Un’alternativa è possibile. Basta che vi sia la volontà di praticarla. È possibile evitare il traffico di esseri umani, scongiurare le morti in mare e far vedere che è possibile utilizzare altri canali di ingresso che non siano le vie degli scafisti. È la via dei canali umanitari. I “corridoi della legalità”. Un’esperienza pilota, che nasce in Italia, e che ha già dato i suoi primi, importanti frutti. Per poter entrare in Italia attraverso il corridoio, deve essere inoltrata la richiesta di visto per motivi umanitari all’ambasciata italiana presente sul territorio del Paese di partenza. Da questo vengono predisposti dei voli regolari che portano i rifugiati nel nostro Paese in maniera sicura, evitando così vie più pericolose come i viaggi sulle carrette del Mediterraneo nelle mani degli scafisti.
La selezione delle richieste di accesso è effettuata dagli operatori degli enti organizzatori presenti nei Paesi di transito affiancati dalle istituzioni di garanzia internazionale quali l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, le ambasciate e le altre agenzie predisposte. Le persone vengono scelte in base al loro “grado di vulnerabilità”. Europeizzare i corridoi della legalità. Una richiesta che unisce.
Canali umanitari legali e sicuri per donne e bambini che partano non solo dalla Libia ma anche dal Niger e altri Paesi africani in difficoltà, sotto l’egida dell’Onu e dei governi. Altrimenti li esponiamo a violenze orribili e condizioni disumane. In Libia ci sono centri di detenzione che, come dice il Papa, sono campi di concentramento. Non possiamo lasciare i bambini lì,
afferma Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia.
Rilancia Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia:
I corridoi umanitari – realizzati dalle Chiese evangeliche insieme alla Comunità di Sant’Egidio nel quadro di un protocollo firmato dai ministeri dell’interno e degli esteri – hanno rappresentato un’alternativa legale e umanitaria all’inferno libico. Sia pure senza enfasi né orgoglio, bisogna però riconoscere che essi indicano una strada assai più concreta di tanti proclami al contrasto dello human trafficking. Una strada che l’Italia potrebbe potenziare e l’Europa finalmente adottare con quote ragionevoli e sostenibili divise per Paese.
Le alternative ai muri e al protezionismo delle persone, tuttavia, esistono. Il progetto pilota italiano dei corridoi umanitari ne è una dimostrazione. Grazie al protocollo firmato dal ministero degli esteri e dell’interno insieme ad un gruppo di associazioni promotrici – la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (FCEI), la Tavola valdese e la Comunità di Sant’Egidio – sono stati rilasciati mille visti umanitari per permettere alle persone di viaggiare in modo sicuro e legale con un normale biglietto aereo. Il cui costo è nettamente inferiore rispetto a quello che pagherebbe un migrante per viaggiare nell’illegalità, rischiando la vita.
I corridoi umanitari aprono una discussione politica a livello globale perché affrontano il tema del diritto alla protezione internazionale e al viaggio – spiega Francesco Piobbichi, operatore sociale per Mediterranean Hope -. L’idea è che essi siano replicabili perché si sviluppano con una modalità orizzontale, per procedure, per organizzazione e per i rapporti che s’instaurano tra la società civile e lo Stato. Con i corridoi si va oltre la frontiera per ragionare di diritti.
Oltre a garantire il diritto al viaggio e la possibilità di ottenere il diritto d’asilo senza morire, i corridoi umanitari restituiscono anche la dignità alle persone che partono. Possono spostarsi con delle valigie, riempite dei propri oggetti e ricordi.
La Fondazione Migrantes chiede che il Mediterraneo diventi un canale umanitario.
Triton si è dimostrato del tutto inadeguato a fare del Mediterraneo un canale umanitario, a protezione delle migliaia di persone che continuano a fuggire,
dice monsignor Perego. Il direttore di Migrantes auspica che torni l’operazione Mare Nostrum
e che divenga europea. I Paesi dell’Ue non possono giustificarsi sostenendo che costa troppo. In Europa i fondi ci sono. Se l’Italia ha potuto sostenere l’operazione per oltre un anno, lo possono certo fare i Ventotto.
Gli fa eco il direttore generale di Amnesty International Italia Gianni Rufini:
Da tempo siamo impegnati nella richiesta di una risposta concreta a questa crisi globale. È cruciale che i leader mondiali implementino il loro impegno per stabilire o per incrementare vie legali e sicure di accesso per i rifugiati. La commissione Difesa nei mesi scorsi ha sostenuto che non può essere consentita la creazione di “corridoi umanitari gestiti autonomamente dalle Ong”, trattandosi di un compito spettante agli Stati o agli organismi internazionali. Ma andrebbe sottolineato che se l’Unione europea avesse dato priorità alle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo anziché rinunciarvi, dopo la meritoria iniziativa italiana di Mare nostrum, in favore di politiche di respingimento e di accordo con Paesi terzi, le Ong non avrebbero avvertito la necessità di intervenire, peraltro non rinunciando a coordinarsi con le autorità preposte.
Ci auguriamo quindi che il lavoro di questa Commissione contribuisca ad un radicale cambio di prospettiva alla discussione di questi giorni, rilanciando un’azione di più lungo respiro che abbia al proprio centro ciò che realmente serve: canali legali e sicuri come via maestra per regolare le partenze e combattere i trafficanti, meccanismo dedicato di ricerca e soccorso per ridurre le morti in mare, riforma del regolamento di Dublino per coinvolgere l’Europa in un’accoglienza degna.
Così Gabriele Eminente, direttore generale di Medici senza Frontiere concludeva la sua relazione alla Commissione parlamentare di Inchiesta sul sistema di accoglienza.
Era il 17 maggio 2017.
Pensiamo che sia nostro compito – aveva sottolineato in quell’occasione Eminente – avvertire le istituzioni di quali siano le conseguenze umanitarie della assenza di quei corridoi umanitari. Le attuali restrizioni di accesso legale ancora oggi rendono praticamente impossibile chiedere protezione internazionale in Europa e costringono chi fugge ad affidarsi a trafficanti senza scrupoli per avventurarsi in pericolose traversate per mare.
I corridoi umanitari prevedono l’arrivo nel nostro Paese, nell’arco di due anni, di mille profughi dal Libano (per lo più siriani fuggiti dalla guerra), dal Marocco (dove approda gran parte di chi proviene dai Paesi subsahariani interessati da guerre civili e violenza diffusa) e dall’Etiopia (eritrei, somali e sudanesi).
La misura più urgente resta l’apertura di corridoi umanitari, mediante presidi internazionali in Paesi di transito e di maggiore afflusso di profughi, sotto la tutela di agenzie dell’Ue, nonché dell’Unhcr e di organizzazioni umanitarie – sottolinea Annamaria Rivera, docente di etnologia e di antropologia sociale presso l’Università di Bari – Così che chi è costretto ad abbandonare il Paese di nascita e/o di residenza a causa di conflitti, persecuzioni, catastrofi ambientali ed economiche, possa far subito richiesta di protezione internazionale, per poi raggiungere, in modo sicuro e legale, i diversi Paesi europei, ove perfezionare la procedura.
Il progetto dei corridoi umanitari propone un modello di solidarietà che si può riprodurre anche in altri stati, come ha spiegato Vittorio Zucconi, segretario generale della Comunità Sant’Egidio, in un incontro con gli ambasciatori delle Nazioni Unite. Anche il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, ha elogiato il progetto:
La creazione dei corridoi umanitari colloca l’Italia all’avanguardia della solidarietà, e rappresenta un momento di realizzazione concreta dei principi della Costituzione.
Mille persone in due anni sono una piccola comunità. Ma, come sottolinea lo slogan del progetto, “con piccole gocce si può cambiare il mare”. Si tratta perlopiù di famiglie (tantissimi i bambini e i minori), i casi più fragili individuati nei campi profughi libanesi, a cui vengono risparmiati così i viaggi della disperazione lungo la rotta balcanica, o le violenze in Libia, affidati a trafficanti senza scrupoli, e il rischio – purtroppo molto concreto – di finire annegati in fondo al Mediterraneo.
Resta facile l’obiezione: sono numeri troppo piccoli davanti ai 181mila sbarchi del 2016, cifra in probabile aumento quest’anno, si parla di 250mila arrivi.
Intanto, però, quello dei corridoi è un fenomeno in crescita: la Cei (Conferenza episcopale italiana) ha stipulato un accordo con il governo italiano per altri cinquecento rifugiati dall’Etiopia. Ma soprattutto comincia un effetto emulazione visto che Sant’Egidio con l’esecutivo francese ha già stretto un accordo dello stesso genere. E con la Spagna sono già in corso contatti simili. Le mille persone giunte finora in Itala sono state accolte in oltre settanta città (tra cui Venezia) di venti regioni.
Per tutti, valgano le considerazioni di Papa Francesco nella Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato: la risposta della Chiesa alle “numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee” ruota intorno a quattro verbi, “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. La sollecitudine della Chiesa nei confronti dei “migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime di tratta”, dice il Papa, “deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno”, con “generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità”. “Accogliere – precisa il Papa – significa innanzitutto offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei Paesi di destinazione”. Auspica perciò “un impegno concreto affinché sia incrementata e semplificata la concessione di visti umanitari e per il ricongiungimento familiare”, l’adozione di “programmi di sponsorship privata e comunitaria” e “corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili”.
Corridoi umanitari per garantire sicurezza e legalità. Una sfida alla politica, per la politica. Annota Mario Marazziti, presidente della Commissione affari sociali alla Camera e vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione dei migranti nei centri di identificazione e espulsione e nei centri di accoglienza per richiedenti asilo:
I corridoi umanitari sono un’iniziativa straordinaria, una buona pratica, non solamente dal sapore simbolico ma dal valore concreto. Lo sanno bene le famiglie e le persone fragili e vulnerabili che inizieranno nei prossimi giorni i primi viaggi verso una nuova vita. L’iniziativa ha un valore esemplare in quanto per la prima volta si realizza un’attività necessaria e atta ad affrontare in maniera civile, umana e intelligente il tema delle migrazioni mondiali. L’esodo dei profughi forzati che scappano dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle desertificazioni che stanno cambiando il mondo. Lo si fa introducendo un principio semplice: che si possono fare i viaggi sicuri. Togliendo dalle mani dei trafficanti il business della tratta di esseri umani e togliendo possibilità di controllo di questo traffico ai terroristi di Daesh, un modo per restituire all’Europa la possibilità di non contraddire sé stessa: i suoi valori più profondi e la sua stessa identità.
Al vertice di Parigi si è parlato di una “cabina di regia” multipolare, l’Italia è stata lodata, Macron ha rinunciato, almeno in apparenza, a voler essere il dominus in Nord Africa, si sono promessi finanziamenti ai Paesi di origine e di transito dei migranti. Bene. Ma sarebbe stato molto meglio se si fossero pronunciati, per poi attuarli, due concetti concreti: canali umanitari e diritto d’asilo europeo. Una vera svolta nasce da qui.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!