Dunque può accadere anche questo. Con un articolo apparso in questi giorni in Germania, il cardinale Walter Brandmüller arriva a chiedere che papa Francesco confermi la sua fede pronunciando pubblicamente il Credo, come avrebbe previsto una vecchia e desueta usanza che lui dice rimasta in vigore fino al Medio Evo. Pronuncia che si ripeteva in occasione di ogni anniversario dell’elezione.
Che il Medio Evo sia nel cuore di molti principi della Chiesa non è una novità, ma il motivo per cui il cardinale Brandmüller ipotizza che, in ossequio a quest’antica usanza, Francesco legga il Credo, davanti presumibilmente a loro, cioè ai Signori Cardinali, sta nel fatto che a suo avviso la formula, di cui anche il titolo è incerto, con cui il papa dovrebbe esprimersi includerebbe la pronuncia di fedeltà alla dottrina e a quanto fatto dai papi precedenti.
E siccome, com’è noto, il cardinale Brandmüller è tra i quattro firmatari dei dubbi sull’esortazione apostolica post-sinodale “Amoris Laetitia”, c’è da scommettere che questa idea scaturisca proprio dall’intento di ribadire il no più fermo e risoluto ai divorziati risposati.
Non a caso, commentando i contenuti di questa “prassi” ritirata fuori dopo secoli e secoli che nessuno più la menzionava, il cardinale scrive:
E’ notevole come esplicitamente, specialmente nell’ultimo paragrafo del testo, è sottolineata la stretta conservazione di ciò che è stato dato e trasmesso; il papa promette di conservare i canoni e i decreti dei nostri papi come comandi divini.
Qui però, pur volendo stare a questo “gioco”, viene un dubbio, aggiuntivo rispetto ai dubbi del cardinale Brandmüller e dei suoi colleghi porporati.
Ribadendo la fedeltà all’opera di tutti i suoi predecessori, ai canoni e alla santa dottrina della Chiesa, papa Francesco non potrebbe ignorare che il Codice di diritto canonico del 1917, canone 2356, dice che i divorziati risposati sono “bigami”, quindi pubblici infami, cioè privati della buona fama, e per loro, in base alla gravità della colpa, può essere considerata anche la scomunica.
Francesco dovrebbe dunque tornare anche a questo? Dovrebbe dunque smentire Giovanni Paolo II che con l’enciclica “Familiaris Consortio” ha riconosciuto come i divorziati risposati siano parte integrante della Chiesa e ha fatto conseguentemente modificare il codice di diritto canonico che non ricorre più alla definizione di bigami, di pubblici infami, né prevede la possibilità della scomunica?
Un papa forse potrebbe dirsi fedele a un suo predecessore, Giovanni Paolo II, e infedele agli altri? Dunque dovrebbe dire che Giovanni Paolo II ha tradito la dottrina? O dovrebbe dire che la dottrina prima di Giovanni Paolo II era sbagliata? O forse dovrebbe riconoscere quello che lui apparentemente nega, e cioè che anche la dottrina, anche quella cattolica, è un corpo vivo, che evolve con l’evolvere dei tempi? Evolve poco, certamente, e troppo lentamente; ma evolve.
Il vero problema di “Amoris Laetitia”, a mio avviso, è che si tratta di un testo che parla di uomini e donne, un testo che parla di persone, mariti, mogli, figli, cioè delle persone in carne ed ossa, non è un testo astratto. Parla delle persone, della loro vita, della loro realtà, della loro quotidianità. Quella che alcuni, e questo è un altro dubbio, vorrebbero tenere fuori dalla porta.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!