Il Papa in analisi? Mah, posta così la questione fa sorridere e ricorda più il film di Moretti che il racconto di Papa Francesco. Debbo dire che fanno sorridere anche molti dei commenti seguiti alla “rivelazione” del ricorso dell’attuale Papa molti anni fa ad una psicoanalista per un grattacapo occorsogli.
Il fatto è che riesce sempre difficile fare le dovute distinzioni: ci proviamo?
Innanzitutto notiamo che tra la psicoanalisi e la religione non c’è alcun rapporto “di potere” e dunque nessuna competenza in discussione.
La psicoanalisi – con tutte le sue specificità – è una scienza e può occuparsi di religione per due motivi: perché contenuti psichici “religiosi” appaiono nel corso delle libere associazioni prodotte da una persona in psicoanalisi o perché, nell’ambito di uno studio dell’effetto della cultura sull’attività psichica, il fenomeno religioso (che fa parte di tutte le culture umane) ha la sua importanza e bisogna spiegare sia il perché sia il come si manifesta. In entrambi i casi, ovviamente, non sono implicati giudizi di valore (ad esempio di verità) da parte dell’analista.
La Chiesa ha avuto atteggiamenti di diffidenza e/o di condanna verso la psicoanalisi (come del resto verso qualsiasi altra scienza al suo nascere) perché da un lato temeva che la psicoanalisi potesse farle concorrenza nella cura d’anime, dall’altro riteneva che la psicoanalisi portasse una visione “pansessualista” dell’essere umano. Quest’ultima era una lettura superficiale e sbrigativa delle teorie psicoanalitiche ma anche la prima – del resto condivisa da moltissimi anche “laici” – lo era. Poi come sempre la pratica era tutt’altro: che sacerdoti o suore o religiosi chiedessero un aiuto in caso di bisogno non era una novità neanche decenni fa, quando ho iniziato a lavorare.
L’oggetto dell’equivoco è – secondo me e secondo molti altri – un concetto, importante per la religione cristiana ma non per la psicoanalisi: quello di “anima”. Si tratta, a nostro avviso, di una elaborazione culturale come altre. E del resto solo l’ignoranza ahinoi diffusa fa immaginare che semplicemente dietro ad un sostantivo ci sia una sostanza.
La riflessione non facile sul concetto di anima ha occupato secoli di pensiero cristiano. Sennonché noi non ci occupiamo dell’”anima”, quello che ci interessa è l’attività psichica, questa sì un qualcosa di immediatamente esperibile. Perché e come ci viene in mente una parola anziché un’altra? Come mai compaiono all’improvviso idee e sentimenti anche molto forti? Tramite il metodo delle libere associazioni possiamo intravvedere legami e cause di angosce, comportamenti, pensieri che altrimenti parrebbero immotivati. Questo ci ha spinto a inventare il concetto di “apparato psichico” cioè di un insieme strutturato di attività psichiche che restano per la massima parte fuori del campo della coscienza. Ma che non sono l’anima: possiamo usare questa parola colloquialmente ma mai nella costruzione teorica.
La psicoanalisi può dare risposta a chi prova dell’angoscia senza sapere perché, a chi sente della colpa senza aver fatto alcunché di male, a chi desidera comprendere come mai le sue vicende vanno sempre a finire in un certo modo.
Che ancora oggi – 2017 – faccia gran rumore il fatto che un sacerdote tanti decenni fa abbia avuto bisogno o curiosità di comprendere qualcosa che sfuggiva alla sua coscienza testimonia solo quanto queste semplici ma difficili idee stentino ad essere conosciute. Sul perché ci sia questa difficoltà noi psicoanalisti abbiamo scritto intere biblioteche, ma non è il tema che qui ci riguarda, semmai ci fa appunto sorridere.

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