Bepi Covre – che è un intellettuale contadino, artigiano, industriale, come preferisce lui – chiede di votare Sì al referendum per l’autonomia del Veneto, non nell’interesse della Lega, neppure nell’interesse di Zaia, ma per l’interesse del Veneto. È una posizione che tende a “spoliticizzare” il voto referendario, a renderlo neutro: ciò che è nell’interesse del Veneto è palesemente nell’interesse di tutti i veneti, anche di coloro che non votano Zaia. E interesse del Veneto è avere più soldi per realizzare infrastrutture e servizi tecnologici adeguati e iniziative sociali a beneficio delle famiglie. E gestire la formazione, la scuola, l’università.
Più soldi rispetto a chi? E per fare che cosa?
Detto in poche parole: la nostra Costituzione prevede già che singole regioni abbiano più soldi per esercitare più competenze, tra quelle che sono elencate nell’art. 116, terzo comma della Costituzione. Zaia non ha perseguito questa strada, non ha detto al governo quali altre competenze vorrebbe (e relative risorse). Né nella corrispondenza con il governo, né lo ha detto nel quesito referendario, che è del tutto generico. Né fin qui nella comunicazione politica, che parla soprattutto di azzerare il residuo fiscale. Avere più soldi.
I diversi residui fiscali, e precisamente l’esistenza di residui fiscali positivi nelle regioni ricche e negativi in quelle povere non è una situazione patologica ed ingiusta. È normale in un Paese in cui esiste il principio di solidarietà tra cittadini, data la distribuzione geografica delle entrate fiscali che segue la distribuzione (non omogenea) delle basi imponibili. Il carattere positivo o negativo dei residui fiscali non ha poi nulla a che fare con la distinzione tra regioni ordinarie e regioni speciali: Trento ha un residuo fiscale negativo (-448 milioni, media del periodo 2008-2014), Bolzano ha un residuo fiscale positivo (+773 milioni, media del periodo 2008-2014), il che significa che è contributrice netta (come il Veneto).
E qui viene il punto, e il netto dissenso nel ragionamento dell’amico Bepi Covre. Azzerare il residuo fiscale significa destinare tutte le risorse fiscali raccolte nel territorio alla spesa pubblica erogata nello stesso territorio. Tutto ciò che si raccoglie nel Veneto al Veneto. Cosa che si può fare soltanto con la secessione del Veneto dall’Italia. Infatti la compressione o l’eliminazione delle differenze nei residui fiscali territoriali è possibile soltanto attenuando e eliminando i principi di solidarietà tra cittadini italiani insiti nell’unione fiscale tra le regioni italiane e tra i cittadini italiani. Principi consacrati nella Costituzione, nella prima parte (eguaglianza tra i cittadini) e nella seconda (principi di coordinamento della finanza pubblica).
Aggiungasi che alcune regioni del Nord, tra cui il Veneto, sembrano produrre saldi ovvero residui fiscali ampiamente positivi. Ma ciò è vero soltanto se non consideriamo l’assorbimento di risorse fiscali che deriva dalla necessità di onorare il servizio del debito, in poche parole di pagare gli interessi, cosa che avviene nell’interesse di tutti gli italiani, anche dei veneti.
Se consideriamo il residuo fiscale totale, comprensivo della spesa per interessi, il residuo fiscale del Veneto ammonta a 230 milioni (media del periodo 2008-2014). Poca cosa davvero. Per non parlare del residuo fiscale previdenziale.
Non è vero che il federalismo asimmetrico (forme speciali di autonomia a singole regioni) si può introdurre – lasciando più risorse in Veneto – senza compromettere i livelli di solidarietà tra cittadini residenti in regioni diverse (i livelli essenziali delle prestazioni fissati con leggi nazionali), o senza compromettere la stabilità della finanza pubblica.
Può essere che a Bepi Covre interessi soltanto e a qualsiasi costo il Veneto – ma ne dubito – a me interessa il Paese intero (e l’Europa). Mi interessa la standardizzazione della spesa (il costo della famosa siringa), che i soldi pubblici siano spesi bene e sì, certo, anche che le regioni abbiano il massimo grado possibile di autonomia, se lo sanno utilizzare. Per questo occorre riprendere a lavorare sul federalismo fiscale. E non pensare soltanto a farsi pubblicità, e a curare la propria piccola enclave.
Che di quest’ultima operazione si tratti è reso palese dal fatto che Zaia chiede ai veneti l’autorizzazione a fare ciò che aveva già promesso di fare nel suo programma elettorale, approvato a larga maggioranza. A che serve ora una seconda autorizzazione, a caro prezzo, se non ad esibire di fronte al governo, e alle altre regioni italiane, la sua forza politica?
Mi spiace Bepi, non mi hai convinto.
P.S. Si è tenuto conto del lavoro del prof. Luciano Greco dell’Università di Padova su “Il residuo fiscale della regioni italiane”, 21 settembre 2017

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