Subito dopo l’annuncio del ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sulla riduzione dei gas serra, Jerry Brown, il governatore della California, è partito per la Cina. Nella sua agenda una serie di incontri con leader locali e nazionali per discutere di strategie comuni per proseguire verso una completa decarbonizzazione. È un passo simbolico, ma importante, del suo percorso di opposizione alle politiche dell’amministrazione Trump.
All’indomani delle elezioni presidenziali, Jerry Brown ha dichiarato bellicosamente che la California avrebbe difeso la sua diversità e che avrebbe resistito ai tentativi repubblicani di invertire le politiche progressiste che, pur con grande fatica, la presidenza Obama aveva avviato. Dal punto di vista legale, la California può effettivamente contrastare l’amministrazione Trump. Come tutti gli altri stati, ha una grande autonomia legislativa e ha tutti gli strumenti per stabilire un proprio percorso. Può decidere di non applicare leggi federali, può citare a giudizio leggi e regolamenti e può approvare e applicare leggi e regolamenti diversi da quelli approvati dal governo federale. Per il momento, comunque, la strategia sembra quella del “io vado per la mia strada, vediamo cosa fai tu per fermarmi”.
Gli ambiti di conflitto sono molti. La California, che da alcuni anni ha un governatore democratico e senato e assemblea legislativa a maggioranza qualificata (più del settanta per cento) democratica, ha avviato una serie di politiche che sono in direzione diametralmente opposta a quelle dell’amministrazione Trump.
In quanto a immigrazione, il cavallo di battaglia sul quale si è costruita la fortuna politica di Donald Trump, è uno dei dodici stati che concedono la patente di guida agli immigrati senza documenti, un primo passo verso l’integrazione. Sempre in questo ambito, il Senato ha approvato una proposta di legge che vieta alle polizie locali di indagare sullo stato di cittadinanza dei cittadini inquisiti per altre ragioni e il nuovo bilancio statale accantona dieci milioni di dollari per difendere gli immigrati senza documenti nei processi di estradizione.
In tema di diritto all’assistenza sanitaria, l’argomento sul quale si è arroccato il Partito repubblicano durante tutta l’amministrazione Obama con posizioni che restringono al massimo la redistribuzione delle risorse ai gruppi più deboli, la California ha un sistema di assistenza ai più deboli ben più sviluppato di quello garantito a livello federale e sta esplorando come istituire un sistema sanitario statale che escluda l’intermediazione delle assicurazioni e garantisca assistenza a tutti i residenti.
L’ambito in cui la diversità si manifesta più apertamente è quello delle politiche ambientali, in particolare della riduzione dei gas serra. Fin dalla fine degli anni Novanta il governo federale USA aveva dimostrato di non avere la volontà politica di ridurre le emissioni di anidride carbonica. Spinta dagli interessi delle grosse aziende petrolifere e minerarie, l’amministrazione Bush si era rifiutata di aderire al protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale che impegnava i paesi industrializzati a controllare le emissioni di gas serra e anche l’amministrazione Obama aveva incontrato grossi ostacoli e non era riuscita ad attuare una strategia complessiva di riduzione dell’inquinamento da CO2.
La California, invece, ormai da alcuni anni, ha adottato per legge obiettivi specifici di riduzione delle emissioni e ha attuato politiche concrete per raggiungerli. Nel 2006 si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra ai livelli del 1990 entro il 2020. Tutti i settori economici sono coinvolti. Le aziende fornitrici di energia elettrica si sono impegnate a produrre fino al 33 per cento del fabbisogno energetico con fonti rinnovabili, lo stato ha messo in moto un programma di incentivi dedicati alle famiglie per facilitare l’installazione di pannelli solari e per l’acquisto di automobile elettriche o ibride, l’agenzia che si occupa del controllo della qualità dell’aria ha emanato limiti di emissioni per il parco macchine circolante più severi di quelli federali e perfino le agenzie di pianificazione territoriale stanno creando insediamenti più densi per rendere economicamente più vantaggioso il trasporto pubblico e ridurre quindi le emissioni di gas serra legate al sistema di trasporto.
È stato inoltre messo un tetto alla quantità di gas serra del settore energetico e dei grandi impianti produttivi e creato un mercato delle emissioni di CO2 per accelerare il rinnovamento tecnologico degli impianti. Benché l’attuazione di questo insieme di misure non sia sempre semplice e lineare ed emergano costantemente conflitti tra settori economici, ambientalisti e rappresentanti dei gruppi economicamente più deboli, molte trasformazioni sono in corso e nonostante l’aumento della popolazione e del PIL, le emissioni di gas serra sono realmente diminuite. L’impegno sulla strada della decarbonizzazione è stato rinnovato l’anno scorso, con un vincolo a ridurre le emissioni di gas serra del quaranta per cento rispetto alle emissioni del 2000 entro il 2030, e a raggiungere il cinquanta per cento del fabbisogno energetico con fonti rinnovabili.
All’apparenza il sistema economico californiano sta metabolizzando queste politiche e l’opinione pubblica le appoggia.

Daniel A. Mazmanian, Research Director, USC Schwarzenegger Institute for State and Global Policy
La forza del nostro sistema, – dice Dan Mazmanian, che insegna governance ambientale all’University of Southern California – è che la California ha degli obiettivi specifici approvati dai suoi organi legislativi e nessuno li può cambiare, se non una nuova legge.
C’è una generale fiducia nella stabilità garantita dall’amministrazione Brown e nel potenziale di innovazione del sistema economico; non sembra quindi possibile che si possa cambiare direzione, o che il governo federale possa smantellare quanto è stato fatto fino a oggi.
Non è chiaro quanto l’Amministrazione Trump possa ostacolare o rallentare il processo di de-carbonizzazione.
Certo, il governo federale potrebbe tagliare i trasferimenti in altri campi, il welfare è il nostro punto debole, c’è il pericolo che le politiche ambientali possano diventare un ostaggio o merce di scambio per costringerci a cambiare rotta
commenta Mazmanian.
Fino a oggi, però, il governo federale non sembra interessato a ingaggiare una battaglia con lo stato più ricco e popoloso dell’unione. L’unico segnale aggressivo è un tweet di Donald Trump che ipotizzava si potessero tagliare i fondi alle amministrazioni locali che non collaborano con la repressione dell’immigrazione clandestina. Più recentemente, invece, il segretario all’ambiente, un avvocato difensore degli interessi della grande industria, ha fatto un gesto conciliante e ha rassicurato l’industria automobilistica che gli standard di emissioni delle auto in vigore in California, più rigidi che nel resto del paese, non verranno rimossi o modificati, almeno per il momento.
Jerry Brown nel frattempo prosegue per la sua strada. In Cina ha firmato un accordo sulla ricerca tecnologica sulle fonti rinnovabili, ha concertato come la California può aiutare a costruire il mercato delle emissioni di CO2 ed ha esplorato come si può strutturare il trasferimento di tecnologie per la costruzione di auto elettriche. Per il governatore si tratta di dare opportunità di crescita ai settori più innovativi dell’economia californiana, e di essere un traino ed un esempio per altri stati che non hanno intenzione di uniformarsi all’agenda di Donald Trump.
Pubblicato il: 30 Giu, 2017 @ 15:26

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