Visto dall’esterno il sistema bancario russo appare sostanzialmente stabile. Eppure la realtà del settore non è cosi rosea come mostrano i bilanci dei maggiori istituti del paese. Se le aziende leader, a maggioranza possedute dallo Stato, presentano utili in costante crescita, altri importanti soggetti marciano con difficoltà oppure sono addirittura costretti a fermarsi.
Tra questi il caso più clamoroso si è avuto agli inizi di settembre quando la Banca centrale russa ha annunciato il proprio ingresso in Otkrytie, ottavo istituto e seconda banca privata della Russia.
Il salvataggio di Otkrytie è il secondo intervento di questo tipo effettuato dal 2011. Allora era stato il caso della Bank of Moscow. All’iniezione iniziale di 395 miliardi di rubli, poco meno di dieci miliardi di Euro, ha fatto seguito l’impegno di VTB, Vneshtorgbank, seconda banca del paese controllata al sessanta per cento dallo Stato, a rilevare le perdite.

Una cartolina raffigura la banca centrale russa all’epoca dell’impero
Gli errori di Otkrytie e quelli della Banca centrale
La vicenda di Otkrytie è invece venuta alla luce in tutta la sua drammaticità l’estate scorsa quando l’agenzia russa di rating ACRA non ha potuto fare a meno di appioppare allo stato di solvibilità della banca la nota, estremamente negativa, BBB. Provvedimento dovuto secondo ACRA alla “bassa qualità dello stato creditizio” dell’istituto.
Il declassamento rispecchiava il fatto che tra gli inizi di luglio e il 24 agosto 2017 i risparmiatori avevano ritirato dalle casse di Otkrytie 527 miliardi di rubli, 7,5 miliardi di euro. Più di un quinto dei depositi complessivi secondo la Banca centrale.
L’esito catastrofico delle vicende dell’istituto nato nel 1993 col nome di Nomos-Bank e nel 2012 acquistato dal gruppo finanziario Otkrytie, non era difficile da prevedere. La stessa Banca centrale aveva sottolineato gli “errori strategici” della struttura. Uno di questi è stato sicuramente l’acquisto di Rosgostrach, il maggiore gruppo assicurativo della Russia. Mossa rispondente alla strategia di Otkrytie di entrare in maniera massiccia nel settore assicurativo del paese diversificando gli acquisti per evitare rischi di concentrazione.
Un metodo che ha funzionato fino a quando lo Stato, ammortizzando il sei per cento degli affari, in qualche modo copriva l’azienda. Nel momento in cui la crisi economica ha posto fine a questa pratica, il programma espansivo di Otkrytie è diventato superiore alle forze della banca. Gli analisti russi ritengono la vicenda esemplare della scarsa efficacia dimostrata dalla Banca centrale come istituzione atta al controllo.
Il caso Otkrytie non è comunque isolato. All’inizio di luglio alla banca Jugra era stata sottratta la licenza per presunte falsificazioni del bilancio. In questo caso l’esclusione dall’attività ha colpito una delle trenta maggiori banche del paese, la prima dopo diversi anni a essere oggetto di un provvedimento simile.
Dal 2013 sono stati invece 350, i piccoli istituti vittime dello sfrondamento del settore chiesto dal centro. Di questi alcuni erano privi delle quote di copertura. Altri concedevano allegramente i crediti, mentre diverse operazioni non erano altro che forme di riciclaggio.
Un boom creditizio fragile
Quanto avviene oggi è la conseguenza di un boom creditizio durato fino al 2014. Se si può notare la leggerezza con cui il denaro veniva prestato in quei momenti, è anche vero che nessuno poteva prevedere il drastico crollo del prezzo del petrolio e le successive sanzioni occidentali. Nel 2014 è iniziata la precipitosa svalutazione del rublo, la contrazione del PIL federale e la perdita del potere d’acquisto del reddito reale.
Al contrario le banche continuavano a fare affari d’oro poggiando però su montagne di crediti tossici. Una spirale che ha iniziato a invertirsi solo verso la fine del 2016. Difficile dire se dietro questi momenti distensivi vi sia una reale ripresa.
Ovviamente il caso di Otkrytie non ha comunque i contorni pericolosi del 2014, quando, di fronte a una svalutazione apparentemente senza fine della valuta nazionale, un gran numero di banche russe ha rischiato l’assalto degli sportelli. Il crollo del settore è stato evitato solo grazie alla rapida azione della banca centrale e l’innalzamento dal 10,5 al 17 per cento del tasso di riferimento.
Se non ha ovviamente senso agitare gli spettri del passato, altrettanto ingiusto sarebbe non notare come nei mesi scorsi il nervosismo del settore sia sensibilmente aumentato.
Uno dei motivi dell’eccitazione estiva si può trovare nella ricerca di Sergej Gravilov. In una lettera inviata agli investitori di Alfa Capital, l’economista afferma che tra le 537 banche private russe, tre si troverebbero in gravi difficoltà: la Banca creditizia di Mosca, la Binbank e la Banca per le relazioni industriali. I risparmiatori, avverte l’economista, farebbero bene a stare alla larga dai titoli di questi istituti.
La pubblicazione della ricerca ha spinto le autorità a intervenire per assicurare la popolazione. Agli inizi di settembre il vice ministro federale delle finanze, Alexej Moiseev, si è speso per confermare quanto il sistema bancario russo “sia assolutamente solido”.
Contemporaneamente la Banca centrale studiava diverse azioni. Una di queste prendeva di mira proprio l’analista che aveva seminato inquietudine. La lettera agli investitori, questa l’accusa, aveva lo scopo di scatenare una concorrenza sleale per favorire la sua banca alla base della ricerca, Alfa Bank. Questa, la maggiore banca privata russa, è stata cosi costretta a smentire i risultati dello studio.
Nei prossimi mesi si saprà se Gravilov ci ha visto giusto o meno. Al momento le banche tirate in ballo dall’analista intendono coordinare i propri comportamenti al fine di esercitare la maggiore pressione possibile nei confronti della banca centrale. I rappresentanti dei tre istituti hanno fatto presente al quotidiano finanziario di Mosca, Vedomosti, che i bilanci presentati sono impeccabili.
La strategia di disimpegno di questi istituti potrebbe essere aiutata dai dati recenti dell’economia russa che per il 2017 documentano una ripresa lenta, più 1,5 per cento, ma innegabile. I salari reali sono in crescita e i miglioramenti fanno circolare maggior moneta. La banca privata Tinkoff, una delle più sane del paese, ha corretto le proprie prognosi, ritenendo che per il 2017, i crediti privati aumenteranno del del 35 per cento. Anche Fitch è ottimista, anche se in misura minore.

La borsa di Mosca
Più o meno Stato?
Altrettanto positive sono le valutazioni delle maggiori banche statali. Sberbank, istituto che possiede il 45 per cento di tutti i depositi russi e distribuisce più di un terzo dei crediti federali, nei primi sei mesi del 2017 ha guadagnato 352,2 miliardi di rubli, un terzo in più rispetto allo stesso periodo del 2016.
Anche l’altro maggior istituto pubblico della Russia, la Banca per il commercio estero,VTB, ritiene di veder quadruplicati i propri redditi, mentre, nella prima metà del 2017, le spese di accantonamento sono diminuite di settanta miliardi di rubli, un quarto in meno del 2016.
Con l’ingresso in Otkrytie, la partecipazione statale nel settore bancario russo ha superato il sessanta per cento. Un’espansione che continuerà anche se in forme forse meno lampanti.
Secondo Anton Tabach, economista all’agenzia di rating russa, Expert RA, le “banche di Stato, avendo accesso a capitali a basso costo, si verranno a trovare in posizione privilegiata” e, diventando “troppo grandi per fallire”, potranno contare sempre sul sostegno pubblico. Ciò però, avvisa l’analista, avrà conseguenze fatali sull’intero settore in quanto sia le aziende che i privati troveranno conveniente rivolgersi alle grandi banche di Stato, facendo deperire le piccole banche private.
La grande percentuale della quota di banche in mano allo Stato si potrebbe inoltre riflettere in maniera anomala nell’erogazione di crediti o rifinanziamenti. Il fatto che questi provengano da istituti statali fa sì che nelle decisioni di concederli i motivi non siano esclusivamente economici. Ciò spiega perché negli ultimi anni in Russia le banche statali o vicine allo Stato siano state eccessivamente colpite da casi di insolvenza da parte di importanti clienti.
Cosi è successo per esempio nel 2013 con l’azienda siderurgica Mechel, che nel novembre 2013 ha visto le proprie azioni perdere in due giorni il sessanta per cento del valore mentre la capitalizzazione di Borsa è crollata passando dai 24 miliardi di dollari del 2008 agli 830 milioni di cinque anni dopo.
Peggio è successo alla compagnia aerea Transaero, fallita nell’ottobre 2015. La vicinanza allo Stato delle banche spinge queste a caricarsi di obiettivi politici che non le competono, rendendole così parte importante di quel “capitalismo di Stato orientato al mercato” tipico della Russia contemporanea. Una fase caratterizzata anche dalla forte concentrazione di imprese nei settori cruciali del paese.
Simili rischi possono sorgere anche per le banche, visto che il trend, in crescita, dell’ingresso dello Stato nell’economia riguarda anche loro. Che questo settore sia ancora in grado garantire profitti considerevoli è dimostrato dalla presenza di banche straniere nel territorio federale. Altrettanto vero è che queste sembrano contentarsi a realizzare gli impegni già presi, valutando con estrema prudenza possibili nuovi affari.
Al contrario le grandi banche commerciali e di investimento straniere, non sembrano ansiose di avanzare nel mercato russo. Un approccio che potrebbe mutare in caso del superamento del regime sanzionatorio internazionale e la maggiore apertura dell’economia russa. Diversamente, se l’allargamento della mano pubblica, anche nel settore bancario, dovesse far si che circoli imprenditoriali sempre più ristretti si suddividano quote sempre maggiori della ricchezza federale, in Russia gli impegni dei soggetti finanziari internazionali diverrebbero più difficili.
Per ora la banca centrale prevedendo nuovi problemi di liquidità per i maggiori istituti federali si appresta ad aggiornare i propri meccanismi. Il costo denaro aumenterà del 1,75 per cento, al momento il tasso di interesse di riferimento è pari al 10,75 per cento annuo. I crediti verranno concessi per un massimo di novanta giorni e non sarà possibile prolungarli. Per riceverli occorre spiegare esattamente i motivi della richiesta e dimostrare di essere in grado di rimborsarli entro il periodo previsto. Ciò significa, spiega Michail Shlemov analista presso UBS, che “per la Banca centrale è iniziata la fase finale della pulizia del sistema bancario”.

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