Poesia cenerentola…
Esiste una categoria di libri, le raccolte di poesie, che non compare quasi mai nelle liste dei bestseller compilate settimanalmente da diversi quotidiani e riviste del nostro Paese.
A parte qualche rara eccezione (soprattutto all’indomani dell’ottenimento di un Nobel, come è avvenuto per la polacca Wizlawa Szymborska nel 1996 o di un’intervista televisiva, come quella ormai remota di Maurizio Costanzo ad Alda Merini), la poesia è infatti la “cenerentola” dell’editoria, e non solo italiana.
Andrea Marcolongo e Carlo Rovelli
Dopo questa breve premessa, che come vedremo ha una sua motivazione, è però interessante notare come da oltre un anno qualcosa, per certi versi affine alla dimensione onirica della poesia, abbia in parte modificato gli interessi di quella minoranza di italiani che legge cinque o più libri all’anno. Da mesi, infatti, insistono nelle classifiche dei più venduti, un libro in brossura sulla bellezza e l’intrinseca poesia del greco antico (“La lingua geniale, nove ragioni per amare il greco” della studiosa Andrea Marcolongo, editori Laterza) e due volumetti dedicati ad un’impresa difficilissima: la divulgazione dei misteri della fisica e dell’astrofisica (“Sette brevi lezioni di fisica” e “L’ordine del tempo” di Carlo Rovelli, fisico teorico di fama internazionale. Adelphi, Piccola Biblioteca ).
Cambia qualcosa tra i lettori italiani?
Nelle classifiche, resistono ovviamente il “grande vecchio” Camilleri e l’ignota Elena Ferrante così come Grisham, Stephen King, i “giallisti” scandinavi e l’eterno e sempre attuale Simenon. Ma un moto improvviso di curiosità per due argomenti apparentemente così ostici e così lontani nel tempo e nello spazio, come l’analisi di una lingua considerata “morta” e gli enigmi della gravitazione universale, sembra aver agitato le acque calme e prevedibili dell’editoria. Che gli umori e gli amori dei lettori italiani siano improvvisamente cambiati non è dato sapere.
Ma certamente possiamo ipotizzare come il motore del cambiamento sia la curiosità e forse, inconsapevolmente, il bisogno di definire una propria identità andando a sondare i misteri della dimensione spazio-temporale e una propria storia personale (“anche per chi non ha fatto il liceo classico”, avverte Andrea Marcolongo) “curiosando” tra le raffinate soluzioni lessicali del greco antico, comune madrelingua di noi occidentali.
“Un libro che parla d’amore”
Non si contano le preziosità nel libro della Marcolongo che l’autrice definisce “un libro d’amore”, spiegando che “il greco antico è stata la storia più lunga e bella della mia vita”. Dall’elaborazione, non semplicemente divulgativa, del modo “duale” (non solo io o noi, ma anche “noi due”) a quella particolarmente suggestiva dei tre tipi del “caso ottativo”: quello “potenziale”, quello “obliquo” e quello “desiderativo”, forse il più interessante.
“Un modo chiamato desiderio” è il capitolo che la giovane grecista dedica all’ottativo desiderativo, con un probabile richiamo ad “Un tram che si chiama desiderio” (“A streetcar named desire“) di Tennessee Williams. “Desiderio – scrive Marcolongo-, in francese désir, in spagnolo desejo. Dal latino desiderium, formato da de-sidera, preposizione che indica lontananza e ‘stelle'”.
Gli astri quindi, e un sottile filo rosso che sembra in qualche modo legare il greco antico agli “interminati spazi” di leopardiana memoria e di cui scrive oggi, da un punto di vista molto diverso, anche Carlo Rovelli. Attraverso le parole, l’autrice ci fa entrare nel mondo dell’Ellade perché il linguaggio è lo specchio della realtà. Una realtà in cui nacque la Poesia “un paio di secoli dopo Omero ed Esiodo, quando le Muse si zittirono, smisero di dettare dall’Elicona e perciò i greci dovettero inventare un nuovo genere con cui esprimere in versi il loro mondo”. E forse è proprio la nostalgia di quel mondo scomparso che ha indotto i lettori italiani a correre in libreria per acquistarlo.
Ancora a marzo, le vendite de “La lingua geniale” già sfioravano le centomila copie. Ma forse “nostalgia”, per i puristi, può apparire un termine fuori contesto. Composto infatti, come tutti sanno, dalle parole greche “nostos”, ritorno, e “algos”, dolore, il termine è una sorta di crasi inventata da uno studente di medicina di Basilea che si laureò con una tesi intitolata appunto “Dissertazione medica sulla nostalgia” nel lontano 1688.
Fisica, questa sconosciuta
La fisica generale, l’astrofisica e la fisica delle particelle, che nel ventesimo secolo hanno fatto passi da gigante grazie ad Einstein, Niels Bohr , Max Planck, Enrico Fermi ed un’altra ventina di sommi scienziati, sembra avere, da parte sua, un filo diretto con le domande che da sempre la filosofia si pone. Il “chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo?” è la ricerca infinita che accompagna l’uomo da quando, probabilmente, per la prima volta ha alzato gli occhi verso il cielo stellato.
Nei tre anni dalla sua pubblicazione, il libro di Rovelli “Sette brevi lezioni di fisica” è stato tradotto in quaranta lingue vendendo un numero “astronomico” di copie. In primavera il fisico italiano ha raddoppiato con un testo, già in vetta alle classifiche dei libri non fiction dall’aprile scorso, non propriamente alla portata di ogni lettore, uno studio che fa il punto sul concetto di “tempo”. Si parla di meccanica quantistica, di teorie sulla gravità a loop, di fusione di spazio e tempo nell’universo gravitazionale. Non è da tutti capire. Capire anche poco. Ma ogni tanto il nostro povero ingegno capta una frase, un concetto, un’idea che pone nuovi interrogativi, apre nuovi orizzonti. E ci rende quasi felici.

Aggiungi la tua firma e il codice fiscale 94097630274 nel riquadro SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE della tua dichiarazione dei redditi.
Grazie!
1 commento
Bello questo legame tra la lingua antica e la fisica quantistica, tra passato e futuro per analizzare il presente. Complimenti!