La cosa si mette male. Ma si può mettere peggio. La cosa è “LA COSA Cat“, di Guillem Martínez (@guillemmartnez), le cui cronache su Contexto sono imprescindibili per capire cosa accade e perché), questa folle accelerazione indipendentista da parte di un potere che teme di sparire (il catalanismo “moderato” del Partito democratico catalano – PDeCat), assieme a poteri che lottano per sostituirlo come partito-sistema (La Esquerra republicana de Catalunya – Erc), assieme a altri che ritengono di poter fondare una repubblica popolare (La Candidatura d’Unitat Popular – Cup) inalberando bandiere reazionarie e padronali. E la Cosa è anche la risposta irresponsabile di un altro potere che naviga in cattive acque, quello del Partido popular, che si erge a difensore di una Costituzione che ha rimaneggiato in solitudine solo per prepararsi meglio allo scontro tra nazionalismi, distraendo così dalle sue difficoltà politiche e dalle inchieste per corruzione. E di uno che spera di crescere a sue spese (Ciudadanos), che si propone come più moderno riferimento di una idea di Spagna vecchia e dannosa, che oscura le pluralità che la compongono.
Domani si vota, ma forse non si vota, il referendum, che non è un referendum. Qualsiasi cosa sia, domani qualcosa accadrà. Speriamo che non sia il peggio. Vediamo come ci stiamo arrivando.

Pro-referendum, di fronte alla Generalitat catalana (foto di Ferruccio Barazzutti)
La Generalitat catalana ha detto che i collegi saranno aperti dalle 9,00 alle 20,00. La base elettorale è di 5.343.458 votanti, i collegi saranno 2.315, circa 400 meno del solito e i seggi elettorali 6244, parecchi in meno. La base elettorale non è aggiornata, la competenza è statale, ma la Generalitat ha tirato fuori degli elenchi, in cui qualcuno non si è ritrovato. Sapere dove votare non sarà facilissimo. I siti web per il voto della Generalitat vengono oscurati ma – È l’Internet, bellezza! – siti specchio spuntano come i funghi. Bisognerà andare lì, mettere i propri dati e il numero del documento d’identità e il sistema comunicherà quale è il seggio in cui recarsi. Grandi polemiche sulla Spectre putiniana in azione al fianco degli indipendentisti da parte della stampa spagnolista – infondate, un sito mirror lo fa un analfabeta digitale in pochi minuti seguendo i mille tutorial sul web e comprando lo spazio server necessario, tutto in pochi clik. Garanzie di riservatezza scarsine, anche se tutto è criptato i provider sanno dove vai e cosa fai, e anche i mille cookies di cui i pc sono pieni – quelli di Google, quelli della polizia.

Plaza Gracia in attesa e deserta (foto di Ferruccio Barazzutti)
A Barcellona ci saranno circa 17mila agenti di pubblica sicurezza. La “Armata Titti” – così chiamata perché i primi diecimila son da giorni nel porto di Barcellona a bordo di due navi decorate coi personaggi della Looney Tunes – navi italiane, grande idea quella di aggiungere legna al fuoco dell’evocazione della Guerra civile spagnola. Gli agenti hanno passato notti insonni perché i sindacati anarchici si sono premurati di far suonare le sirene per disturbarne il riposo. Speriamo non siano troppo nervosi. La Generalitat ha anche presentato ufficialmente le urne, aggirando il controllo di Madrid. A differenza del solito non sono trasparenti, buona rappresentazione della trasparenza dell’operazione, ormai ridotta dall’azione di Madrid a mero atto politico dimostrativo, non più consultazione popolare con garanzie.

Plaza Gracia deserta e in attesa (foto di Ferruccio Barazzutti)
In molte scuole militanti e genitori hanno passato la notte. 163 dei 1.300 centri scolastici visitati dalle 18,00 di ieri dai Mossos, la polizia catalana, risultavano occupati. Molte scuole, assieme a centri civici e istituti, hanno programmato attività per tutto il fine settimana per non essere chiusi. I Mossos hanno assicurato che non useranno la violenza, la Guardia civil anche, ma vai a sapere. Il ministero degli interni ha detto che non impediranno “celebrazioni e picnic” ma “solo il referendum”. Dovrebbe tranquillizzare, ma non ci riesce granché.
Forse gli agenti, nel caso di operazioni di voto, si limiteranno a registrare i documenti dei componenti del seggio, allo scopo poi di comminare multe a cinque zeri, o dei votanti, che tranquilli proprio non possono stare visto che ancora non è escluso che i partecipanti alle manifestazioni degli scorsi giorni possano essere perseguiti per il reato di sedizione – un classico della democrazia, diciamo. Con quali reazioni? Perché tutto si giocherà sull’arrivare a lunedì senza tumulti e, soprattutto, senza sangue. Questa è la frontiera di domani, più della democrazia, della libera espressione, della difesa della Costituzione, sperare che nulla vada troppo male.

La sede del Comune di Barcellona (foto di Ferruccio Barazzutti)
Perché, in effetti, ci si comincia a preoccupare. Cioè, cominciano a preoccuparsi i responsabili dell’escalation dello scontro, o lanciano segnali per dimostrare che sia così. Pare che da Madrid come da Barcellona – gobierno spagnolo e govern catalano – arrivino voci concilianti; che, insomma, non si voglia fare il patatrac. Ma le consegne dall’alto, catalaniste e spagnoliste, dovranno sperare che il genio che hanno fatto uscire dalla lampada si controlli. Che la Guardia civil – che ha lasciato le città spagnole per andare a Barcellona accompagnata dal simpatico grido di “A por ellos!” di gruppi nazionalisti organizzati dal Pp e ammantati della bandiera spagnola, come fossero truppe che vanno a combattere nel Rif – mantenga il controllo; che non ci siano troppe provocazioni; che l’evocazione dell’invasore spagnolo resti tale e non diventi reazione all’evocazione. Intanto ieri centinaia di trattori sono arrivati in città dalla provincia per “difendere i seggi”.

Un seggio a Correr San Pere Mes Baixes(foto di Ferruccio Barazzutti)
La notte passata non depone bene, visto che nella provincia di Barcellona un seggio elettorale è stato fatto oggetto di colpi di fucile. Carica leggera, forse piumini, con quattro feriti che neanche sono andati in ospedale. Un atto isolato. Una evocazione del peggio che potrebbe accadere domani.
Perché iniziano a scendere in campo gruppi meno controllati dai gestori del processismo come dai difensori del sedicente ordine costituzionale. In tutta la Spagna si terranno manifestazioni contrapposte. Persone e gruppi con sincere motivazioni. Ma anche estremisti di ogni (indipendentisti, nazionalisti spagnoli, Falange spagnola – oggi a Madrid e domani a Plaza San Jaume a Barcellona – e altre ultradestre, gruppi anarchici) scendono in campo per il referendum. Mantenere il sangue freddo, e incrociare le dita, sono le due opzioni ugualmente valide. Perché i parametri oramai sono saltati del tutto. Qualche esempio?

Concentrazione spagnolista a Plaza Urquinaona (foto di Ferruccio Barazzutti)
Il grande velo nazionalista copre tutto e determina cose buffe. Come vecchi anarchici che esaltano i Mossos versus Guardia civil, quei Mossos da cui normalmente son rincorsi manganello in mano. Quegli stessi Mossos applauditi mentre si levano i caschi dagli studenti universitari, che quando erano Indignados venivano sgomberati e malmenati da chi ora applaudono. Gli stessi studenti che ieri applaudivano il ministro dell’educazione catalano, responsabile di tagli feroci all’educazione. Fino a poco fa era persona non gradita dento le mura universitarie, avrebbero tentato di impedirgli di parlare, ma ora rappresenta il diritto democratico contro la repressione di Madrid. Madrid che ha portato cannoni ad acqua e pallottole di gomma, le stesse che, sparate dai Mossos in Catalogna, hanno cavato un occhio negli anni scorsi a numerose persone tra le quali anche un italiano. [el Diario]
Anarchici e sinistre estreme marxiste sono arrivati senza convinzione a decidere di votare. All’inizio “Non era cosa che ci riguardava”. L’azione di Madrid ha cambiato le cose, in fondo anche il processismo catalano delle élite può essere utile per portare alle estreme contraddizioni il Regime del ’78 – che sarebbe la democrazia spagnola, malandata, incistata di continuità col franchismo, bisognosa di urgenti aggiornamenti, ma pur sempre democrazia.

Concentrazione spagnolista (foto di Ferruccio Barazzutti)
Intanto i partiti si schierano e provano a differenziarsi. Il segretario del Psoe, Pedro Sánchez, durante un discorso per l’apertura del congresso del Partito socialista basco ha stamane provato a affrancarsi dall’azione del governo e proporre una terza via diversa dallo scontro di nazionalismi. Ma non sarà facile e, intanto, in Andalusia i socialisti al governo hanno votato una mozione con Ciudadanos contro la secessione che la direzione nazionale aveva chiesto di non votare. I nemici interni son pronti alla battaglia e la tregua successiva alla vittoria congressuale del segretario potrebbe non durare molto. Barcelona En Comù, la lista della sindaca Ada Colau, contraria a un referendum unilaterale e senza garanzie, reagisce all’azione di Madrid annunciando che voterà, mentre i socialisti catalani non lo faranno. I sindacati si dividono nel votare uno sciopero generale contro la repressione del governo centrale, le centrali più importanti votano contro, ma tutto dipenderà da come andranno le cose oggi e domani.
Oggi a Barcellona c’è molta tensione, si parla sottovoce per le strade, in un clima irreale la città è poco frequentata. Tutti sono in attesa, consapevoli di essere partecipi di una cosa grande ma timorosi che possa andare male. I seggi stanno lì, vuoti e silenti ma aperti. Ancora non ci sono spiegamenti di polizia, l’Armata Titti recupera il sonno, gli altri settemila sono in viaggio. Una concentrazione spagnolista davanti alla Generalitat è per ora tristemente non partecipata, ma si teme per la manifestazione falangista convocata per il tardo pomeriggio. Per seguire cosa accadrà, oltre ai media più noti, ogni testata ha la sua pagina di aggiornamento in tempo reale. su Twitter consigliamo di seguire gli account della stampa non finanziata dalle istituzioni e quindi più critica. @agenciaUO – un consorzio di media alternativi e non processisti che si è formato per fornire informazione non schierata sul voto di domani -; @eldiario.es e @publico_es, due quotidiani on-line (ognuno anche col proprio sito Internet).

Contrari al referendum (foto di Ferruccio Barazzutti)
Domani sarà una festa della democrazia. Della democrazia evocata da chi coi suoi atti la disprezza. Sarà la festa della democrazia costituzionale spagnola, i cui valori brilleranno sulle punte degli sfollagente, dell’uso politico della giustizia e del diritto costituzionale, del piegare agli interessi di partito gli organi di garanzia. Sarà la festa della democrazia del «diritto a decidere», del non compreso concetto di autodeterminazione dei popoli, quella che azzittisce le minoranze nel suo Parlament, che riscrive la storia della repressione franchista propinando ai ciutatans català la ricostruzione di un Carcere Modelo (il penitenziario di Barcellona) pieno solo di catalanisti – anarchici, socialisti e comunisti pare che non ci fossero – omettendo che i torturatori erano spesso fieri catalani, un tempo incarcerati perché catalanisti e ritornati da carcerieri con la camicia azzurra della falange. La memoria storica à la carte, flessibile e adattabile a ogni bandiera, bisogno o contingenza [El País].
Sarà la festa della stampa libera, il cane da guardia della democrazia sempre pronto a afferrare gli ossi che i poteri che la finanziano gli getta, se si comporta come deve. Non fare e non farsi domande, amplificare le veline dei regimi, assecondare la ricerca dello scontro, senza curarsi di quello che può accadere, tanto nelle redazioni si sta sempre al caldo anche se grandina, o piovon lacrimogeni.
Sarà la festa dell’Europa, che se ha aspettato anni per fare timidi rimbrotti a governi come quello polacco od ungherese che hanno rispolverato le camicie brune, queste sì un classico europeo, figuriamoci che ambito di manovra e che voglia abbia di intervenire con Spagna e Catalogna (malgrado la lettera di Ada Colau, inutile perché accada qualcosa, utile per segnare una qualche differenziazione).
Domani ci sarà chi voterà per la secessione, chi voterà per celebrare la democrazia, chi voterà contro la repressione di Madrid pur non essendo indipendentista. Ci sarà chi tenterà di non far votare, 17mila agenti venuti da tutta la Spagna. Ci sarà chi cercherà lo scontro, il martire, la vittima esemplare.
Domani si scaricherà il corto circuito della crisi del sistema democratico del 1978. Speriamo che la messa a terra regga la scarica. Domani è un dì di festa. Speriamo che il teatro della Guerra civil non tenga le sue repliche nelle strade. Che arrivi presto lunedì e che nessuno si faccia male.
Servizio fotografico di Ferruccio Barazzutti
Nel video la manifestazione di pompieri a favore del referendum nel Museu d’Història de Catalunya di Barcellona, tenutasi giovedì. Una parte dei pompieri si è schierata col referendum e ha protetto le manifestazioni studentesche degli scorsi giorni.

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