Di fronte al mondo di oggi, in costante movimento, i partiti socialisti, figli del Novecento, sono in preda a una profonda crisi di identità che rischia di mandarli in soffitta una volta per tutte.
Qual è il denominatore comune di questa crisi, che affligge i partiti socialisti in tutte le loro varianti nazionali, e qual è la via d’uscita, se ne esiste una? L’abbiamo chiesto a Piero Ignazi, professore di politica comparata all’università di Bologna e relatore, insieme a Massimo Cacciari e Ilvo Diamanti, dell’incontro “La fine della Socialdemocrazia”, che si terrà domani in occasione del Festival della Politica di Mestre.
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Piero Ignazi
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Professore, i partiti socialisti trovano ancora spazio nella cultura contemporanea?
I partiti socialisti in Europa sono sul crinale, possono andare verso un ridimensionamento storico, com’è successo in passato ai partiti cristiano-democratici e liberali, con poche eccezioni, oppure possono recuperare terreno, rivitalizzando alcune delle loro caratteristiche storiche, come la difesa degli interessi delle persone meno privilegiate. Se radicalizzano di nuovo il loro messaggio, possono ritrovare uno spazio, perché la competizione oggi non è più con i partiti moderati ma con quelli populisti.
C’è spazio in Italia per questo tipo di dinamica?
Ci aspetta probabilmente un periodo di conflittualità tra chi si situa alla sinistra del Pd e il Pd, in uno scontro sempre più aspro, per definire chi sarà il portabandiera della sinistra in Italia.

Tony Blair, “padre” della terza via
L’Unione europea ha contributo alla crisi della socialdemocrazia?
Per nulla. Sono state altre le scelte che hanno portato al declino.
Come la politica della “terza via”?
La politica della “terza via” è stata un palliativo che ha illuso i partiti socialisti, impedendogli di vedere i loro difetti e facendoli precipitare nella loro crisi più grave. Ormai è morta e sepolta.
E poi?
I partiti socialisti sono stati troppo accondiscendenti nei confronti del mainstream liberista e non sono riusciti a offrire delle alternative appetibili a un elettorato meno privilegiato.
La crisi dell’euro poteva essere l’occasione per un cambio di rotta?
Non lo è stata. I partiti socialisti erano tutti in una posizione di terza via che impediva loro di assumere un approccio più radicale e beneficiare politicamente della crisi.

François Hollande
In Francia, François Hollande cominciò il suo mandato promettendo una tassa sui super ricchi. Un primo tentativo di uscire dalla politica di terza via?
No, mancava il progetto di portare il partito socialista su una posizione più radicale. Si è trattato solamente di dichiarazioni.
Il fatto che in parlamento europeo i socialdemocratici governino con il centrodestra impedisce alla sinistra europea di attestarsi sulle posizioni radicali che lei auspica?
No, la dimensione europea è un altro tipo di dimensione. Anche se il conflitto diviene sempre più politicizzato, lungo le linee destra-sinistra, prevale ancora un consenso di fondo su politiche pro-integrazione che uniscono i due grandi gruppi.
Su quali temi i partiti socialisti potrebbero rilanciare la loro azione, offrendo alternative “credibili”?
I vecchi temi del socialismo: lo sfruttamento, le diseguaglianze. “Sfruttamento” è una parola del tutto dimenticata ma che è purtroppo ancora molto attuale.
Com’è possibile offrire un’alternativa “credibile” su un tema centrale come il lavoro, anch’esso soggetto a trasformazioni epocali?
Bisogna innanzitutto ragionare sul significato del termine “credibile”. Da un punto di vista liberista, non esiste alcuna alternativa e, allora, “tutti a casa”! Bisogna essere convinti di avere delle alternative e lavorare per farle diventare maggioritarie nell’opinione pubblica.
Se l’alternativa è quella di un rilancio dei temi classici di sfruttamento del lavoro, del lavoro malpagato, del lavoro precario, allora forse c’è la possibilità di sviluppare una nuova egemonia. Tutto questo però ha senso solo se si fa da una dimensione europea, perché oggi la dimensione nazionale non regge più.
Come?
Bisogna passare a una politica neo-keynesiana.
In Europa vede la volontà politica per fare perlomeno delle “concessioni” in questa direzione?
Temo di no, ma bisogna comunque insistere in questa direzione.

Martin Schulz
È quello che sta facendo Martin Schulz, l’avversario di Merkel nella campagna elettorale tedesca?
Il suo è un tentativo ancora un po’ pallido.
C’è chi sa fare meglio in Europa?
No, a livello politico siamo ancora ai balbettii, anche se ci sono centri come la Fondazione Ebert (la fondazione della Spd, ndr) che s’interrogano sulla questione.
La soluzione potrebbe essere un’alleanza con la sinistra nazionalista, dei Mélenchon e Podemos?
Mélenchon e Podemos hanno qualche elemento stimolante ma non sono la soluzione. Quanto a una possibile alleanza tra la sinistra europeista e quella nazionalista, è ancora troppo presto per fare previsioni.
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…la traversata del deserto della sinistra è lungi dall’essersi conclusa.
Piazza Ferretto
venerdì 8 settembre ore 19:00
Massimo CACCIARI, Ilvo DIAMANTI, Piero IGNAZI
La fine della Socialdemocrazia


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