiero conservatore del paese.
In questo caso si vedrebbe come la corrente politica di riferimento del ministro, i nazionalcattolici, pur continuando a individuare un nemico nella Russia, condividano le concezioni illiberali di Putin su famiglia, patria e autorità e sono vicini al neoconservatorismo di Mosca anche riguardo gli umori anti UE. Macierewicz condivide queste rappresentazioni.
Il ministro si è sempre opposto alla partecipazione della Polonia alla “neosocialista” UE. Ora che però Varsavia è parte della costruzione continentale, Macierewicz ritiene che i rapporti con Mosca possano costituire un contrappeso a Bruxelles. Egli non è estraneo nemmeno agli intrecci intessuti dal grande vicino slavo e ortodosso con altri ambienti conservatori polacchi: il partito Zmiana (Cambiamento)e il Centro europeo per le analisi geopolitiche (ECAG). Zmiana, che si definisce la sola forza politica “antiamericana” della Polonia, ritiene le relazioni di Varsavia con gli USA alla stregua di quelle del “cane al guinzaglio dal padrone”.
Valutazioni apprezzate dai media russi: per Sputnik, portale russo di informazioni, Zmiana è il solo partito pacifista di una Polonia in preda alla febbre militarista. Zmiana e ECAG hanno inoltre strette relazioni con i ribelli separatisti dell’Ucraina orientale. Nel 2012 il vice ministro della difesa polacco Bartosz Kownacki e il presidente di Zmiana, Mateusz Piskorski, oggi in carcere per presunto spionaggio, sono stati osservatori delle elezioni presidenziali russe.
Piskorski, nel 2014 in Crimea al momento del referendum che ha dato legittimità all’annessione russa della penisola, è stato fotografato mentre stringeva la mano al leader dei separatisti del Donezk, Aleksandr Zacharčenko. Kownacki ha ammesso il viaggio con Piskorski, negando però di averlo compiuto su invito di ECAG. Il vice ministro ha anche smentito rapporti politici con le due strutture filorusse.
Un sospetto questo che pesa anche su Antoni Macierewicz. È stato infatti grazie al ministro che il collaboratore dell’ECAG Marian Szolucha è entrato nel consiglio di vigilanza di Polska Grupa Zbrojeniowa, PGZ, azienda di armamenti polacca. Poltrona abbandonata da Szolucha quando i suoi rapporti col Centro sono diventati pubblici.
Altrettanto problematica è la vicinanza tra Macierewicze Konrad Rekas, vice presidente di Zmiana. Rekas, che in un’intervista ha definito la NATO “uno dei soggetti più aggressivi della politica internazionale”, ritiene essere la Russia il “tipo di Stato vicino, forte e pacifico”, di cui la Polonia avrebbe bisogno. Anche riguardo gli avvenimenti ucraini, dove sarebbe in atto un “conflitto interno” causato dalla “ideologia nazista” del governo di Kiev, le posizioni di Rekas coincidono con quelle degli ambienti nazionalisti russi.
Alle smentite del proprio ministero, il ministro ha aggiunto di aver incontrato una sola volta il dirigente di Zmiana nei corridoi del Sejm, il parlamento polacco. Affermazioni corrette da Rekasnon solo riguardo la frequenza degli incontri, facilmente controllabile attraverso le registrazioni parlamentari delle visite.
Rekas sostiene che nel 2005 Macierewicz gli avrebbe chiesto di contribuire alla nascita del Movimento patriottico, forza politica diretta in quegli anni dal futuro ministro e di partecipare alle campagne elettorali del 2005 e del 2011 e su questo Rekas avrebbe la testimonianza della deputata Beata Mazurek, attuale addetta stampa del PiS.
Da Radius al GRU, le ambiguità di Macierewicz
Ma i rapporti con Zmiana non sarebbero il solo momento del coinvolgimento del ministro della difesa polacco con le organizzazioni filo russe del suo paese. Secondo la rivista polacca Polityka, anche il Centro nazionale di studi strategici (Narodowego Centrum Studiow Strategicznych, NCSS) svolgerebbe un ruolo.
La struttura nata grazie al contributo dello stato maggiore e del ministero della difesa di Varsavia, sarebbe una fucina di quadri del ministro. I legami tra il ministero e il NCSS risulterebbero dagli intrecci tra le persone che hanno avuto a che fare con entrambe le istituzioni. L’attuale vice ministro della difesa, Tomasz Szatkowski, è stato direttore del NCSS. Jacek Kotas, segretario di stato alla difesa negli anni in cui Macierewicz guidava la riforma dei servizi segreti militari, è ora un dirigente del NCSS.
Anche Grzegorz Kwaśniak, fino a poco tempo fa incaricato del ministero per la creazione di milizie territoriali, era un collaboratore del NCSS, cosi come Krzysztof Gaj, colonnello richiamato in servizio da Macierewicz e nominato capo del dipartimento organizzazione e rifornimenti dello stato maggiore. Si tratta di persone che si sono fatte spesso portavoce di tesi non diverse da quelle propagandate dai russi. Nel 2014 Gaj ha scritto che i dirigenti ucraini sarebbero tutti “fascisti contro cui occorre combattere”, un tema su cui Putin avrebbe “piena ragione”.
Affermazioni fatte da un uomo che in quel momento occupava una carica da dove secondo l’ex ministro della difesa, Tomasz Siemoniak, “si sa e si controlla tutto dell’esercito”. Tornate a galla nel 2016 quelle parole hanno costretto Macierewicz a licenziare il collaboratore.
Andando a curiosare tra i quadri NCSS si notano altri particolari interessanti. L’istituto ha per esempio legami con Robert Szustkowski, imprenditore con conoscenze russe che arrivano fino al servizio segreto militare di Mosca, GRU. Viene inoltre fuori che il Centro ha preso in affitto locali da una azienda rappresentata dal figlio di Szustkowski.
Notevole è poi il fatto che il responsabile del NCSS Jacek Kotas, nel 2006 insieme a Macierewicz vice ministro della difesa nel governo di Jaroslaw Kaczyński, era anche un manager del gruppo immobiliare Radius. Il giornale scandalistico Fakt, quotidiano più diffuso in Polonia, ha scritto che Kotas sarebbe l’uomo chiave dei russi nei collegamenti polacchi.
Respinta dal diretto interessato, come si giustifica una tale accusa? Radius è un esempio di opacità. Secondo il giornale Puls Biznesu, Robert Szustkowski sarebbe il proprietario e il principale manager del gruppo. Affermazioni negate da Szustkowski. Senza negare i legami con Mosca, quando si è trattato di rispondere alle domande sul proprio passato Szustkowski non ha risposto.
Innegabile che sia stato il rappresentante diplomatico del Gambia nella Federazione russa fino al 2016, un momento in cui gli affari tra il presidente del paese africano, Yahya Jammeh, e l’industria degli armamenti di Mosca erano fiorenti. Negli anni ’90 era lui era il rappresentante a Varsavia della banca Montasch-Spez-Bank, primo istituto russo in Polonia. Grazie a questi giri Szustkowski è diventato amico Andrej Skotsch, oligarca e in seguito deputato più ricco della Duma. Il gruppo di lotta sportiva di Skotsch, Pokolenije, ha goduto del privilegio di potersi allenare negli impianti del servizio di sicurezza militare russo, GRU.
Oltre ai rapporti con Skotsch, l’immobiliarista polacco vanta la fiducia di Alischer Usmanov, super miliardario russo legato al colosso del gas di Mosca, Gazprom. L’oligarca, che secondo Alexej Navalnij avrebbe procacciato al primo ministro Dmitrij Medvedev una lussuosa villa nei dintorni di Mosca, è stato la causa delle proteste giovanili che la scorsa primavera hanno scosso le città russe.
Ma Usmanov è soprattutto l’uomo chiave per i rapporti con i servizi militari russi. Nel 2016, anno cruciale nella lotta tra i vertici GRU per il rinnovo delle cariche, Usmanov, attraverso Kommersant, giornale di cui è proprietario, era diventato lo sponsor del generale Igor Korobov, l’ufficiale che ha poi conquistatola guida del GRU. Il possibile legame tra gli ambienti russi e Radius non passa però solo attraverso la famiglia Szustkowski. Anche Wojciech Kuranowski, altro ex manager del conglomerato polacco, ha lavorato per imprese appartenenti a Usmanov e Skotsch. Sono questi gli intrecci che rendono plausibile la tesi di Piatek di legami tra servizi, oligarchi russi e il gruppo immobiliare polacco Radius.
Che tra i manager di spicco di quest’ultimo vi sia stato a lungo Jacek Kotas responsabile anche dell’NCSS, la cosiddetta fucina di quadri di Antoni Macierewicz, porrebbe interrogativi anche sul ministro. Szustkowski e Macierewicz hanno sempre negato di avere mai avuto a che fare con i servizi di sicurezza russi e con l’attivista polacco Konrad Rekas.
Smentite che non cancellano le ambivalenze di Macierewicz. Da una parte il ministro accusa la Federazione russa di aver causato la tragedia di Smolensk e di voler ostacolare l’integrazione polacca nella NATO. Dall’altra è la persona chiave di un governo che quando frena l’integrazione europea sembra condividere, coscientemente o meno, gli interessi di Mosca. Esemplare in questo contesto quanto accaduto nell’autunno 2016 quando Varsavia ha rifiutato l’acquisto già deciso dell’elicottero da combattimento Airbus, danneggiando cosi la cooperazione militare continentale. Ma la vera questione è: dove porta la Polonia Jaroslaw Kaczyński?
Le immagini di questo articolo illustrano le celebrazioni del 73mo anniversario della Rivolta di Varsavia, l’iniziativa insurrezionale dell’Esercito nazionale polacco che fra il 1º agosto ed il 2 ottobre 1944 combatté contro le truppe tedesche di occupazione allo scopo di liberare la città di Varsavia prima dell’arrivo dell’esercito sovietico. (dal sito del Ministero della difesa nazionale polacco)

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