Dieci anni dopo. Un’altra crisi? La stessa?

A un decennio dal collasso finanziario negli Usa, con i suoi riflessi globali, ci si chiede se sotto la cenere ancora covino tizzoni pericolosi. Che cosa abbiamo imparato da quel terribile biennio?
FRANCESCO MOROSINI
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È passato un decennio dal terribile biennio 2007/2008, quando il collasso finanziario minacciò di estendersi dal suo epicentro statunitense a gran parte dell’economia globale; e ora, ripensandoci, ci si chiede se la vicenda possa essere archiviata; o se, all’opposto, sotto la cenere ancora covino tizzoni pericolosi. Cui aggiungere un’altra, attualissima, domanda: abbiamo imparato da quel terribile biennio?

Sì, anche se l’idea di governare la prossima crisi con gli insegnamenti della precedente ha dei limiti avendo ognuna, al di là delle analogie, caratteristiche proprie. Anche se è pur vero, come suggerisce il già presidente della Federal reserve (Fed) professor Bernanke, che fu proprio l’esperienza della grande crisi del 1929 a offrire alle autorità del tempo gli strumenti per contenere i guasti monetario-finanziari del 2007/2008.

Ma dieci anni dopo covano ancora sotto cenere braci pericolose?

Purtroppo sì, e ancora negli States. Certo, pure l’Europa ha i suoi problemi; ma il cuore della finanza è oltreoceano e, per peso geo-economico, inevitabilmente la parte dell’elefante nella cristalleria è la loro. I punti critici sono: il mercato dei prestiti d’auto; l’altro è quello dei prestiti agli studenti per pagarsi studi universitari di prestigio, ovvero, costosi. Interessante dire che qui finanza ed economia reale s’incontrano e s’intrecciano con le condizioni precarie del debitore, cioè del ceto medio “consumatore impoverito”.

Considerazioni valide negli Usa; ma pure nell’Europa della crisi del welfare sociale. A consolazione, per ora nei guai sono solo questi due aspetti del business finanziario; inoltre, i fondamentali dell’economia degli Usa sono buoni. Nondimeno, preoccupano questi debiti personali elevati e diffusi in specie tra i giovani statunitensi.

La novità rispetto al 2007 è che oggi vi sono meno mutui ipotecari (per molti l’acquisto di abitazioni è fuori budget) e più tipologie di finanziamento quali, appunto, i prestiti universitari e per l’auto, magari meno “pesanti” dei primi per valore assoluto del debito ma, ciononostante, onerosi in termini di costo.

Di conseguenza, il timore è l’insorgere di una nuova crisi finanziaria che, raggiungendo l’Europa via canale bancario, ne uccida la ripresa. Logica, quindi, l’attenzione a quanto cova negli Usa.

Tra l’altro, l’attuale recente forte crescita dei prestiti auto richiama il 2007/2008: perché fu proprio questa tipologia di finanziamenti ad agevolare la ripresa di storici marchi d’auto Usa falcidiati assieme alle banche dalla crisi. E ora la medicina d’allora minaccia di diventare veleno anche per noi: perché a crescere tra i prestiti auto, ecco il passato che ritorna, sono i subprime (è la Fed a dare l’allarme).

Sociologicamente ciò significa, trattandosi di prestiti a tassi più elevati (perché maggiormente rischiosi) di quelli offerti alla normale clientela, che cresce il numero di statunitensi dal punteggio creditizio (negli Usa elemento necessario per godere degli attuali bassi tassi d’interesse) peggiorato; ovvero collocabili in fasce di reddito precario. Analogo discorso vale per i prestiti universitari (per la Fed un incremento del 321 per cento in dieci anni) con insolvenze giunte a cifre d’attenzione. La qualcosa merita attenzione pure da questo lato dell’Atlantico.

Il punto è che negli Usa il lavoro post laurea, meno remunerativo rispetto alle attese, minaccia insolvenze crescenti e una bolla creditizia pericolosa. Conseguentemente, essendo l’Europa legata a ciò che accade negli States, vale chiedersi: di quanto ci siamo allontanati dal quel tragico 2007 di cui ricorre il decennale?

Molto, per certi versi. Nel senso che, facendo tesoro della crisi del 1929, le autorità monetarie, allagando di liquidità i mercati finanziari, hanno “raffreddato” il reattore finanziario del capitalismo globale evitandone la fusione.

Purtroppo, non tutto è alle nostre spalle: infatti, nei primi anni duemila furono proprio analoghe politiche monetarie iperespansive, con la relativa illusione che nulla potesse fermare la “marcia positiva” dei mercati, a produrre l’implosione finanziaria di allora.

Pertanto, un decennio dopo vorremmo volgere le spalle a quel passato; ma temiamo di ritrovarcelo come futuro. Probabilmente no; ma la finanza statunitense qualche preoccupazione continua a darcela.

per sapere di più sulla crisi del 2008:

Dieci anni dopo. Un’altra crisi? La stessa? ultima modifica: 2017-08-17T10:16:51+02:00 da FRANCESCO MOROSINI
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