Un attacco diretto di un cardinale a papa Francesco, cui si intima di far sapere a tutti che è un credente cattolico? Cosa c’è dietro? Forse la guerra di luglio. Cioè la guerra che si prepara in vista del luglio prossimo, quando ricorrerà il cinquantesimo anniversario dell’enciclica di Paolo VI, la “Humanae Vitae”?
Per rispondere a questi interrogativi sono ricorso al teologo Giovanni Gennari, a lungo docente, e proprio di teologia morale, alla Lateranense, per capire cosa si celi, o s’intraveda, dietro questo e i sempre più scomposti attacchi a papa Francesco e in definitiva all’esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia”, nella convinzione che lui conoscesse uno dei “fari” di questo mondo sempre più inquieto e aggressivo nei confronti di Jorge Mario Bergoglio, il cardinale Walter Brandmüller, che in questi giorni ha rivolto direttamente al Papa l’ordine… di professarsi ancora cattolico.

Il teologo Giovanni Gennari
Infatti so che nel 2010 Gennari ha steso, su richiesta della Libreria Editrice Vaticana, un’impegnativa introduzione al libro scritto dal porporato, “Ateismo? No grazie”. Lo presentarono insieme, lui e Brandmüller ma mi risponde netto:
Brandmüller? Io personalmente non lo conosco. Quando la Librerie Editrice Vaticana mi contattò per chiedermi di scrivere l’introduzione al suo libro, accettai di buon grado, perché non apprezzo l’ateismo che oppone fede e ragione e ritengo che credere sia ragionevole. E infatti ho condiviso molto di quel che lì ha scritto. Ma lui personalmente non l’ho mai conosciuto, né prima né dopo la stesura, anche in vista della presentazione. Anche in quell’occasione il cardinale non mi ha rivolto la parola, magari per dire “grazie” o per ragionare insieme su alcuni punti della ragionevolezza del credere. Ne sono rimasto, francamente, stupito.
E va aggiunto che lo stupore di Gennari, uno dei teologi più apprezzati da tanti anni in Italia anche perché scrive su riviste e giornali, compreso Avvenire, è aumentato leggendo questa “intemerata” del porporato austriaco, una sorta di esortazione post-sinodale.
Brandmüller infatti è già firmatario con altri tre colleghi dei famosi “dubbi” su “Amoris Laetitia”: egli, come loro, è contrario a ogni apertura ai divorziati risposati e quindi convinto che il papa possa e debba dire solo cose che trovino d’accordo lui stesso e i suoi colleghi, altrimenti è a rischio la fede stessa; cosa sarà mai infatti un documento scritto dal papa dopo due anni di riflessione (e voto) nel sinodo dei vescovi…
Ecco la novità: ora il dubbio del dubbioso cardinale non è più sul testo di “Amoris Laetitia”, ma addirittura sulla fede personale di papa Francesco. Di qui l’esortazione, una specie di ordine, al papa: “confermare” la sua fede, pronunciando il Credo.
Un affronto? Un modo per insinuare che Francesco non sia “saldo nella fede”? L’autore non lo dice, prospetta la sorprendente necessità di recuperare antiche e desuete tradizioni di epoca medievale. Che il Medio Evo sia nel cuore di molti è evidente, ma quel che colpisce è che, ad avviso del cardinal Brandmüller, questo “antico rito” prevederebbe la conferma della dottrina, dei canoni, dei dogmi e delle verità di fede tramandati dalla tradizione.
Riferendosi a questa formula, che a suo avviso i papi di tanti secoli fa avrebbero letto in occasione di ogni anniversario della loro elezione, Brandmüller osserva:
Risalta con quale insistenza venga sottolineata, soprattutto nell’ultimo paragrafo del testo, la rigorosa conservazione di quanto ricevuto e tramandato: egli promette di conservare i sacri canoni e le decisioni dei nostri papi come delle leggi divine e celesti.
L’impressione che in questo modo Brandmüller voglia costringere Bergoglio a contraddire se stesso e negare che ci possano essere altre aperture ai divorziati risposati, dopo quelle di Giovanni Paolo II che gli tolse la qualifica di “infami”, è confermata dall’accuratezza che potrebbe anche rivelarsi controproducente: Brandmüller infatti spiega di riferirsi al testo usato da Leone III o Benedetto II, e che nel formulario non si distingue tra il contenuto di fede intoccabile e valido per sempre e quello contingente, forse per le “incertezze e confusioni causate dalle diatribe dogmatiche” di quel tempo.
Sembra possibile evincerne che sia una tradizione desueta da un bel po’… E se recuperarla fosse davvero così importante, come mai il cardinale Brandmüller, presbitero dal 1953, ha avuto bisogno di oltre sessant’anni per venire a capo di questa impellenza, di questo vitale recupero?
Il punto non è questo – sottolinea Gennari-. Potremmo sempre immaginare che Brandmüller non si riconosca più in quel rigido conservatorismo che molti hanno definito papolatrico, altri conservatore, quello per cui il papa ha sempre ragione. Diverso sarebbe, o è, se si pensasse che il papa ha sempre ragione se e quando è d’accordo con Brandmüller e soci, cardinali o meno…Ecco allora che dalla papolatria si passa alla expapolatria, cioè all’assunzione che gli altri papi hanno sempre avuto ragione. Ma questo è impossibile, lo dicono i fatti.
Nel corso della storia della dottrina cattolica, anche per interventi dei papi, e dei Concili, ci sono stati anche cambiamenti su punti prima ritenuti addirittura di fede…
E qui Gennari ripaga Brandmüller della stessa accuratezza, osservando che se si va a vedere la lettera Enciclica di Pio XII “Sacra Virginitas” (par. 28) si ha un’affermazione chiarissima. Eccola:
La dottrina che stabilisce l’eccellenza e la superiorità della verginità e del celibato sul matrimonio, come già dicemmo, annunciata dal divin Redentore e dall’apostolo delle genti, fu solennemente definita dogma di fede nel concilio di Trento e sempre concordemente insegnata dai santi padri e dai dottori della chiesa. I Nostri predecessori, e Noi stessi, ogni qualvolta se ne presentava l’occasione, l’abbiamo più e più volte spiegata e vivamente inculcata.
Dogma di fede definita? Ebbene, il 14 aprile 1982 Giovanni Paolo II, durante l’udienza generale, si espresse in termini molto diversi, e altrettanto perentori, in senso del tutto opposto:
Nelle parole di Cristo sulla continenza “per il Regno dei ciel” non c’è alcun cenno circa la “inferiorità” del matrimonio riguardo al “corpo”, ossia riguardo all’essenza del matrimonio, consistente nel fatto che l’uomo e la donna in esso si uniscono così da divenire una “sola carne” (cf. Gen 2, 24). Le parole di Cristo riportate in Matteo 19, 11-12 (come anche le parole di Paolo nella prima lettera ai Corinzi, cap. 7) non forniscono motivo per sostenere né l’“inferiorità” del matrimonio, né la “superiorità” della verginità o del celibato, in quanto questi per la loro natura consistono nell’astenersi dalla “unione” coniugale “nel corpo”. Su questo punto le parole di Cristo sono decisamente limpide. Egli propone ai suoi discepoli l’ideale della continenza e la chiamata ad essa non a motivo dell’inferiorità o con pregiudizio dell’“unione” coniugale “nel corpo”, ma solo per il “Regno dei cieli”. […] Il matrimonio e la continenza né si contrappongono l’uno all’altra, né dividono di per sé la comunità umana (e cristiana) in due campi (diciamo: dei “perfetti” a causa della continenza e degli “imperfetti” o meno perfetti a causa della realtà della vita coniugale). Ma queste due situazioni fondamentali, ovvero, come si soleva dire, questi due “stati”, in un certo senso si spiegano o completano a vicenda, quanto all’esistenza e alla vita (cristiana) di questa comunità, la quale nel suo insieme e in tutti i suoi membri si realizza nella dimensione del Regno di Dio e ha un orientamento escatologico, che è proprio di quel Regno. Orbene, riguardo a questa dimensione e a questo orientamento – a cui deve partecipare nella fede l’intera comunità, cioè tutti coloro che appartengono ad essa – la continenza “per il Regno dei cieli” ha una particolare importanza ed una particolare eloquenza per quelli che vivono la vita coniugale. È noto, d’altronde, che questi ultimi costituiscono la maggioranza.
La “correzione fraterna” di Giovanni Paolo II aiuta anche a riconciliarsi con la ragione, perché altrimenti dovremmo ritenere che un mondo di eccellenti se ci fosse stato sarebbe finito da tempo, e in breve.

Il cardinale Walter Brandmüller
Ma bisogna procedere, perché questo non è il solo esempio che renderebbe complessa la pronuncia invocata da Brandmüller.
In precedenza ho sottolineato al riguardo un altro dettaglio: il codice di diritto canonico definiva nel 1917 i divorziati risposati bigami, pubblici infami, passibili di scomunica. Giovanni Paolo II nella “Familiaris Consortio” lo ha negato, affermando che sono nella Chiesa.E Gennari ama ricordare un’altra difformità, non tra canoni, ma tra papi: nel celebre discorso alle ostetriche del novembre 1951 Pio XII riconobbe la liceità dei metodi contraccettivi detti “naturali”, fino allora, e in particolare nella “Casti Connubi” condannati dal suo predecessore.
Quindi anche nella storia del Magistero cattolico, e ai massimi livelli, ci sono state vicende di cambiamenti dottrinali che non hanno messo in discussione la fede, ma certa disciplina ecclesiastica figlia di un passato che non rende più ragione alla vita stessa della Chiesa: e il Concilio Vaticano II è un esemplare gigantesco di cammino in avanti… “Amoris Laetitia” tutto sommato e proprio San Paolo che pone alla base di tutto ciò che riguarda l’accesso alla Eucarestia il “discernimento”.

Paolo VI a Pescara, 1977
La novità per Gennari sta nel conclusivo elogio di un altro Paolo, Paolo VI. È strana, oggi, in quanto scritto da Brandmüller, la “curiosa” difesa di Paolo VI e della “Humanae Vitae”. A papa Montini nei decenni passati non sono stati risparmiati insulti e attacchi volgari proprio come papa del Concilio… Arrivarono a chiamarlo Maolo VI per le sue aperture sociali ad altro di molto personale, offensivo, accuse giunte proprio da quegli ambienti tradizionalisti che oggi ritengono vitale difendere il no alla contraccezione, e quindi il sì alla “Humanae Vitae”.
Così per ambienti che hanno fatto soffrire Paolo VI e chi gli era vicino ora lui diviene un eroe della vera fede: ma non per la sua vita, per il suo immenso impegno conciliare, per “Populorum Progressio” e tanto altro, ma per la “Humanae Vitae”, un’enciclica discussa da sempre, e sulla quale si potrà convenire solo quando si converrà sul come interpretarla, come ha detto papa Francesco nell’intervista a padre Antonio Spadaro: “Tutto dipende da come si interpreta ‘Humanae Vitae’”.
Ma è proprio questo l’incubo di chi penserebbe a una “guerra di luglio”, l’idea che l’enciclica che proibirebbe il ricorso ai metodi contraccettivi possa essere interpretata. In questa guerra si potrebbero usare tutte le armi. Studioso appassionato proprio del teologo Rahner, citato nel suo ultimo intervento proprio da Brandmüller, Gennari ricorda come proprio lui sia stato il primo a parlare di “piccolo gregge” e sia stato accusato da molti conservatori, o tradizionalisti, di essere un “eretico”. E il paradosso è che il perché si ricorra a un nome così poco amato da quelle parti, quello di Karl Rahner. Lo si fa per dire al papa che ha riscoperto la regola aurea del discernimento che allora non è più certo che egli sia il Vicario di Cristo, il Successore del principe degli apostoli, il servo dei servi di Dio e molto altro, ma soltanto “un uditore della parola”!
Che dire? Sul tema specifico del matrimonio e della vita degli sposi, la speranza di molti è che Bergoglio possa portare i cattolici a capire e condividere quello che il patriarca Atenagora, il primo con il quale proprio Paolo VI riprese il dialogo e l’incontro per l’unità di tutti i discepoli di Cristo, proprio in tema di etica della sessualità e di vita matrimoniale, ebbe a dire con la solennità della sua figura che è rimasta impressa nella memoria di Chiesa.
Rivolto agli sposi egli disse in sostanza queste parole:
Da sacerdote vi accompagno all’altare del vostro matrimonio e poi nella vostra casa, ma sulla soglia della camera da letto vi lascio: lì i sacerdoti siete voi.
Per concludere. Forse è proprio questo sviluppo, fedele e libero insieme, della teologia e della dottrina e della teologia cattolica su famiglia e sessualità che è temuto da coloro che in vista del cinquantenario della “Humanae Vitae”, è come se preparassero già ora “la guerra di luglio 2018”. E non per nulla una delle parole più impegnative di papa Francesco risulta detta fin dagli inizi nella sua celebre intervista a padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica: “Tutto dipende da come si interpreta l’Humanae Vitae!” Ovunque al mondo, anche a Roma, riferirsi a testi senza ermeneutica conduce su strade pericolose. La realtà, dice Bergoglio, è più importante dell’idea: la pretesa di anteporre la dottrina alla pastorale equivale alla pretesa di anteporre l’idea alla realtà.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!